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Umberto Cupertino tornato a casa, racconta: “Speravamo che avremmo ritrovato Fabrizio”
11 giugno 2004

SAMMICHELE DI BARI – 11.6.2004 Finalmente un giorno di festa a Ciampino. Questa volta l'aereo che proviene dall'Iraq ha riportato in Patria tre uomini, Salvatore Stefio, Umberto Cupertino e Maurizio Agliana, salvi e reduci da quasi due mesi di sequestro. Ad attenderli, le famiglie, un fitto plotone di giornalisti, fotografi, operatori e diverse autorità, dal vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini, ai ministri Frattini, Tremaglia e Stanca, al sottosegretario Gianni Letta, al sindaco di Roma, Walter Veltroni. Un abbraccio rapido, con poche parole scambiate tra la commozione e le lacrime di molti dei parenti, in attesa del rientro vero e proprio in famiglia, lontano dai riflettori e dall'ufficialità. Umberto Cupertino è sceso per secondo e ha abbracciato, tra gli altri, la nipotina Carmela, di 10 anni, che teneva in mano una grande fotografia dello zio. “Non piangere più. Non me ne vado più”, ha detto poi Umberto rivolgendosi al fratello Francesco. Non hanno avuto subito modo di parlare, ma si sono abbracciati fortissimo, intensamente per cinque minuti. Francesco piangeva. Umberto, che è sempre stato il più forte tra i fratelli, già accennava qualche sorriso. Anche Francesca, la sua fidanzata, non contiene l'emozione. Lo accompagna verso lo scalo, ma il tempo a disposizione per raccontarsi, per parlare, è troppo breve, e lascia spazio solo ad una frettolosa e reciproca dichiarazione del loro amore. Poi via, di corsa in elicottero verso Piazzale Clodio, dove ad attenderli, i tre ragazzi hanno trovato il sostituto procuratore della Repubblica Franco Ionta, titolare dell'inchiesta aperta per “sequestro di persona a scopo di terrorismo” e omicidio all'indomani del rapimento e della barbara uccisione di Fabrizio Quattrocchi, ed altri due magistrati, Pietro Saviotti ed Erminio Amelio. Umberto confessa di avere avuto un momento di ribellione durante la sua lunga prigionia. Ad un rapitore che lo tenevano segregato ha fatto capire a gesti: “stai al tuo posto”. “C'è stato un giorno in cui - ha spiegato ai giornalisti Alessandro Cevese, capo dell'unità di crisi della Farnesina - i rapitori volevano prendere in giro Cupertino che aveva avuto un momento di sconforto. Gli hanno fatto capire a gesti che “solo le donne piangono”. Ma Umberto ha saputo reagire anche lì. In serata un grande striscione con la scritta Bentornato Umberto è stato esposto insieme ad altri tatzebao davanti all'abitazione dei Cupertino, a Sammichele di Bari, dove alcune decine di persone hanno atteso per ore, dietro alle transenne, l'arrivo del trentacinquenne istruttore di arti marziali. Sulle pareti dell'abitazione ci sono numerosi palloncini colorati, nei vasi diversi mazzi di fiori. Il clima che si respira è quello tipico delle feste: è annunciato anche l'intervento del clown Amerigo, un cugino di Umberto. Numerosi anche i giornalisti, i fotografi e i telecineoperatori assiepati davanti all'abitazione. Anche oggi la bandiera della pace è esposta fuori dalle finestre della casa dell'ex ostaggio. Si è affacciato alla finestra di casa sventolando il tricolore ed esibendo una mostrina in stoffa con la bandiera americana, poi ha urlato: “Grazie, grazie” ed è scoppiato a piangere. E' l'immagine simbolo del ritorno a casa di Umberto che, appena ha cominciato a parlare dalla finestra alle cinquecento persone che lo acclamavano dalla strada, ha detto di voler dedicare “un pensiero di cuore alla famiglia Quattrocchi”. “Speravamo fino alla fine - ha detto - che avremmo ritrovato Fabrizio; invece, alla base abbiamo saputo...”, ed è scoppiato a piangere. Un grazie particolare Umberto lo ha rivolto ai militari della coalizione che sono intervenuti per liberarci. “E' stata una liberazione-lampo. Appena li abbiamo visti, abbiamo capito quello che stava succedendo, abbiamo capito che era finita, finita, finita”. Mentre Umberto parla e urla, la gente assiepata in via Ettore Majorana, applaude, grida “Umberto, Umberto” e “bravo, bravo”. Umberto si commuove, mostra di essere molto provato dalla lunga prigionia, ha gli occhi sempre sbarrati, come se fosse in preda a un incubo. “Scusate, ma non ce la faccio più”, poi conclude. E si ritira con i suoi familiari. Tra la commozione e la tensione nervosa accumulata, a casa Cupertino si tenta comunque di tornare alla normalità, alle vicende di un paese agricolo a pochi chilometri da Bari, finalmente tornato lontano dagli scontri e dalle paure dell'Iraq. Lucrezia Pagano
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