Giorni caldi per la sanità italiana, in particolar modo per gli ospedali, che ne rappresentano un aspetto complesso e delicato in quanto spesso mal tenuti, mal gestiti e male organizzati, indipendentemente dalle dimensioni e dalla collocazione geografica, tant'è che, più o meno periodicamente, su di essi si abbattono bufere governative e mediatiche fatte di ispezioni ministeriali, incursioni dei NAS, denunce ed inchieste a vari livelli e di vario genere che portano alla luce, ogni volta, incongruenze e disincrasie di un sistema sempre più incapace di adeguarsi alle reali esigenze dei cittadini. Scoperch i a - to, per così dire, il pentolone, peraltro in continua ebollizione, delle carenze strutturali ed organiche, delle inefficienze gestionali, della mancanza di risorse finanziarie o dei cattivi e disinvolti utilizzi di queste, delle amministrazioni non scevre da influssi politici, delle inadeguatezze e incurie più svariate, dei contrasti, anche, tra dirigenti e classe medica, il più delle volte tutto sembra cristallizzarsi e rimanere fermo dietro il cambio delle poltrone o l'avvicendarsi delle nomine che quasi sempre segue il palleggio delle responsabilità non di rado difficili da accertare e da attribuire. Nonostante la maggior parte degli ospedali italiani abbia, anche questa volta, superato l'esame e ricevuto, per così dire, un voto di sufficienza da parte del ministro Livia Turco, sulla base delle relazioni fornite dai Nas, è un dato di fatto che in molti di essi rimane alto il rischio di infezioni a vari livelli, prevenibile ed evitabile solo con un'accurata prevenzione ed un rigido protocollo d'igiene e profilassi. Noi di Quindici, che da sempre ci occupiamo dell'ospedale di Molfetta dietro pressante richiesta dei nostri lettori, siamo fermamente intenzionati a raccoglierne le segnalazioni per verificarle, quando è possibile, di persona. Ancora una volta il nostro piccolo “osservatorio” riceve lamentele su: cibo spesso servito freddo, bagni non lavati, medici che si recano a fare colazione nel bar più vicino con lo stesso camice e le stesse calzature usati all'interno dell'ospedale, piante acquistate per abbellire i reparti e sparite quasi come per magia, porte antincendio non a norma, porta sprangata nella zona che congiunge l'ufficio Tichet con quella degli ambulatori, per raggiungere i quali i cittadini, quelli anziani con maggior fatica, sono costretti ad uscire per poi rientrare, liste d'attesa lunghissime per visite specialistiche di fondamentale importanza. Ci viene voglia di dare un'occhiata… UN GIRO IN OSPEDALE… Verso le dieci di una mattina di fine gennaio gironzolo per un po' nei pressi dell'ospedale, nella zona compresa tra la caffetteria Grease, il bar Ideal e quello dell'Agip, dove vengono spesso avvistati gli incauti e simpatici medici che non sanno resistere alla tentazione di caffè e cornetto tanto da consumarli, nonostante ciò sia espressamente vietato, con lo stesso abbigliamento che indossano quando visitano e trattano i pazienti negli ambulatori. Non ne incontro nemmeno uno ma c'è chi dice che sì, è vero, venivano ogni mattina ed è facile individuarli con i loro camici bianchi, forse dovrei solo aspettare ancora o venire addirittura prima. Mi dirigo, intanto, verso l'ospedale dove provo ad entrare e ad uscire diverse volte dai vari ingressi, persino da quello del Pronto Soccorso: qualcuno s'incuriosisce ma nessuno mi chiede cosa o chi cerco e nemmeno tenta di fermarmi. Penso che, in un periodo di allarme terroristico quale quello attuale, potrei benissimo mettere una bomba o attentare alla vita di qualcuno senza che questo possa essermi impedito o ostacolato in qualche modo: è proprio così normale? Lo chiedo ad uno dei vigilanti delle ditta Faro di S. Spirito che da aprile dello scorso anno ha in appalto il servizio sicurezza dell'ospedale. “Il nostro compito è quello di lasciare entrare le auto che hanno il pass e di intervenire all'interno se occorre, ulteriori controlli non spettano a noi”. Il Pronto Soccorso non è particolarmente affollato (solo due anziani ed un ragazzo accompagnati da qualche familiare) eppure il medico che è di guardia e che non vuole che lo citi perché “non autorizzato” si dice superimpegnato e schizza via appena mi azzardo a fargli domande sull'affluenza e sul tipo di utenza e patologie che vengono qui trattati: domande davvero innocue, perché tanta paura di rispondere? Noto un operatore del 118 che trasporta verso l'ascensore un pesante bustone nero: gli chiedo cosa contiene e mi parla di camici da portare giù in lavanderia, così decido di seguirlo e di andarci anch'io, ma a piedi. Cammino