Una rivoluzione silenziosa: salute e ben-essere nella Medicina di Genere alla Consulta femminile di Molfetta
MOLFETTA - Continua l’impegno e l’attenzione costante da parte della Consulta Femminile nell’informare e stimolare l’interesse dell’intera comunità cittadina nei confronti delle donne e delle loro innumerevoli battaglie. Come spiega la presidente, Alina Gadaleta Caldarola, la Consulta ha voluto far coincidere simbolicamente la prima Giornata Nazionale della Salute della Donna, con la sua assemblea aperta nella Sala Stampa del Palazzo Giovene sul tema: Una rivoluzione silenziosa: salute e ben-essere nella Medicina di Genere, arricchita dal prezioso intervento della dottoressa Anna Maria Moretti (foto), direttore della struttura Complessa Malattie Apparato Respiratorio del Policlinico di Bari, presidente del Gruppo Italiano Salute e Genere, nonché componente dell’Osservatorio sulla Medicina di Genere dell’Ordine dei Medici di Bari.
La dottoressa Moretti spiega come la medicina di genere costituisca una lacuna in alcuni ambiti patologici: essa è una branca legata a numerose variabili, le cui principali sono il sesso, l’ambiente e la cultura. È fondamentale stabilire e riconoscere caratteristiche biologiche differenti tra i due sessi, diverse manifestazioni cliniche e la necessità di un trattamento distinto. “Nel 1997 la specialista Marianne Legato ha evidenziato come nella cardiologia ci sono notevoli differenze nell’infarto acuto del miocardio tra uomo e donna. Attualmente, se non considerassi le differenze di sesso, età (pediatrica e geriatrica) creerei delle inappropriatezze prescrittive. Inoltre in questo periodo storico-sociale anche l’attenzione verso la salute è cambiata poiché le donne hanno subito gli effetti della crisi economica in misura maggiore rispetto agli uomini, esse infatti danno la precedenza alla cura dei propri figli e mariti, trascurando la propria salute. Fino a questo momento le malattie che hanno sviluppato una medicina di genere sono soprattutto la depressione e l’osteoporosi che, colpendo principalmente le donne, producono terapie studiate sulle donne. Nel 1993 la Food Drug Administration ha favorito la distribuzione bilanciata dei sessi nelle sperimentazioni stimolando lo studio di differenze di genere riguardanti il dosaggio e l’efficacia dei farmaci, mentre il National Institutes of Health ha reso obbligatorio, dal 1994, il punto di vista di genere come parametro inserito in ogni progetto di ricerca medica supportato da finanziamenti e ancora l’OMS nel 2002 ha istituito il Dipartimento per le differenze di genere”.
In Puglia, è stato riscontrato un maggiore accesso degli uomini rispetto alle donne negli ospedali, inoltre i dati dimostrano che le donne manifestano molti più effetti collaterali a causa dell’assunzione dei farmaci rispetto agli uomini, proprio perché appositamente studiati per questi ultimi. E purtroppo sono ancora moltissimi i medici di famiglia che non tengono conto di alcuni disturbi segnalati dalle proprie pazienti, mentre quando è un uomo a manifestarli, viene subito indirizzato verso ulteriori accertamenti. Anche la comorbilità (la compresenza di più patologie nello stesso individuo) che colpisce in maggioranza le donne, viene spesso trascurata dal medico di famiglia. Per questo bisogna necessariamente creare la cultura della medicina di genere, soprattutto nel medico generale. Per quanto riguarda invece il fumo delle sigarette, bisogna dire che le donne nel tempo hanno imparato a fumare in misura maggiore rispetto agli uomini, aumentando così la mortalità femminile a causa del fumo. La quantità di neoplasie polmonari supera oggi quella del tumore mammario. Eppure le cause non sono sempre e solo legate al fumo, ad esempio circa il 15% dei pazienti affetti da bronco pneumopatia cronica ostruttiva non hanno mai fumato e sono per l’80% donne. Tali dati perciò suggeriscono una maggiore sensibilità delle donne ad altri fattori causali di BPCO, come l’inquinamento ambientale. A diffondere questa cultura della medicina di genere vi è il GISeG, Gruppo Italiano Salute e Genere, ma sono moltissimi gli attori, istituzionali e non, che dovrebbero intervenire, perché, conclude la dottoressa “medicina di genere non significa solo parlare di pari opportunità o di bollino rosa per le 180 strutture ospedaliere nazionali che hanno percorsi dedicati alle donne, ma stimolare chi potrebbe fare qualcosa e invece non la fa, affinché crei percorsi appropriati che favoriscano la ricerca e l’applicazione della medicina in questa direzione. Come è dimostrato, in Italia le donne riescono meglio negli studi, danno maggior rilievo al lavoro, rivestono una molteplicità di ruoli nella vita e investono di più in cultura. Perché come scrive Rita Levi Montalcini ne L’altra parte del mondo, istruire un uomo significa formare l’individuo di domani, istruire una donna significa formare la società di domani”.
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