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8 marzo, la festa ha ancora un senso per le donne? CRONACA
15 marzo 2006

Non si può negare la tendenza fortemente commemorativa dell'era e del mondo in cui viviamo, paradossalmente caratterizzato, per tipologie e ritmi di vita, proprio da uno scarso senso della memoria. Pare che ogni occasione ed evento, pubblico e privato, piccolo e grande, chieda, o addirittura imponga, di essere celebrato e ricordato (il compleanno di qualcuno, l'anniversario di qualcosa), forse perché dimenticare spesso vuol dire cancellare, negare, rimuovere e se questo, in molti casi può essere positivo, il più delle volte, rivela superficialità e mancanza d'interesse o sentimenti. Ci sono, però, delle feste o “ricorrenze” nate con finalità serie e precise, non puramente commemorative, che con il passar del tempo, hanno perso il loro valore ed il significato originario per trasformarsi in qualcosa di diverso. E' il caso della festa della donna, celebrata l'8 marzo in tutto il mondo ed istituita il 29 agosto del 1910 nella Conferenza Internazionale delle donne socialiste a Copenaghen. Sulle origini e la data di questa festa circolano da sempre varie leggende ma la versione più accreditata che pare essere stata messa in discussione negli ultimi tempi un po' da tutti, persino da una certa parte della sinistra, è quella relativa ad un incendio scoppiato nel 1908 nell'industria tessile Cotton di New York dove 129 operaie, costrette a lavorare in condizioni disumane, erano in sciopero da alcuni giorni. Proprio l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson bloccò tutte le porte per impedire alle donne di uscire, così esse morirono nel rogo scaturito da un incendio appiccato, sembra, proprio da lui. Non furono mai chiarite circostanze e responsabilità dell'accaduto ma la data della tragedia, ricordata inizialmente solo negli Stati Uniti, divenne in seguito “giornata mondiale delle donne” ed assunse pian piano quasi un valore istituzionale, diventando momento ed occasione per riflessioni e bilanci sulla condizione femminile nel mondo. Dibattiti, convegni, manifestazioni politiche e culturali, organizzati un po' dovunque, hanno sempre contrassegnato questa giornata scelta per rivendicare i propri diritti dalle associazioni femminili che però, oggi più che mai, invitano le donne a riappropriarsi del senso e del significato che essa aveva inizialmente. Negli ultimi anni gli operatori della ristorazione, le industrie dolciarie, i commercianti di piante, fiori e oggetti da regalo in genere, gli operatori turistici ne hanno fatto motivo di incremento per i loro affari, relegandola a giornata di pura evasione, shoppingg e trasgressione, quest'ultimo inteso spesso nel senso deleterio del termine. Una recente indagine Eurispes sulla condizione della donna parla di una nuova involuzione culturale, sociale ed economica che tenderebbe ad annullare anni di dure lotte e battaglie sull'onda pericolosa di un nuovo oscurantismo. Rischiamo di dimenticare ed annullare i successi ottenuti in campo sociale e legislativo con l'approvazione di leggi che sono pietre miliari (maternità, parità salariale, pari opportunità,molestie sessuali, congedi parentali,nuovo diritto di famiglia, divorzio, interruzione volontaria della gravidanza). Certo, le donne hanno diritto ad essere felici e frivole, se lo vogliono, ma devono deciderlo da sole, senza i condizionamenti e le regole imposti dal mondo commerciale. La stessa mimosa, scelta nel 1946 in Italia dalle donne dell'Udi (Unione donne italiane) perché era un fiore “solare” e modesto, dal costo non eccessivo, viene oggi venduta a prezzi esorbitanti dai fiorai che approfittano di questa ricorrenza per aumentare il volume dei loro affari. Sono ancora molti i traguardi da raggiungere e le battaglie da affrontare: speriamo che l'8 marzo diventi momento di vera e lucida riflessione. Uno sguardo alla città La mattina dell'8 marzo a Molfetta fa un gran freddo e tira vento. Nel centro diurno per anziani di Via Fremantle gestito dalla cooperativa Gea sono tutti in gran