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Ali per volare, le poesie di Giovanni Salvemini
15 luglio 2015

Ali per volare / nel cielo della mente / e vagare / nei labirinti / dello sconosciuto mare / del pensiero umano”: è questa l’aspirazione, comune anche alle precedenti sillogi, che il molfettese Giovanni Salvemini esprime nella sua nuova raccolta, Ali per volare, edita sotto l’egida dell’ANEB (Associazione nazionale educatori benemeriti, sezione di Molfetta). Da anni, Giovanni Salvemini, docente di discipline scientifiche in pensione, è dedito all’attività poetica, con più di sette sillogi, tra le quali rammentiamo Schegge di luce (Università popolare molfettese, 2005) e Polvere di stelle (La Vallisa, 2010), un florilegio di liriche edite e inedite. Alcuni critici di rilievo si sono espressi positivamente in merito ai versi di Salvemini: tra loro, menzioneremo Daniele Giancane, che della produzione del molfettese lodava il dono di “una rara ‘semplicità’ di dettato poetico” , e Giorgio Barberi Squarotti, il quale segnalava il rigore e la coerenza del discorso condotto. Ali per volare presenta, accanto alla premessa di Annetta La Candia, due lucide presentazioni di Michele de Chirico e Onofrio Antonio Ragno e un’appendice di scritti critici, tra cui quelli di mons. Pietro Amato e del compianto Giovanni de Gennaro. Segnaliamo, inoltre, le pregevoli opere di Natale Addamiano in copertina e sul retro, in particolar modo l’olio del 2001, con le splendide tinte rosate a pennellare i palazzi. All’interno, un delizioso disegno a penna di Pantaleo Mezzina e una bella rappresentazione del tempio di Era o di Posidone a Paestum. A nostro avviso, il culmine della produzione di Salvemini è rappresentato proprio dalla raccolta Polvere di stelle. Qui l’autore riusciva a modulare le corde dell’epigramma struggente (Una vita mancata. A mio figlio), a dar voce al ricordo dell’”infanzia lontana” (1943, con la suggestione di un “magico canto di soldati” che “addolciva / gli orrori della guerra”), al dolore dell’assenza (A mia madre), alla tensione verso l’assoluto (Lassù, con quell’explicit: “volo altissimo / in cerca di Dio”) all’incanto della vita in boccio (i versi a Marilisa e Cosmo), al sentimento del Tempo. Quest’ultimo, nota dominante, induceva l’autore a comporre versi d’intensa profondità, nella “semplicità” del dettato: “Vedo le acque del mio fiume / che diventano sempre più povere. / La notte, / inseguendo il giorno, / tesse e ritesse / un mantello scuro”. La raccolta Ali per volare ripropone, sostanzialmente, i nodi caratteristici della poesia di Salvemini. Una scrittura neoromantica, che si esprime nella contemplazione della natura e nello slancio verso l’Infinito, con un costante “senso d’ali” che il titolo stesso, a scanso di equivoci, rivela. L’autore dichiara esplicitamente di avvertire un profondo senso di attrazione verso il palcoscenico dell’esistere e proprio questo attaccamento profondo l’induce a una maggior sofferenza per la consapevolezza del destino di finitudine che grava sull’uomo. Nell’”oscuro bosco”, l’io lirico cerca di addentrarsi alla scoperta di profondi sensi nascosti, ma è in realtà nella tensione panica ch’egli riesce a individuare una ragion d’essere e a placarsi momentaneamente. Il dettato è, come già anticipato, piuttosto semplice e immediatamente comunicativo, più direttamente proteso all’espressione di emozioni che alla ricerca della letterarietà. L’andamento è prettamente impressionistico, con una netta predilezione per alcuni cromatismi ricorrenti, legati ai toni azzurrati (in questo evidente è la consonanza spirituale con l’Addamiano), perlacei e all’argento degli ulivi (frutto, come dirà l’autore, della sapienza di Pallade). Al bianco un valore ancipite, legato alla purezza, sì, e alla libertà di vele che solcano i mari, ma anche alla senectus, con le sue melanconie. I versi più limpidi e riusciti ci appaiono quelli di sapore gnomico, in cui, rivolgendosi a Cosmo o a Marilisa, l’autore medita sull’esistenza e non può non lasciar trasparire quell’intima malinconia che lo pervade al pensiero della vanità d’ogni cosa: “Il tempo passerà / sempre più veloce / in turbinii di luce / e più vedrai bianca / la tua chioma, / più i tuoi giorni/ si scioglieranno / come neve / nelle tue mani” (A Marilisa). 

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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