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Trasformismi, fritti misti, partiti, bande
15 novembre 2016

Miscuglio, caos, pasticcio, intrigo, groviglio, garbuglio, macello, viluppo, baraonda, disordine, confusione. Ormai è chiaro. Se le elezioni del 2013 sono state quelle in cui si è visto scontrare il centrodestra contro il centrosinistra, le votazioni che ci sanno tra pochi mesi, saranno quelle del melting pot, in cui un pezzo quello principale, dell’ex maggioranza si unirà con pezzi di opposizione costituendo un blocco politico inedito ma al tempo stesso immaginabile, dando vita a quello che in gergo parlamentare si definisce come trasformismo. Il primo segnale ad offrire questo scenario è sicuramente la nota prodotta dall’Assemblea dei Segretari dei circoli del Pd Puglia, riunitasi il 20 settembre scorso, che stabilisce ‘‘i confini politici entro cui si dovrà operare in vista delle amministrative del 2017’’. Seguendo la nota si può leggere che – per quest’ultimo aspetto, in particolare, si è registrato unanime consenso verso la strutturazione di un sistema di alleanze che, sul modello dell’attuale schema di governo regionale, si estenda dall’UDC alle forze della Sinistra, includendo tutte quelle espressioni del civismo locale che accetteranno di sottoscrivere programmi di chiara impronta riformista.’’ Un UDC presente a livello Regionale sotto il nome de ‘‘I Popolari’’, ma identificabile a Molfetta con le figure di Pino e Robert Amato, rispettivamente padre e figlio. Un partito da sempre a ‘‘gestione familiare’’ che dopo l’appoggio al candidato Sindaco di centrodestra Ninnì Camporeale in fase di ballottaggio delle comunali di tre anni fa e l’ormai famoso selfie che ha ufficialmente suggellato il sostegno a Michele Emiliano e al Pd regionale, in quel momento Presidente del Partito Democratico Puglia e Candidato alle primarie 2015 del centrosinistra per la presidenza della Regione, si ritroverebbe legittimato a entrare a far parte di una coalizione sempre più di centro che di sinistra col Pd locale. La possibilità come detto c’è; ma le ultime dichiarazioni di Pino Amato a mezzo stampa parlano della volontà di trovare più un accordo col Senatore Azzollini per la rinascita di un centrodestra, escludendo solamente una coalizione con la sinistra ‘‘estrema’’ e tutto ciò che riguarda la figura dell’ex Sindaco Natalicchio. Il Pd dal canto suo, dopo mesi di stallo per un congresso cittadino posticipato in più di un’occasione, potrebbe facilitare l’inserimento del gruppo di Pino Amato attraverso la nomina di un Segretario come Antonio Di Gioia o Saverio Di Gioia. Il primo è il figlio dell’Ing. Lillino di Gioia, fondatore e presidente nel 2009 dell’Udc Molfetta che ha aderito formalmente al Pd solo un anno fa; il secondo, è l’attuale coordinatore provinciale Udc terra di Bari che ha sostenuto alle Regionali il candidato del Pd Aldo Patruno e partecipato, senza passare inosservato, alla prima assemblea cittadina del Partito Democratico di Piero de Nicolo. L’UDC, un partito alla ricerca spasmodica di un posto da cui ripartire e ritornare al governo della città, tanto da costituire prima il Comitato Civico spontaneo nel 2014 assieme ai rappresentanti del centrodestra Pietro Mastropasqua, Ninni Camporeale, Mariano Caputo, Antonello Pisani e poi con gli stessi, assieme a Saverio Tammacco nel febbraio 2015, un movimento nato col nome di ‘‘I Like Molfetta’’, che aveva come unico obiettivo quello di sintetizzare l’attività dell’amministrazione Natalicchio come fallimentare e di proporsi come alternativa alla coalizione di centrosinistra. Ma che fine ha fatto questo comitato e gruppo politico, conosciuto solo per un appuntamento pubblico e una pagina sui social ormai scomparsa? Si è trasformato, ha cambiato forma e nome ma non la sostanza, così come purtroppo accade fin troppo spesso quando si cerca di nascondere le proprie tracce politiche provando un disperato tentativo di camuffarsi in altro, in nuovo. Un’ auto rottamazione atta solo a confondere persone e a cercare di raccogliere il voto antipartito ormai oggetto di consenso unicamente del Movimento 5 Stelle a livello Nazionale e non solo. Questo “nuovo” si denomina “In Movimento per Molfetta”, una compagine costituitasi pochi mesi fa e che ritrova proprio nel candidato al consiglio regionale, ex azzoliniano, ex capogruppo consigliere comunale e provinciale di Forza Italia, ex consigliere comunale per il Popolo delle Libertà Saverio Tammacco il proprio frontman. Tammacco invoca la sintesi, l’apertura e la formazione di un soggetto civico che sia ‘‘Non in nome di uno o dell’altro partito, non a vantaggio di una o dell’altra bandiera politica’’, quasi come se gli anni di militanza in una parte ben precisa della costellazione partitico-politica possano essere dimenticati e trascurati con la logica sempre più qualunquista e populista del ‘‘né di destra né di sinistra’’. Dello stesso avviso è Pasquale Mancini, ex vice-segretario di Forza Italia, ex coordinatore del circolo locale del Popolo delle Libertà che oggi rappresenta quel ponte di dialogo col Pd attraverso il rapporto col segretario dimissionario Piero de Nicolo e che sta provando a imbastire un gruppo pronto a esporsi in primo piano. La nascita di più liste civiche da parte di questi dirigenti politici, neutralizzate di valori e contenuti, utili solo per la formazione di nuovi accordi politici resi più accettabili all’esterno perché privi dei simboli partitici, in formato usa e getta è pressoché certo, come è certo che la coalizione che si verrebbe a creare, pur avendo all’interno pezzi politici che si rifanno a una visione unitaria della sinistra, sarebbe in completa contraddizione con i principi fondativi dell’esperienza politica del 2013. Eppure in tutto questa accozzaglia deforme in cui il volemose bene e lo scurdammoce ‘o passato sembrano le parole d’ordine, c’è chi ancora si copre gli occhi, ostinandosi a voler costruire un “nuovo centrosinistra”. Dèp (Democrazia è partecipazione) , quel movimento politico nato dal Pd da persone che facevano parte del Pd, sta provando ottusamente a rigenerare un ponte con quel Partito Democratico protagonista indiscusso della caduta dell’amministrazione Natalicchio in nome di un idea passata e ormai sepolta come l’Ulivo e di una coalizione che si rifaccia a quella tutt’altro che naturale e automatica che fu Italia Bene Comune. Si parla di riunioni con delegazioni, di inviti a un confronto per ‘‘un allargamento del campo democratico’’ con il rischio di ritrovarsi ingenuamente a dichiarare che infondo l’Udc sia il male minore da poter accogliere. Il fritto misto, quello rifiutato in campagna elettorale da Paola Natalicchio con la presenza di Pino Amato nella compagine di centrosinistra, ma ora in divenire e composto da sete di potere, rabbia e interessi personali e non appartenenti alla collettività, è ormai pronto.

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