per i sotterranei dell'ospedale che sembrano essere stati puliti di recente e, ad un certo punto, noto a terra i segni di una grossa struttura che deve essere stata trascinata e spostata da poco, vista la diversità di colore del pavimento: qualcuno mi dice che lì c'era un grosso armadio, vecchio e fatiscente, che è stato portato via prima della recente ispezione dei Nas. In lavanderia, dove lavorano quattro persone, vengo a sapere, tra il malumore generale, che il servizio interno è stato sospeso ed “esternalizzato”, cioè affidato ad una ditta di Foggia dal nome “Le Tre fiammelle” che ritira la biancheria tre volte alla settimana. Le tre macchine per il lavaggio non funzionano ed è stata presa questa decisione perché ritenuta più economica. In realtà l'impianto non è a norma e questo giustifica la sospensione del servizio. Mentre cerco l'uscita mi trovo nel bel mezzo di una riunione della cooperativa Ecorad di Bari che gestisce il servizio di pulizia dell'ospedale: Roberto La Torre, lo stesso che ha tenuto agli operatori un corso sull'uso del defibrillatore dopo che ogni reparto ne è stato dotato, tiene una lezione ai 30 dipendenti sulle modalità e sull'uso dei prodotti da usare in vista del “nuovo sistema di sanificazione che andrà in vigore dal 1° febbraio e vedrà la suddivisione delle aree con i diversi codici di colore per la riduzione delle infezioni ospedaliere”. LA SITUAZIONE DELLE CUCINE Finalmente riesco a trovare le cucine e a parlare con il giovane direttore della cooperativa “La Cascina” che gestisce il servizio mensa, Alessandro La Monarca, che mi lascia entrare insieme al presidente della locale sezione del Tribunale dei Diritti del Malato, prof. Vito Solimini. Qui si procede alla preparazione, alla cottura e all'immediato confezionamento dei cibi in contenitori termici che ne rallentano il raffreddamento fino alla distribuzione. Il menù settimanale viene cambiato ogni 15 giorni e preparato da una dietista in base alle esigenze dei vari reparti e dei singoli ammalati. Ci sono tre celle frigorifero per i vari tipi di alimenti con le diverse temperature ed un congelatore. Tranne frutta e verdura, la merce viene fornita dalla Cater SPA di Roma e lo scarico avviene ogni giorno alle 6,30 di mattina: sulle bolle di consegna che mi vengono mostrate, si annota la temperatura degli alimenti che non viene accettata ma rispedita indietro se non è quella prevista per legge. Non trovo pasta né latte scaduti e nem- Ospedali a rischio dopo l'incursioni dei Nas A Molfetta che succede? Un cronista di Quindici va a curiosare per voi La situazione sembra sotto controllo. Dopo i provvedimenti del ministro Livia Turco per evitare infezioni, eliminate possibili fonti di batteri di Beatrice De Gennaro Alcune porte dell'ospedale inspiegabilmente chiuse o stranamente sempre aperte meno alimenti deperibili o cotti lasciati all'aria: qui pare che le indagini e gli accertamenti dei Nas non abbiano riscontrato irregolarità e che i vari parametri di sicurezza siano quelli previsti dalla normativa specifica. La dottoressa Annalisa Altomare, direttore sanitario del presidio da giugno dello scorso anno, ribadisce che il servizio mensa è senz'altro migliorato rispetto a quello di alcuni anni fa, dal punto di vista qualitativo, organizzativo ed igienico. “Tenga presente che questo ospedale è stato abbandonato a se stesso per trent' anni e sta pagando tuttora lo scotto di quelle amministrazioni che lo hanno indebolito a tal punto da suscitarne la disaffezione e l'ostilità negli stessi cittadini. Il nostro obiettivo principale è quello della certificazione della qualità e speriamo di raggiungerlo: in questi giorni, ad esempio, gli ispettori sanitari stanno monitorando la qualità dell'acqua. Abbiamo un'ottima Tac e stiamo potenziando il servizio di ginecologia e senologia ma ciò dà sicuramente fastidio a qualche struttura privata che vede, in qualche modo, diminuire i propri introiti. Dal 1° gennaio abbiamo ottimizzato l'attività di endoscopia digestiva, inoltre sono state sostituite le sedie a rotelle, la biancheria e le divise del personale. Per quanto riguarda la porta sprangata tra gli ambulatori e l'ufficio Ticket devo dirle che la questione riguarda il distretto e non l'ospedale. Anche io cerco di parlare con la gente e di ascoltarla, vengo a lavorare persino la domenica mattina senza che mi vengano pagati gli straordinari…”. A mezzogiorno il mio giro in ospedale è finito, non mi resta che correre e mettermi alla ricerca della mia auto lasciata chissà dove, vista la mancanza di un parcheggio interno, ma di questo parleremo un'altra volta.
Autore: Beatrice De Gennaro