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Tommaso Minervini: subito un confronto sugli errori del passato per ripartire a sinistra
15 aprile 2010

Un buon risultato elettorale per Tommaso Minervini, socialista già sindaco di Molfetta in una giunta di centrodestra, poi tornato nell’area del centrosinistra e candidatosi alle elezioni regionali nella lista Sinistra ecologia e libertà di Nichi Vendola. Tommaso ha ottenuto 2.359 voti a Molfetta e 3.627 in totale ed è il secondo dei non eletti, dopo un’assenza di 4 anni dalla scena politica. E’ soddisfatto del risultato elettorale? «Abbiamo avuto la soddisfazione della “fondazione” di un processo politico nuovo e moderno che ha ritrovato la Sinistra in Puglia, in Provincia e a Molfetta. E’ questo è soddisfacente e ringrazio chi ha avuto passione per aver contribuito a radicare la prospettiva della “sinistra della modernità”. Oltre i tanti amici. E’ ovvio che sul piano personale avrei preferito un successo pieno, centrando l’obiettivo della elezione, per un più fattivo contributo istituzionale al mio territorio ed allo stesso processo politico». Quali sono i motivi che hanno contribuito al mancato successo? «Il principale: il ritardo con cui ho iniziato la campagna elettorale, la mia candidatura è stata uffi cializzata solo verso la fi ne di febbraio. Un solo mese per una campagna elettorale, in tutta la provincia di Bari, senza ruoli istituzionali da 4 anni, con sei consiglieri regionali uscenti (di cui due assessori) nella mia lista. Senza rete di protezione di alcun apparato, in un territorio, quello del nord barese, pieno di candidature locali, del PD a Molfetta, Bitonto, Ruvo e di SEL a Giovinazzo e Terlizzi… ed altro ancora. Eppure sono 5° nella provincia, a soli 140 voti dal primo dei non eletti, con alle spalle due consiglieri regionali uscenti nella lista di SEL». Nell’area del centrosinistra molti elettori non le hanno perdonato l’alleanza con il centrodestra che le ha permesso di diventare sindaco? Non crede che una credibile autocritica l’avrebbe aiutata? «Prima all’opposizione della giunta De Cosmo 83-89, poi nell’impegno civile nella allora TV locale di opinione, poi sul piano elettorale, elezioni ‘94 e ‘98 sempre primo degli eletti. Dopo un lungo periodo di dedizione all’Amnu ed in Amministrazione, la “convivialità delle diff erenze” divenne solo un annuncio, il rapporto etico con la cultura che veniva dalla lunga storia socialista continuava ad essere discriminato, buoni nel lavoro amministrativo di settore e nelle campagne elettorali, non accettabili nelle rappresentanze istituzionali e nella visione complessiva della politica cittadina; il dissenso percepito come lesa maestà. E non solo nei miei confronti, la lista non è né corta né di fi gure marginali. Nel 2001, dopo tre anni di confronti negati e distorti, feci un’alleanza per la Città, in una fase storica in cui, 25 mila molfettesi mi diedero il loro consenso al primo turno, quasi il 70% di Molfetta: frutto solo di alleanza elettorale? E quando ho fatto il Sindaco ho fatto davvero il Sindaco di tutti. Lei insiste ancora oggi con l’autocritica? Per attestare i miei Valori politici ho rinunciato due volte, 2006 e 2008, al facile rinnovo della carica di Sindaco, senza che me lo chiedesse nessun apparato, anzi continuando ad avere ostracismi violenti, prima, durante e dopo, proprio da quelli del centro sinistra. Non so se oggi è il caso di approfondire, lo chiesi a suo tempo e comunque sono sempre pronto. Ma per favore basta coi pierinismi, spesso nascosti. Se qualcuno, per qualche sindrome personale non analizzata, intende catarticamente indirizzarmi gli errori collettivi e continuati di tanti in quella stagione, delira. Anche se ho spalle e radici forti. O v’è la forza, io direi anche il dono, della reciprocità personale e collettiva o non è. A meno che non vogliamo radicare la struttura del “padrinato” anche nella cultura democratica. Ho messo valori, cose fatte, pezzi di vita, scelte libere e responsabili avendo di vista la mia Città e la sua gente, non gli apparati, quando ti soff ocano e di discriminano per la tua cultura politica…. e poi ho ripreso, da solo e senza “contratto”, a costruire processi politici di prospettiva… I facili ed occulti censori, in tutto questo tempo che hanno fatto per Molfetta e per la Sinistra?». E’ questo uno dei motivi della scelta di ben 500 elettori di attribuire il voto alla lista e non al candidato? «Che ci sia ancora qualcuno che ragiona così è indubbio, non posso né voglio pretendere che tutti condividano la mia storia e la mia rappresentatività. Mi permetta però di togliere