U stégnére
Mestieri che scompaiono
Fino alla fine degli anni Settanta, ed anche agli inizi degli Ottanta, nelle stradine di Molfetta comprese fra Piazza Paradiso e Piazza Cappuccini, esercitavano ancora la loro attività numerosi piccoli artigiani (falegnami, fabbri, calzolai, arrotini, stagnini) che costituivano l’ossatura portante di tutta una serie di “servizi” allora utilissimi, anche perché non era ancora l’epoca della produzione industriale in serie, del predominio della plastica, dell’usa e getta.
Lo stagnino, con il saldatore sempre caldo e con le sue bacchette di stagno, riusciva a riparare, recuperare e costruire di tutto: dal secchio per l’acqua allo “zinco” per l’olio fino al tubo di piombo del lavandino.
Con i suoi mille attrezzi e con la sua abilità, oltre a fare piccoli capolavori, era in qualche caso diventato anche “produttore” di oggetti di zinco: dai recipienti cilindrici (stégnézze), ai tegami da forno, alle “quartare” per l’acqua.
Per questo lo stagnino usava delle sagome metalliche ruotanti, azionate da una manovella, fra le quali passava la lamiera di zinco da sagomare.
Mauro Binetti