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Tommaso Fiore e Molfetta: un modello per insegnare la libertà Presentazione del libro del prof. Giovanni de Gennaro
15 dicembre 2004

La presentazione del “libercolo” (come lo stesso autore l'ha definito) del prof. Giovanni de Gennaro dal titolo “Tommaso Fiore e Molfetta” è stata l'occasione per tornare a discutere, a circa un anno di distanza dallo scorso incontro sul tema, su di un «punto di riferimento del meridionalismo democratico» come ha scelto di presentarlo il prof. Vito Antonio Leuzzi, docente all'Università di Foggia e direttore dell'Istituto Pugliese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea, nel primo degli appassionati interventi ascoltati presso l'Aula Consigliare del Comune. La figura del Fiore professore è sicuramente quella che è emersa con più forza e che ha goduto della maggiore dovizia di particolari dal momento che il prof. de Gennaro è stato proprio un suo allievo negli anni in cui il grande meridionalista ha insegnato presso il Liceo Classico di Molfetta e il libro ne è, ovviamente, privilegiata testimonianza. Leuzzi, ha sottolineato come, in particolare, il testo contribuisca a gettare luce sulla presenza, tra gli anni '30 e '40, di Fiore a Molfetta in un periodo in genere trascurato dalla storiografia nazionale che tende anche, con estrema facilità, a “dimenticare” il fondamentale contributo dato all'antifascismo dal Mezzogiorno. Proprio gli allievi di Tommaso Fiore infatti, maturarono la capacità di intessere rapporti con gli ambienti culturali di Torino, Padova, Bologna e Firenze - giusto per citarne alcuni - in un interscambio continuo di idee e sollecitazioni socio-culturali e politiche. E proprio negli anni '37-'38 Fiore elaborò a Molfetta la sua teoria liberal-socialista sulla traccia di Salvemini (e ormai in rottura con Croce) e si oppose al fascismo da militante, rischiando in prima persona: fu infatti arrestato più volte e continuamente pedinato anche in virtù dei rapporti “strani” (almeno così erano letti dall'Ovra) che intratteneva con i suoi allievi, quasi fosse un novello Socrate. Del resto, in una città che nel complesso veniva già additata come “sovversiva”, la voce fuori dal coro del professor Fiore e l'assenso dei suoi allievi non potevano che fare eco all'esigenza di reazione che si avvertiva con forza. Il professor Gianfranco Liberati, docente di Storia del Diritto Italiano presso l'Università di Bari, sceglie invece, di porre l'accento sul modello di insegnamento di Tommaso Fiore: un «modello raro e deprecato dal formalismo scolastico e accademico» (chiuso nella torre d'avorio al cui misero sgretolamento assistiamo oggi più che allora) ma, dai risultati incredibili. Il professore, era capace di trasformare la lettura dei classici greci e latini in «educazione alla libertà», egli insegnava il desiderio di essere liberi leggendo Virgilio, Orazio, i lirici Greci, maestri, loro per primi, intensi e incredibilmente attuali. Fiore, convinto che l'insegnamento era il prodotto della “spinta” congiunta di colui che vuole trasmettere qualcosa a chi vuole recepirla, voleva che i suoi allievi, tutti gli allievi, imparassero a rapportarsi criticamente di fronte ai loro governi, in primis quelli locali, con quell'atteggiamento costruttivo e produttivo di chi lottava con convinzione per i valori in cui credeva. Ed è anche questo, secondo il prof. Liberati, quello su cui i numerosi spunti del testo di Giovanni de Gennaro ci invitano a riflettere. Nel terzo intervento, Davide De Candia, dottorando presso l'Università di Bari, ci offre l'immagine del «pensiero militante» di Tommaso Fiore: don Tommaso predicò un «socialismo fondante l'istanza di emancipazione delle classi più umili» che avevano diritto ad essere fattivamente rappresentate in politica ma che mai, sole, sarebbero state in grado di far parlare i propri diritti. Libertà: ecco sottolineato ancora una volta questa sorta di “imperativo categorico” di Fiore qui applicato alla realtà socio-politica nei termini di liberalsocialismo. Libertà e socialismo sono nel pensiero di Fiore «endiadi necessaria» per citare ancora De Candia che, ricordando la riluttanza del professore a spiegarsi in termini filosofici, privilegia la definizione etica di socialismo: elevazione morale e materiale, uguaglianza di opportunità e difesa dei deboli. Ecco come la politica, quella di Fiore, estranea agli ormai noti e autoreferenziali “giochi di palazzo”, è «scelta etica ed esistenziale» dove non è il singolo a godere ma l'obbiettivo è, quantomeno, il benessere di tutta la comunità. E questo, per Fiore come per tanti altri azionisti, era un «dovere». La professoressa Franca Pinto Minerva, dell'Università di Bari, chiude gli interventi sulla scia di quanto già detto apportando le proprie riflessioni in merito. Quella praticata attivamente da Tommaso Fiore, e che emerge fortemente dal testo, è stata la «scuola delle differenze e del rispetto delle differenze» e questo modo di educare (alla libertà) ha avuto, nel Mezzogiorno, un ruolo fondante per porre le basi della difficile emancipazione sociale. La Pinto Minerva ricorda la svolta dell'istituzione della Scuola Media Unica del 1962: un momento di grande democrazia perché apriva a tutti l'accesso paritario al post scuola elementare che fu a lungo esposto e sottoposto ad un continuo boicottaggio. La libertà, figlia dell'istruzione, faceva paura e Tommaso Fiore, che ne era cosciente, ne stimolava lentamente la crescita nell'animo di tutti i suoi allievi attento che, in ognuno di loro, essa trovasse il giusto terreno fertile per radicare radici forti e profonde. «Tommaso Fiore non faceva gretta politica, ma educava alla riflessione politica insegnando ai suoi allievi ad emanciparsi attraverso la cultura». L'esperienza di Fiore è la storia della nostra città, una pagina passionale e viva della quale si deve andar fieri e il cui valore didascalico deve essere sempre chiaro a chi, ora, è «dall'altra parte della cattedra» e può scegliere, oggi ancora più che allora, di educare alla libertà. Francesca Lunanova francesca.lunanova@quindici-molfetta.it
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