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Un lettore a Quindici: vi racconto l'odissea dei marittimi esposti all'amianto, senza indennità nè certezze Anni di ping pong tra gli istituti previdenziali, senza risposte certe, senza chiarezza. Una classica storia italiana, sulla pelle dei lavoratori
15 marzo 2009

MOLFETTA - Questa è una storia di dubbi, responsabilità scaricate, e paura. Paura di essersi ammalati facendo semplicemente il proprio mestiere. Un mestiere già di per sé difficile. Questa storia ce la racconta un lettore di Quindici. Si tratta di un marittimo, per anni esposto, per motivi lavorativi, al rischio di contaminazione da parte dell'amianto. Preoccupato, si rivolge alla A.E.A. (Associazione Esposti all'Amianto) di Genova, per una consulenza in merito alle procedure di riconoscimento rischio contaminazione amianto ai fini dell'ottenimento dei benefici di legge da parte dell'istituto di previdenza per marittimi. Alla A.E.A. il marittimo chiede quale potrà essere la risposta dell'istituto previdenziale, l' IPSEMA, ora che finalmente è riuscito ad inviare quanto necessita all'istituto assicuratore, dopo lunga attesa. Prima di arrivare alla risposta che egli riceve dall' A.E.A., il nostro lettore ci racconta brevemente quella che definisce come una autentica odissea per chi vuole solo tutelarsi dopo anni di lavoro in mare. “Quanto segue e' il sunto dei problemi incontrati da marittimi per veder tutelato un proprio diritto: Si parte dal D.M. del 27 ottobre 2004. 1) Entro il 15 giugno 2005 i marittimi presentano, come previsto dal decreto,la domanda all'INAIL. 2) Con la finanziaria 2006 le domande dei marittimi passano dall'Inail all'Ipsema. 3) Il decreto prevede il rilascio di una dichiarazione degli armatori. 4) Molte navi sono state demolite, alcuni armatori sono falliti. 5) Ai marittimi, che non hanno potuto usufruire della dichiarazione armatoriale, viene chiesto di presentare dei testimoni o delle prove. 6) I testimoni devono essere marittimi imbarcati sulle stesse navi per le quali e' stata presentata richiesta per le agevolazioni amianto. 7) L'unico modo che i marittimi hanno per rintracciare i testimoni sono gli estratti dei Ruoli Equipaggio in possesso degli uffici dei compartimenti di iscrizione delle navi o di quelli che hanno rilasciato il ruolo. 8) Alcuni Compartimenti marittimi inviano le copie richieste mentre altri rispondono che causa la legge sulla privacy non possono dare al marittimo i dati di altri componenti l'equipaggio delle navi. 9) A questo punto non resta altro che portare delle prove: queste prove potrebbero essere fornite dagli organi addetti al controllo delle navi; tra cui quelli previsti dalla 271/99”. E arriviamo al punto in cui il nostro amico marittimo decide, tramite l'intercessione della Associazione Esposti Amianto di Genova, di rivolgersi come da legge all' IPSEMA. Gli arriva dall' ente genovese questa risposta: “L' Ipsema è dal 1992, anno d'emanazione della legge, che dice che non è suo compito certificare, che non c'entrano nulla, che c'entra l' Inail, l' Inps e chissà chi altri. In realtà ha sempre e solo cercato di scaricarsi del problema. Tanto è vero che finora non ha fatto assolutamente nulla. Ora diranno, anche a fronte di documentazione che non modifica sostanzialmente quella precedente, che non basta e che ci vuole una certificazione definitiva dell' Inail, immaginiamo. Vedremo! Per noi la politica di correre dietro a tutte le richieste, le più disparate, non paga. Poi ognuno può fare come crede. Cordiali saluti, A.E.A. Genova” Insomma, per i marittimi che temono la contaminazione, la storia è da anni il classico cane che si morde la coda. “Purtroppo la cosa diventa complessa”, ci spiega il nostro lettore, “poichè non si sa a chi inviare la richiesta e se le autorità previste dalla 271/99 sono state istituite. Ricordiamo a tutti che 500 marinai sono morti a causa dell'amianto e sembra che per questo motivo varie inchieste siano state aperte. Queste morti dichiarate potrebbero essere solo la punta di un iceberg. A questo punto poniamo la domanda: cosa deve fare il marittimo per poter aver diritto a quanto previsto dal D.M.27.ottobre 2004 ?" Una domanda che non conosce ancora risposta.
Autore: Vincenzo Azzollini
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La situazione è complicata e forse senza via di uscita: sono passati molti anni e altri cavilli si sono aggiunti a quelli già esistenti. Ai "marittimi" è sempre mancato quello che viene definito "spirito di corpo o di categoria". Anche il termine di marittimo è leggermente falsato. C'è il personale navigante dell'Armamento Libero (Armatori Liberi), il personale navigante collegato ai Trasporti (traghetti e navi da collegamenti ferroviari), il personale navigante di quelle Compagnie di Navigazione definite para-statali o qualcosa di simile. I contratti di lavoro non sempre rispecchiano gli stessi diritti e doveri, quindi diverse sono anche le rivendicazioni; senza considerare alcune regole amministrative interne aziendali. I rinnovi contrattuali annuali o quadriennali - causa una trasformazione culturale e professionale avvenuta negli anni '60 - per il personale navigante dell'armamento libero, avveniva sempre dopo che gli altri "due fratelli" effettuavano scioperi e lotte interne a riguardo. L'armamento libero veniva quindi trainato, senza colpo ferire. Diventava difficile anche per gli operatori e sindacalisti onesti, rapportarsi con il suddetto personale. Ho aggiunto "onesti", perche c'erano anche molti disonesti che remavano contro la categoria. L'handicap maggiore fu il sempre negato diritto al voto dovuto alla mancanza di impegno dei responsabili del settore e degli stessi marittimi. Questa negazione non permise ai lavoratori del settore, la visibilità politica e sociale, e diventare un popolo di interesse partitico. Fummo solo contribuenti senza vantaggi alcuno. Al contrario. Siamo stati, forse, l'unica categoria senza il riconoscimento contrattuale di malattie professionali. Questo è il mio modesto pensiero.



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