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… così tenero, così disperato…
15 settembre 2020

La casa era ormai vuota, aveva già imballato le poche cose che voleva portare via, le altre, mobili, vestiario, suppellettili, le aveva già regalate, erano ingombranti e di modesto valore. Aveva tenuto dei mobili solo una piccola etagére, un mobile scrivania di buona fattura, a cui sua madre era molto legata, lo avrebbe spedito a casa sua, in Australia. Guardò, sorridendo fra sé l’unico cassetto, il cassetto che sua madre aveva proibito a tutti di aprire, aveva sempre la chiave con sé e chissà che ne aveva fatto. Certo non conteneva oggetti di valore, le poche cose d’oro, catenine, braccialetti, alcune medagliette, qualche sterlina d’oro, le aveva già distribuite fra i nipoti, ma era giunto il momento di aprire il cassettino dal contenuto misterioso, pensò sorridendo, e non fu affatto difficile forzarne la serratura. Che strano, sentiva il cuore batterle mentre lo apriva… e si sentì agghiacciare: continuava a guardare le lettere ammucchiate alla rinfusa, ancora chiuse, quasi tutte con francobolli stranieri, e la larga, decisa grafia che conosceva così bene. Ne prese una con mani tremanti, presumibilmente una delle ultime arrivate, l’aprì strappando la busta, guardò la data, era quella del giorno del suo matrimonio, lesse “Amore mio, oggi…”. Non riuscì ad andare oltre, il furore delle lacrime e dei singhiozzi le annebbiavano la vista, il rancore verso sua madre le faceva scoppiare il cuore. Si ricompose, ripose le lettere nel cassetto, anche la poesia di Prévert che leggevano insieme, riletta tante volte, che era acclusa alla lettera. Evidentemente sua madre aveva corrotto il postino facendosi dare tutte le lettere che arrivavano. Lui doveva saperlo, avrebbe trovato il modo di fargli sapere. Cose che succedono nei film, pensò quasi con distacco, prima che la rabbia cominciasse a montarle dentro, violenta, cieca, - non si può maledire la propria madre, pensò in un momento di lucidità, prima che fosse sopraffatta dai ricordi. “Questo amore che faceva paura / Agli altri / E li faceva parlare e impallidire. Si conoscevano fin da ragazzi, lei biondo naturale – la mia spiga di grano, la chiamava lui, minuta, agile e svelta, lui alto e bruno, vigoroso, sempre abbronzato perché sempre sul mare, navigava, come tanti del loro paese. La famiglia di lei, quando si era resa conto che non era solo una infatuazione da ragazzi, le aveva impedito di vederlo, anche perché c’era il figlio di una famiglia vicina di casa che la corteggiava, e ai loro occhi era un buon partito. / Questo amore tenuto d’occhio/… Braccato, ferito, calpestato fatto fuori negato cancellato. Sua madre non perdeva occasione per ripeterle che lui certamente la tradiva e che poi l’aveva dimenticata. E io ascolto tremando/ E grido/ Grido per te/ grido per me. Dopo sei mesi di silenzio lei accetto la corte del giovane vicino, un anno dopo erano sposati. Il loro era stato un buon matrimonio, un marito devoto, una brava figlia, una vita tranquilla e una vedovanza serena, ma il dolore, la delusione, l’amarezza per quello che considerava un tradimento, non l’avevano mai abbandonata. E ora la scoperta delle sue lettere e la prova che lui l’aveva sempre amata. Nella nebbia del sogno ricorrente, il volto nell’ombra era circondato da una luce dorata. Si svegliò, madido di sudore, con il cuore che batteva forte. Perché quel sogno continuava a turbarlo? Il telefono continuava a squillare, era pieno giorno, non gli capitava mai di svegliarsi così tardi. “Pronto!” Quella voce… ma era impossibile, forse stava ancora sognando “Sei tu?” “Sì, non riattaccare… aspetta, devi sapere la verità”. Resta dove sei/ non andartene via/ Resta dov’eri un tempo/ Non muoverti/ Non te ne andare. Il dolore riemerse violento. “Quale verità, quella di non aver mai risposto alle mie lettere, di avermi dimenticato, di esserti sposata con un altro…”. “Non ho mai ricevuto le tue lettere, - rispose lei fra i singhiozzi di un pianto irrefrenabile, così dal passato riemergono la distanza, l’inganno, il loro amore tradito, che è ancora lì, fermo nel tempo. Non avevamo che te sulla terra / Non lasciarci morire assiderati. Tutto era stato detto, il passato, il presente, i progetti, tutto rimescolato Dove tu vuoi/ Dacci un segno di vita. “Devo rivederti… – implora lui – anche se la mia vista si è abbassata molto”. “Sono ingrassata”, dice lei con il riso nella voce. “Allora sarai ancora più bella, eri troppo magra, allora”. Continuano a parlare fra vibrazioni di riso e di pianto e quando riattaccò si rese conto che non le aveva chiesto il numero di telefono né questo risultava sul suo telefono fra i numeri che avevano chiamato, ma lo avrebbe richiamato lei. Non lo chiamò, né lo chiamò i giorni successivi. Lasciò trascorrere una settimana, poi cercò di ricordare il numero di telefono di una sua zia che allora non li aveva contrastati, ma lei disse che non aveva sue notizie da tanto, aveva però l’indirizzo e il numero di telefono in Australia. Ancora una volta lo aveva deluso. Superando l’orgoglio, tornato a casa, con mano tremante formò il numero. Gli rispose una voce di donna che non era la sua e disse di essere la figlia. Chiese di lei, le disse che si erano sentiti una settimana prima. Silenzio attonito dall’altra parte del filo. “E’ impossibile, - disse la donna con le lacrime nella voce – la mamma è morta un mese fa, appena tornata dall’Italia, in un incidente d’auto”. Riattaccò senza parole. Più tardi, più tardi di notte / Nella foresta del ricordo / Sorgi improvviso / Tendici la mano / Portaci in salvo. Non si pose domande. Il tempo aveva mescolato le carte, non aveva più la stessa direzione, passato, presente, futuro, non avevano più senso. Sentì che non c’erano più l’angoscia, la paura, la solitudine, c’era solo il loro amore. Questo amore / Così violento / Così fragile / Così tenero / Così disperato. Liberamente ispirato a una storia vera. © Riproduzione riservata

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