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Ufficio comunicazioni della Diocesi di Molfetta: no smartphone day
Ogni venerdì di Quaresima digiuno di telefonini multimediali per far spazio a sé stessi e agli altri
19 febbraio 2015
U
MOLFETTA
- Sempre connessi, centinaia o migliaia di messaggi, chat, primo social, secondo social, terzo, quarto…e ogni istante uno occhio allo schermo, app, notifiche, like, condividi, commenta, tagga, email, sms… La mania del digitale si impossessa di noi, ci illude di essere sempre in contatto con qualcuno, di aver bisogno continuamente di scrivere o rispondere. Lo smartphone è la nostra longa manus, un’appendice, una protesi che non si può dimenticare a casa, che non puoi tenere da parte… Allora proviamo a dominarla, più che farci dominare! Perché non sforzarci, almeno un giorno a settimana, in questa Quaresima, a fare digiuno di smartphone? La proposta:
ogni venerdì “No smartphone day”!
Niente messaggi, niente chat, niente social network, nessuna app… Se necessario solo chiamare o rispondere ad una chiamata, per lavoro o altra necessità… dopodiché niente. Ci vuole coraggio. Ci vuole forza. Ci vuole capacità di autocontrollo. E poi, magari a sera, un solo messaggio verso una persona che sappiamo un po’ sola, o ammalata, o che da tanto tempo non sentiamo. Si può fare? Crediamo proprio di sì. Servono persone forti! E se
aderisci all’iniziativa
un solo mi piace sulla
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apposita “no smartphone day”, oppure una mail a
comunicazionisociali@diocesimolfetta.it
; così, per vedere quanti si impegnano. Servirà a qualcosa? Molti ci rideranno su? Chissà! Non importa! Di certo non ci farà male… Forza! É una proposta promossa dall'Ufficio Comunicazioni sociali-Settimanale Luce e Vita, della diocesi di Molfetta Ruvo Giovinazzo Terlizzi.
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Rachele Terrassa
21 Febbraio 2015 alle ore 15:01:00
Luciano Di Gregorio fa notare ironicamente che, per uno strano scherzo lessicale, il “cellulare” ha lo stesso nome del mezzo che si usa per il trasferimento dei detenuti. Andiamo allora a scoprire che cosa perdiamo con l'uso disinvolto di questo mezzo. Un'infinità di cose a cui hanno rinunciato tutti quei nevrotici che per strada, al ristorante, in treno, al cinema, a teatro, e in generale ovunque arriva prepotente il trillo, girano ansiosamente su se stessi per cercare il “campo”, congedandosi immediatamente dalla conversazione in attesa che la telefonata finisca. Naturalmente si scusano prima e dopo la telefonata. In entrambi i casi vi fanno comunque sapere che voi venite dopo, e molto dopo, la loro ansia, che non riesce ad astenersi dal flusso di parole scandite dai minuti che costano. Un tempo chi parlava da solo ad alta voce in strada veniva considerato un pazzo. Oggi quanti si comportano in questo modo sono considerati persone molto impegnate. Per loro il cellulare è la spina che li tiene legati al mondo, e così perdono il mondo circostante e soprattutto il loro mondo interiore. Infatti non sanno cos'è il silenzio che è poi l'unica via di cui disponiamo per entrare in comunicazione con noi stessi e quindi in qualche modo per conoscerci. Non sanno più cos'è l'attesa con il carico di emozioni che comporta, e quel tanto di imprevisto che colora di sorpresa la nostra quotidianità. Non hanno più rispetto dell'atmosfera che si crea nella comunicazione d'amore, quando il mondo deve essere messo tra parentesi perchèm un altro mondo possa prender quota. Il loro presenzialismo al mondo esterno non concede all'interlocutore alcun privilegio. Un cellulare acceso è un mondo in mezzo ai due.
