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Tommaso Minervini, sindaco prigioniero della sua rete Stretto nella morsa dei partiti che chiedono visibilità. Maggioranza in pezzi
15 novembre 2002

Dopo un anno di baldanzosa e apparente armonia della maggioranza di centro-destra, le nostre osservazioni, che a qualcuno potevano sembrare eccessive, si stanno rivelando abbastanza fondate. Segnali di malessere hanno cominciato ad affiorare per approdare perfino in Consiglio comunale. Non si conoscono i motivi dei dissapori interni, chi siano i protagonisti e i manovratori: da questo punto di vista la maggioranza è ancora granitica e nulla trapela all'esterno. Tutto rimane nelle ovattate stanze del potere o di qualche studio privato, dato che le sedi di partito sono quasi sempre vuote o chiuse, oppure non esistono. Nonostante la consegna del silenzio, sono gli atteggiamenti, le espressioni e qualche imprecazione ora di un assessore, ora di un consigliere, a parlare. I primi musi lunghi si sono visti in Consiglio comunale nell'occasione della presentazione dei quattro nuovi assessori. L'intervento del sindaco che rivendicava l'autonomia decisionale e invitava gli scontenti a non impelagarsi in diatribe interne, rivelava l'insoddisfazione soprattutto di An che palesemente dichiarava il disagio di sentirsi sottostimata. Scrivemmo allora che le nomine assessorili avevano chiuso alcuni conti, ma ne avevano aperti altri. Altro momento di scollamento, le polemiche sull'ospedale con Fi e An in ordine sparso. Ognuno attribuiva all'altro il fatto che i parlamentari di riferimento contassero poco (sen. Azzollini), o troppo (On. Amoruso). Il malessere o la disistima tra i partiti maggiori si intuisce nell'intervista, riportata su QUINDICI di ottobre, al presidente locale di An. Da politico, Vincenzo Tatulli più che dire le cose in maniera esplicita, le ha lasciate intendere. Se un partito nazionale come An, autonomamente senza il coinvolgimento degli altri patner della Casa delle Libertà, invia al sindaco un documento con cui cerca di dettare l'agenda politica e dichiara di voler rivedere la distribuzione degli incarichi di governo e sottogoverno, significa che i rapporti tra i partiti sono ormai ai ferri corti. Come pure è curioso e preoccupante che Alleanza nazionale invochi e reclami “trasparenza”. Curioso, perché An sta in giunta con due assessori, preoccupante, perché è legittimo che sotto ci sia dell'altro. Forse ad An non piace (o si sente esclusa) l'intreccio tra politica e affari di cui tanto si favoleggia in città e che rischia di condizionare e mettere all'angolo anche il sindaco Tommaso Minervini (nella foto)? Mettendo in fila questi fatti avevamo ipotizzato una crisi politica e conseguente rimpasto al traguardo del secondo anno di amministrazione. Invece la realtà sta superando la fantasia. Emblematico il consiglio comunale del 29 ottobre. Prima di entrare nel vivo del dibattito Fi chiedeva cinque minuti di sospensione e la maggioranza si chiudeva in conclave per due ore e mezzo, alla ricerca di un accordo dell'ultim'ora. Per la prima volta i dissensi erano arrivati in Consiglio. In discussione c'erano due provvedimenti di una certa rilevanza economica per gli interessati. Il primo, il progetto di sistemazione interna e cambio di destinazione da azienda a centro di raccolta di smaltimento di rottami ferrosi nei pressi di Torre Calderina, il secondo riguardava la convenzione tra Comune e Giulio de Luca in favore degli anziani nella “Casa Albergo”, una struttura residenziale per anziani con annesse strutture socio-sanitarie ed assistenziali, che si realizzerà su suolo di proprietà dello stesso de Luca. Provvedimenti di una certa rilevanza economica a cui gli scontenti della maggioranza si sono aggrappati per mettere nell'angolo l'amministrazione con la minaccia di far mancare il numero legale. Alla fine questi argomenti non sono arrivati in aula. Nella seduta successiva dell'8 novembre stesso esito infruttuoso con ritiro dei punti controversi e la questione della gestione delle piscine comunali si è chiusa subito per manifesta e dichiarata impreparazione dell'assessore Francesco Visaggio. Se le cose stanno così c'è il rischio che la Giunta venga confinata nella normale amministrazione. Il sindaco sembra che cominci a perdere la pazienza, se è vero che avrebbe confidato ai suoi collaboratori che così non si può andare avanti. Siccome Tommaso Minervini non è tipo da stare sulla griglia, se i rapporti non si ricompongono, presto o tardi ci aspettiamo un colpo da teatro: presentare le dimissioni per spaventare tutti, e poi ritirarle. E' ormai un classico dei sindaci di molti Comuni. Evidentemente qualcosa non va sia nella “rete” creata dallo stesso sindaco, sia nel sistema originato dall'elezione diretta. Da un lato i sindaci si sentono onnipotenti per il potere che la legge attribuisce loro, dall'altro i partiti si sentono impotenti anche perché i singoli consiglieri scavalcano tutti e tutte le regole della convivenza e militanza politica. In pratica, i partiti sono usati come taxi: si sale, arrivati a destinazione si scende e senza pagare. Che tipo si selezione e formazione del personale politico produce quest'andazzo? Insufficiente. E si vede. Francesco del Rosso
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