Tommaso Minervini sindaco: i suoi primi cento giorni
INTERVENTO
Dopo l’intervista in esclusiva per QUINDICI rilasciata dal sindaco Tommaso Minervini al nostro Direttore Felice de Sanctis, riceviamo e pubblichiamo una nota inviataci dal consigliere di opposizione dei “Democratici” Maria Sasso
Al giornalista, che lo intervista sui suoi primi cento giorni da sindaco, Tommaso Minervini risponde con un elenco commentato di opere pubbliche da completare, nonostante la domanda iniziale sia stata la richiesta di un bilancio politico-amministrativo e non un resoconto di atti e procedure. Nel redigere questo elenco il sindaco appare come un commerciante che tenti di vendere merce non sua, vantando meriti che non gli appartengono e che anzi fino a pochi mesi fa ha pesantemente disprezzato.
Ho cercato tra le righe un'analisi, un'idea, una valutazione sulle prospettive di futuro per Molfetta, ma non ne ho trovato nemmeno un lontano accenno. All'inizio del suo mandato, un'amministrazione comunale dovrebbe impostare il suo progetto di città, tracciare le linee di sviluppo e definirne i percorsi attuativi, soprattutto se nasce per contrapposizione all'amministrazione precedente, ma così non è stato per la maggioranza che ci governa. Diventa quindi provata l'ipotesi che questo sindaco non abbia un progetto per la città, ma più semplicemente per l'affermazione di se stesso.
In un solo caso Tommaso Minervini fa una digressione rispetto alla descrizione dei lavori in corso e la fa per parlare di quello che lui considera il primo impegno: la fantomatica stabilità! La stabilità va pagata a qualsiasi prezzo senza limiti in termini di valori o di denaro pubblico.
Traduciamo con una metafora: il sindaco ha giurato, all'inizio di questo mandato e proprio sulle pagine di questo giornale, fedeltà, incondizionata ed esclusiva, a Molfetta. Addirittura ha considerato il suo impegno per la città come un matrimonio. Ebbene oggi svela una verità molto diversa. Ha un'amante, "la stabilità", che lo costringe a tradire ripetutamente Molfetta. Candidamente dichiara che per sostenere la stabilità paga, non dal suo, ma col patrimonio della città. Insomma sta dicendo che si è sposato con Molfetta non per servirla ma per usarla per soddisfare le esigenze crescenti dell'amante. Le ha già donato le aziende cittadine, tutti i più importanti servizi pubblici, figuriamoci cosa avverrà per il piano regolatore, la cui esecuzione è ormai imminente.
Giustifica sempre se stesso Tommaso Minervini, anche la sua infedeltà, ostentando orgoglio politico perfino quando si trova a motivare tutte le manovre prettamente clientelari che continuamente mette in campo.
A proposito della scelta di allargare il numero degli assessori, per esempio, non ha alcuna riserva nel dire "Certo che comporta dei costi per i cittadini, ma d'altra parte c'è da soddisfare una grande maggioranza...". Non è affatto convinto quindi che siano necessari più assessori, ma non ha scupoli nell'aumentare di circa 300 milioni le spese del Comune. Non so quanti hanno la dimensione della disonestà intellettuale sottesa dalla sua affermazione che, nei fatti, vuole legalizzare la clientela: chiunque sia stato eletto in maggioranza ha diritto ad una poltrona, pagata dai cittadini, anche se non serve!
Paradossalmente Tommaso Minervini scambia il fine con i mezzi; la stabilità, che dovrebbe essere funzionale alla soluzione dei problemi della città, per lui, diventa un fine. I mezzi da utilizzare possono essere anche i più beceri compreso il commercio di ruoli indipendentemente da capacità e competenze per ricoprirli.
Non pensa o forse non ha la forza ne' la statura morale per assumere ed imporre modelli concettuali politicamente elevati. Non prova nemmeno a difendere l'idea, come abbiamo fatto in questi anni, che ci si candida al Consiglio comunale per rappresentare interessi collettivi per cui ognuno deve fare ciò che sa e ciò che gli compete, il che è molto diverso dall'esigere il soddisfacimento delle proprie ambizioni individuali.
Quando ribadisce "Per me il bene primario è la stabilità. La mancanza di questa ha reso traballanti e negative le precedenti amministrazioni", ha in parte ragione. Le amministrazioni precedenti hanno sofferto, perché fare politica solo per i cittadini e non per sostenere il proprio potere personale è molto, molto più difficile. Tant'è che lui stesso riconosce l'efficacia di quella politica fino ad affermare che "certamente niente nasce dal nulla, tutto è frutto di un lavoro precedente ... è chiaro che abbiamo di fronte una preesistente situazione positiva e favorevole dall'edilizia alle attività produttive".
Allora, non è vero quello che ha affermato in campagna elettorale, i processi positivi, che ora si stanno concludendo, sono frutto di una politica sana, in grado di rimettere al centro lo spazio pubblico, gli interessi collettivi, il meglio delle capacità e non una squallida incessante ripartizione di rendite private. Al contrario la sua spregiudicata idea di politica non rinnega solo il nobile patrimonio di valori che, come progressista, condivideva ma si sta rivelando concretamente un determinante fattore di regressione per Molfetta.
Maria Sasso