il velo di malizia a questa domanda con dei semplici dati consultabili sul sito del Comune: Mimmo Cives ottiene il 51,05 dei voti di IDV, Guglielmo Minervini ottiene il 65,81% dei voti del PD; Antonio Camporeale ottiene il 75,59 % dei voti del PDL; Tommaso Minervini il 78,32% dei voti di Sinistra Ecologia Libertà. Sono il candidato che ha meglio identifi cato la persona con la lista, con la più alta percentuale dei voti di lista. Solo Gianni Porta in Rifondazione fa meglio col 97, 09%. Non crede che la presenza di ben 10 candidati molfettesi (di cui 7 del centrosinistra) abbia creato una dispersione di voti? «E’ ovvio, Molfetta è sempre stata ricca di espressioni politiche ed elettorali. Mentre il Centro Destra, a modo suo, sta da tempo realizzando un suo processo unifi cante, sette candidati nel centro sinistra nella stessa città sono indubbiamente un’anomalia, fi glia dell’assenza di processi politici di prospettiva unitaria, fi gli di una mancanza di confronto sistemico, non cercato a volte volutamente». L’assenza di Francesco Visaggio (che all’epoca della sua elezione a sindaco ebbe un peso importante) in questa competizione e soprattutto il mancato sostegno dello stesso (che avrebbe sostenuto un altro candidato del centrosinistra) può essere messo nel conto? «In questo “conto” è irrilevante. Non risulta il “peso importante” nel 2001, semmai all’incontrario. Non risulta il sostegno ad altro candidato del centro sinistra in questa competizione». Molti hanno denunciato il mercimonio di voti che avviene in città dove tanti consensi vengono acquistati con migliaia di euro. Lei cosa ne pensa? «Una campagna elettorale, come questa regionale, alla ricerca della preferenza unica, sul vasto territorio della provincia di Bari… è solo per “pochi”…Anche per questo sono sereno sul mio risultato personale. Quello che lei dice non è vicenda di questa elezione e non si tratta solo di acquisti, ma anche di sottrazioni minacciate, di paure indotte, di speranze capziose, di concessioni a tempo, di facoltà arbitrarie, di incarichi all’ultimo minuto, di inagibilità democratica degli apparati, di persuasioni occulte individuali e medianiche, di forzature correntizie nella formazione delle liste… il menù è vario e trasversale. Penso sia fi glia di un malcostume generale in preoccupante declino, sia da parte di chi off re che da parte di chi prende: deve cambiare l’atteggiamento della Politica. Tutto questo oscura quello che c’è di buono. Noi abbiamo il compito di dare valenza pedagogica alla Politica. In questa prospettiva Molfetta sarà un esempio. Sceglieremo alleati e compagni di strada, mettendosi alle spalle, noi l’abbiamo fatto da tempo, l’accettazione di chiunque purché si vinca. Quello INTErVISTA Tommaso Minervini: subito un confronto sugli errori del passato per ripartire a sinistra di Vincenzo Azzollini 15 15 aprile 2010 P olitica che più mi inquieta è il messaggio educativo negativo dato ai giovani». E l’assenza dalla scena politica per tanti anni, dopo la fi ne del suo mandato a sindaco, non pensa che possa averla danneggiata? «In una certa percentuale, non grande secondo me, ha certamente infl uito. Mi bastava iniziare tre mesi prima. Ma ho lavorato in provincia. Come vede anche qui le mie sono state scelte non dettate “dalla sfrenata ambizione personale”, come qualche manina nascosta ha scritto e qualche oratore a corto di argomenti, specie del mio campo, ha vigliaccamente urlato. Girare quasi ogni sera per due anni la provincia a parlare della evoluzione di una grande storia come quella socialista che deve sintetizzarsi in quella che abbiamo chiamato la sinistra della modernità è un lavoro duro… di pura passione politica. Quale è stato il motivo della sua assenza? Stanchezza, delusione, amarezza dopo quell’esperienza? Necessità di far dimenticare l’alleanza con il centrodestra? «Mi auguro un giorno che l’inclinazione delle sue domande sia reversibile! Ho smesso di fare il Sindaco il giorno di San Beniamino (31 marzo) del 2006. Il giorno dopo ero già al lavoro. Il 2 settembre ho avuto un grave incidente che mi tenuto immobilizzato sino al gennaio 2007, quando ho assunto una grave responsabilità, quella di dirigere l’area educativa di un carcere superaff ollato, come quello di Bari, lavorando come il mio solito 10/12 ore al giorno. A settembre 2007 inizia il mio peregrinare per la costituente socialista in provincia e spesso a Roma, assumendo, qualche mese dopo, la carica di presidente provinciale. Nel 2008 la fase di Sinistra Libertà. Nel 2009 ho sostenuto le elezioni provinciali (unica provincia in Puglia, con Taranto, col simbolo unitario da me