fermento: per 18 euro coloro che hanno accettato andranno a pranzo al ristorante “Le tre caravelle” e trascorreranno il pomeriggio tra canti, balli e lettura di poesie. L'educatrice Fanny Cilli sottolinea l'importanza dei momenti di evasione e riflessione offerti in questa giornata ma anche durante l'anno con laboratori ed attività che stimolano curiosità e fantasia. Il coro “Anziani per caso” diretto dalla signora Italia Arace che tanto successo riscuote in città è nato proprio qui grazie all'impegno ed alla passione di tutti coloro che vivono con gioia questa nuova stagione della vita. Su 92 iscritti ben 84 sono di sesso femminile: persone generose, attive e vitali che, a dispetto degli anni e delle vicissitudini personali e familiari, dimostrano che “essere donne è senz'altro un valore”. Il Consultorio familiare sito in Via Terlizzi non è più affollato del solito. Entro per chiedere se sono state ideate iniziative o realizzati progetti per questa giornata, ma l'accoglienza che mi viene riservata non è delle migliori. Pare che un mio precedente articolo relativo all'attività ed ai servizi offerti dal Consultorio non sia stato molto gradito dagli addetti ai lavori ed abbia destato un certo malcontento. Mi riservo di chiarire in seguito l'accaduto ma, stupita dall'ostilità che ritengo eccessiva e immotivata, vado via chiedendomi dove sia finita la famosa “solidarietà femminile” tanto decantata nelle lotte femministe degli anni '70. A proposito di solidarietà mi viene in mente la campagna Art to Heart lanciata dalla Max & Co. con la Fondazione Keith Haring a favore dell'associazione Anlaids in occasione dell'8 marzo: chi acquisterà uno dei capi in edizione limitata con il logo Two figures with heart contribuirà a finanziare dei progetti sociali in Rwanda per le vedove e gli orfani dell'Aids. Al negozio Max & Co. sito in Corso Umberto non ne sanno nulla e sembrano cadere dalle nuvole: la direttrice Marta Montanaro mi dice di non aver ricevuto informazioni a riguardo e che comunica con l'azienda solo attraverso qualche e-mail: se avesse ricevuto direttive ben precise avrebbe senz'altro pubblicizzato l'iniziativa. Qualche ambulante vende di soppiatto rami di mimosa insieme a frutta e verdura di stagione. “Sono loro che limitano le nostre vendite già di per sé esigue”, dice il sig. Giuseppe Chirico titolare del negozio di piante e fiori sito in Via Baccarini. “Un ramo di mimosa va da un minimo di 1 euro e 50 in su. Tenga presente che li vendiamo solo oggi e domani non li vorrà più nessuno. Questa storia delle mimose vendute a prezzi alti non è affatto vera: scriva che un negozio ha le sue spese e che anche per le piccole composizioni ci vuole fatica e materiale. Voglio aggiungere, comunque, che non c'è mai stato questo boom di vendite di fiori per la festa delle donne: la gente preferisce andare nei locali e divertirsi, spendendo diversamente i propri soldi”. Già, i locali. Un locale in via Salepico ha organizzato una divertente serata dal titolo “La notte è donna”. Entro e parlo con un dipendente il quale mi dice che per 6 euro avrò diritto ad un long drink; dalle 21 in poi ci sarà musica ed intrattenimento per sole donne, poi alle 23,30 l'ingresso sarà aperto anche agli uomini. Una serata all'insegna del puro divertimento?, chiediamo. “Noi qui organizziamo anche incontri culturali e presentiamo libri ma in questa occasione abbiamo preferito offrire semplice evasione perché è ciò che la gente ci chiede”. Eh, sì, l'evasione: fatta magari di bevute collettive, riti conviviali ed anche un po' goliardici, uscite a gruppi come bambine che marinano la scuola per una volta e contravvengono a regole che mai oserebbero infrangere. Ma chissà, forse invertire per una sera i ruoli sociali, ricalcando comportamenti e modelli maschili e celebrando una libertà che non sarà mai nostra perché lontana dal nostro mondo interiore, è una maniera per dire “ci siamo anche noi” e soffocare quel grande senso di solitudine che da sempre accompagna le donne.
Autore: Beatrice De Gennaro
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