Via le bombe dal porto iniziato lo sminamento
Procedono a ritmo sostenuto le operazioni di sminamento all'ingresso del porto di Molfetta e non si dovrebbe incorrere nelle sanzioni per i ritardi. La perdita di tempo negli ultimi due anni sta causando qualche problema. Nella prima fase, quella in atto in questo periodo, si lavora prossimi alle 'ostruzioni', cioè vicino ai fari d'ingresso del porto. Impiegato nell'operazione è un nucleo S.D.A.I., Sminamento e Difesa Antimezzi Insidiosi (nome proprio storico che ammette l'errore grammaticale, ndr). La bonifica dagli ordigni, in questa prima zona, è prevista per il mese di febbraio se i sub potranno continuare a lavorare con condizioni meteo favorevoli. A farlo sapere è il capitano di fregata Giambattista Acquatico, Comandante del nucleo. I militari, alle dipendenze del Maridipart di Taranto, l'Alto Comando periferico dello Ionio e del Canale d'Otranto, sono stati addestrati nella scuola Com.sub.in., Comando Subacqueo e Incursori. Se gli incursori sono i reparti speciali offensivi delle forze armate, i palombari sono l'analogo difensivo, sia in tempi di guerra che di pace. “Lavoriamo in condizioni particolari – ha affermato l'ufficiale – con una visibilità praticamente ridotta a zero”. Altro problema è la mappatura, vecchia di due anni e mezzo, dei bersagli. Lo scanner del fondale, della zona in questione, è stato fatto all'epoca. L'assessore Mariano Caputo sottolineò che il disinteresse della Regione aveva fatto slittare i tempi d'inizio delle operazioni. Ora il fango ricopre le bombe e la corrente ne ha spostato alcune. Inoltre, ha detto Acquatico, gli echi sono solo indicativi. E' stata un'impresa privata ad occuparsi, a suo tempo, della mappatura. “Dove l'azienda aveva indicativamente segnalato tre-quattro ordigni di solito ne troviamo anche il 100% in più, ad esempio sei o sette”. Ad oggi circa il 40% del lavoro stimato è stato portato a termine. Tradotto in numeri significa che dai 300 ai 400 pezzi sono stati asportati. Tuttavia, il numero di bombe sembra aumentare in senso assoluto, e se la ditta appaltata ne aveva contati 850 i sub ora ne stimano 1.100 con una proiezione a ben 1.700 pezzi potenzialmente pericolosi nella sola area attualmente in esame. “Il mare di Molfetta – ha detto il responsabile delle tre squadre di palombari che turnano – non è mediamente più inquinato di altri”. La presenza di 'inerti', cioè di materiale ferromagnetico non pericoloso, è nella media. Tra l'altro nella sua lunga lista di oggetti avvistati compaiono porte in anticorodal, biciclette e via dicendo. La differenza è che, rispetto a precedenti esperienze, ci sono più ordigni nelle nostre acque. Scavare sotto il livello del mare è più stancante e, avendo un'idea della mole di lavoro, sarebbe stato il caso di non perdere tempo rinvenendo, peraltro inutilmente, oggetti non riconducibili ad attività belliche. Le operazioni, comunque, malgrado le comprensibili difficoltà tecniche, continuano e sono state rinvenute le prime bombe al fosforo. Smentisce, invece, Acquatico, il rinvenimento, ad oggi, di ordigni ad innesco chimico. Alla conclusione di questa prima fase, per cui sono stati preventivati 135 giorni di lavoro, si procederà nella zona rossa. L'area di circa 350 metri di lato è a cavallo della diga foranea. Stavolta lo S.D.A.I. ha già fatto richiesta perché la scannerizzazione avvenga in modo più sensato. Non solo individuare i bersagli ma anche identificarli come pericolosi o inerti. In seguito dovrebbe essere prima la ditta privata a smaltire il ferro sul fondo del mare. Il Comune di Molfetta, ha riferito il Comandante, ha già designato una zona di deposito momentaneo e poi dovrebbe occuparsi dello smaltimento definitivo. In questo modo la matassa della zona rossa dovrebbe essere sbloccata più facilmente, ad iniziare da febbraio 2009. Giambattista Acquatico ha auspicato per la fine dei lavori un'ultima rilevazione delle due aree. In qualsiasi caso, previa straordinarie condizioni avverse, sembra eclissato il problema di andare oltre i tempi limite e incorrere nelle penali, ma la costruzione del nuovo porto subirà inevitabilmente uno slittamento per causa di forza maggiore (le bombe, appunto). Nella migliore delle ipotesi, se arriveranno i fondi dalla Regione, il nucleo dovrebbe trattenersi anche oltre la bonifica portuale. In questo modo si potrebbe procedere nella bonifica della zona prospiciente Torre Gavetone, dove più volte si è tentato ma ad oggi ancora non si è riusciti.
Autore: Sergio Spezzacatena