fortemente voluto) e le elezioni europee, presentando Sinistra Libertà per la prima volta a Molfetta, sfi orando l’elezione di Nicola Piegiovanni e con Nichi Vendola che ottiene a Molfetta la più alta percentuale di voti di preferenza e di lista (13%) alle Europee. Partecipo alle primarie ed arrivo alle regionali con tutto il lavoro politico fatto in provincia, anche per le città in cui si è votato alle amministrative. Certo è stata una stagione non molfettese. Ma dica un po’ lei del lavoro politico che avrebbero fatto in questi stessi anni quelli che hanno “agito” a Molfetta ed in Provincia e dei facili pierini; escluso il lavoro istituzionale, posto che io non ne svolgevo, mentre mi hanno fatto carico anche di questo in questi anni, chiedendomi conto degli interventi sulla marineria ed altro…». Com’è il suo rapporto con l’altro Minervini, Guglielmo? La ferita per il suo “tradimento” che ne provocò la caduta, non è stata ancora sanata? Non crede che anche questo fattore vada messo in conto? «I miei maestri mi hanno sempre insegnato ad essere rigorosi con se stessi per poter guardare negli occhi chiunque, alla pari. Chi ha “tradito” che cosa, come irriducibilmente continua a dire lei. Può solo venire da un confronto vero di quella stagione. A meno che qualcuno non si sente giudice o unto dal divino. Ricondurre ad una analisi storico politica mai fatta di storie negate o distorte, di furore collettivo a seppellire tutto il passato, di mancato rispetto etico reciproco, al venir meno di mediani in un campo che si riempiva di tifosi da curva. Dove certamente molti hanno commesso errori ed anch’io! Dove io per professione analizzo i caratteri delle persone e quindi anche il mio… ma so che senza reciprocità non vi sarà mai verità. Nel marasma dopo il 1998 io ho seguito, come peraltro gran parte del mondo della mia cultura mi chiedeva, la spinta che saliva dalla mia Città. Come altrettanto oggi la mia è una scelta unilaterale, libera e consapevole: sento come mio dovere morale ancor prima che politico, ma lo dico da diversi anni, di contribuire a costruire l’evoluzione moderna della grande storia democratica e di Libertà che da Gaetano Salvemini a Matteo Altomare a Beniamino Finocchiaro a Giovanni de Gennaro ha educato intere generazioni. Nel conto, come dice lei, è da mettere il meglio del passato da portare nel futuro, come concordammo nell’incontro fatto dalla rappresentanza di Molfetta di SEL con Vendola, prima di queste elezioni regionali. Poi, i rapporti personali, se c’è verità e rispetto, si costruiscono. Ai più, ai giovani interessa la prospettiva». Come mai la sinistra non riesce a costruire un’alternativa valida a Molfetta? Da dove ripartire? «Sinistra? E dal 1998 che non c’è, come organismo strutturato! Già a metà degli anni 90, parallelamente all’ancora signifi cativo movimento di base del “percorso” si facevano strada i germi di un processo che negava la storia, alla “radice dell’erba”. (Un solo ricordo emblematico, fra i tanti, che ancor oggi mi indigna: la cacciata mia, di Tommaso Lioce e di Giovanni de Gennaro da una sezione di partito). Nel 1998 presero forma i nuovi processi politici collettivi e personali, che hanno consolidato la cosiddetta “seconda repubblica” e la Sinistra si smarrì in una sorta di sindrome negazionista di se stessa, rassegnandosi alla marginalità collettiva, assorbita totalmente al nuovo; si vollero stracciare le storie in nome di un nuovismo che esigeva il taglio “alle radici dell’erba”. Emarginando, così, altre storie collettive e personali. Non sapemmo portare a sintesi ed alla convivenza consapevole e di prospettiva quella stagione. Anche grazie a chi soffi ava e, per alcuni versi, continua a soffi are sul fuoco di passioni da fi nalizzare. Ora: si riparte dal vocabolario. Quando Nichi Vendola dice che il vocabolario nuovo della sinistra moderna non è stato ancora scritto, una delle parole da declinare è l’etica dell’altro, declinare passato col futuro, il Lavoro con la dignità, la Libertà dal bisogno con la responsabilità, l’Ambiente con la vita collettiva… Insomma, ripartire dall’Etica e dai Valori di una grande cultura da traghettare. In unità e credibilità di proposta…. e di reciprocità d’intenti, tagliando sin da subito le appendici spurie e nascoste che hanno avvelenato il campo… Si riparte dalle parole e dall’impegno duro dei “mediani”, presenze silenziose e ritirate della Sinistra che debbono per prima operare massimamente nella costruzione della prospettiva di una Sinistra che fi nalmente inizia a ritrovarsi. Per andare verso il futuro».

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