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VII edizione della Festa dei Lettori domani a Molfetta
23 settembre 2011

MOLFETTA - Organizzata dall’Associazione dei Presidi del libro, domani si celebrerà anche a Molfetta, come in altre 120 città di tutta Italia, la Festa dei Lettori che giunge alla sua settima edizione (Piazza Municipio, ore 19). Per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia sarà riletto un personaggio simbolo della nostra letteratura, Pinocchio. Da Scampia a Lecce, da Savona ad Adria il “burattino” saràricordato in tanti modi diversi, sempre creativi e coinvolgenti (http://www.presidi.org/index.php?option=com_content&view=article&id=792&&Itemid=393&lang=it).
Del romanzo di Collodi sono possibili innumerevoli letture e se ne possono trarre numerosissimi spunti: a Molfetta perciò si parlerà di reti e di democrazia, di movimenti politici e di tweet, di lavoro e di connessioni, di sfruttamenti e di felicità.
Ospite della serata Carlo Formenti, docente di Teoria e tecnica dei nuovi media all'Università del Salento, che presenterà il suo nuovo libro, Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro.
Formenti è autore di numerosi libri e articoli sulle conseguenze antropologiche, economiche e sociali della diffusione di Internet. La logica relazionale di cui la rete è portatrice è alla base del consolidamento di un'utopia digitale che ha contagiato vasti strati della popolazione mondiale. Ma le originarie speranze secondo cui il nuovo medium interattivo avrebbe determinato un'irreversibile trasformazione dei rapporti sociali nella direzione dell'orizzontalità, della partecipazione, della leggerezza si schiantano oggi contro le ricorrenti crisi della New Economy e, soprattutto, contro le nuove strategie dei colossi della rete, che da un lato assorbono tutto il valore prodotto gratuitamente dagli internauti, dall'altro innestano dispositivi di recintamento a fini di profitto, con buona pace della logica di accesso illimitato.
Interveranno anche Onofrio Romano, sociologo dell’Università di Bari, e Vincenzo Cremarossa, delle Fabbriche di Nichi.

Autore: Adelaide Altamura
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Il sospetto è che la sempre più massiccia diffusione dei mezzi di comunicazione, potenziati dalle nuove tecnologie, abolisca progressivamente il bisogno di comunicare, perché nonostante l'enorme quantità di voci diffuse dai media, o forse proprio per questo, la nostra società parla nel suo insieme solo con se stessa. Non si tratta di enfatizzare o demonizzare le enormi potenzialità presenti e future dei mezzi di comunicazione, ma di capire come l'uomo profondamente si trasforma per effetto di questo potenziamento. L'uomo, infatti, non è qualcosa che prescinde dal modo in cui manipola il mondo, e trascurare questa relazione significa non rendersi conto che a trasformarsi non saranno solo i mezzi di comunicazione, ma anche l'uomo stesso. Infatti la radio, la televisione, il computer, il cellulare ci plasmano qualunque sia lo scopo per cui li impieghiamo, perché una trasmissione televisiva edificante e una degradante, per diversi che siano gli scopi a cui tendono, hanno in comune il fatto che noi non vi prendiamo parte, ma ne consumiamo soltanto l'immagine. Il mezzo, indipendentemente dallo scopo, ci istituisce come spettatori e non come partecipi di un'esperienza o attori di un evento. Come il gas, l'acqua, la luce, così i mezzi di comunicazione digitali, indipendentemente dall'uso che ne facciamo, ci portano gli eventi in casa dispensandoci dall'andare verso di loro. Ciò trasforma il nostro modo di fare esperienza, perché chi vuol sapere cosa avviene fuori casa deve andare a casa, e solo allora, quando ciascuno di noi è ridotto a una monade leibniziana senza porte e senza finestre che si aprono sul pianerottolo del vicino o sulla strada sotto casa, solo allora l'universo si riflette per noi e si offre a portata di mano. La rivoluzione ha del copernicano, perché il mondo gli gira attorno, capovolgendo i termini con cui, dal giorno in cui è comparso sulla terra, l'uomo ha fatto esperienza. Le conseguenze non sono da poco perché, come avverte Anders, buon rilevatore di queste trasformazioni: se il mondo viene a noi, noi non siamo nel mondo come vuole la famosa espressione di Heidegger, ma semplici consumatori del mondo. Se poi viene a noi solo in forma di immagine, ciò che consumiamo è solo il fantasma del mondo. Se questo fantasma lo possiamo evocare in qualsiasi momento, ci crediamo onnipotenti. Ma poi questa onnipotenza si riduce, perché, se possiamo vedere il mondo senza potergli parlare, siamo dei voyeur condannati all'afasia.

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