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Rachele Terrassa
20 Febbraio 2015 alle ore 15:01:00
Luciano Di gregorio fa notare ironicamente che, per uno strano scherzo lessicale, il “cellulare” ha lo stesso nome del mezzo che si usa per il trasferimento dei detenuti. Andiamo allora a scoprire che cosa perdiamo con l'uso disinvolto di questo mezzo. Un'infinità di cose a cui hanno rinunciato tutti quei nevrotici che per strada, al ristorante, in treno, al cinema, a teatro, e in genere ovunque arriva prepotente il trillo, girano ansiosamente su se stessi per cercare il “campo”, congedandosi immediatamente dalla conversazione in attesa che la telefonata finisca. Naturalmente si scusano prima e dopo la telefonata. In entrambi i casi vi fanno comunque sapere che voi venite dopo, e molto dopo, la loro ansia, che non riesce ad astenersi dal flusso di parole scandite dai minuti che passano. Un tempo chi parlava da solo ad alta voce per strada era considerato un pazzo. Oggi quanti si comportano in questo modo sono considerati persone molto impegnate. Per loro il cellulare è la spina che li tiene legati al mondo circostante e soprattutto il loro mondo interiore. Infatti non sanno più cos'è il silenzio che è poi l'unica via di cui disponiamo per entrare in comunicazione con noi stessi e quindi in qualche modo per conoscerci. Non sanno più cos'è l'attesa con il carico di emozioni che comporta, e quel tanto di imprevisto che colora di sorpresa la nostra quotidianità. Non hanno più rispetto dell'atmosfera che si crea nella comunicazione d'amore, quando il mondo deve essere messo tra parentesi perché un altro mondo possa prender quota. Il loro presenzialismo al mondo esterno non concede all'interlocutore alcun privilegio. Un cellulare acceso è un mondo in mezzo ai due. (Umberto Galimberti – I miti del nostro tempo)
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Alvaro, piuttosto corsaro
19 Febbraio 2015 alle ore 23:23:00
L'esibizionismo è un'altra patologia che il cellulare ostenta, fino a raggiungere alla pubblicazione dell'intimo, del personale, del segreto, del riservato. Osserva Di Gregorio: “Ci sono persone di ogni età che usano il cellulare per strada e danno visibilità ai propri sentimenti e ai propri rapporti affettivi. Aggiungono volentieri dettagli intimi e, senza mostrare vergogna, dicono in pubblico certe frasi volutamente a voce alta, come se fossero in preda a un bisogno, appunto, esibizionistico. Le espressioni del loro viso, dopo la telefonata, non ci fanno pensare a un senso di vergogna, nato dall'essere state colte inopportunamente in un momento delicato della conversazione. Noi siamo stati solo testimoni, quasi necessari, del loro bisogno di rendersi visibili. Alla fine esse sembrano molte soddisfatte di essere state colte nella loro intimità da un pubblico ignaro, chiamato a raccolta per l'accasione”. In fondo, “non hanno nulla da nascondere, nulla di cui vergognarsi”, che, tradotto, significa scambiare la spuderatezza per sincerità, e guadagnare visibilità a buon mercato, solo con il costo di una telefonata.
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Professor Occultis
19 Febbraio 2015 alle ore 19:42:00
Non a caso si assiste in tutto il mondo a un arresto dell'alfabetizzazione che da diversi anni non si schioda da quel 47 per cento di analfabeti, per cui sembra che si rovesci quel processo, che sembrava irreversibile, che aveva portato l'uomo dall'intelligenza simultanea a quella sequenziale. Naturalmente guardare e più facile che leggere, e quindi, cari amici del libro, apprestiamoci a essere sempre più rari e, in questo mondo mediatico, anche un po strani. L'homo sapiens, capace di decodificare segni ed elaborare concetti astratti è sul punto di essere soppiantato dall'homo videns che non è portatore di un pensiero, ma fruitore di immagini, con conseguente “impoverimento del capire” dovuto all'incremento del consumo di televisione. E come è noto, una moltitudine che “non capisce” è il bene più prezioso di cui può disporre chi ha interesse a manipolare le folle. (Raffaele Simone – Giovanni Sartori – Umberto Galimberti)
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