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Tavola rotonda e marcia oggi e domani per la pace della Diocesi di Molfetta
27 gennaio 2017

MOLFETTA - Tutto pronto per le due serate in cui la diocesi si ritroverà per mettere a tema gli ultimi messaggi del Papa in ordine alla pace, migranti e comunicazioni sociali.

«La nonviolenza: stile di una politica per la pace».

La Consulta Diocesana per le Aggregazioni Laicali, insieme con l’Ufficio Diocesano di Pastorale Giovanile, sta organizzando per

Domenica 29 Gennaio una Marcia per la Pace secondo il seguente programma:

  • ore 17.15: Accoglienza presso la Parrocchia “San Giuseppe” in Molfetta;
  • ore 17.30: Momento di preghiera con le testimonianze di:  Hashim Frough (profugo afgano),  Vincenzo Fornaro (dell’associazione “Masseria del Carmine” – Taranto),  Vincenzo Roberto (cooperativa “S. Agostino” – Andria);
  • ore 18.30: Inizio della marcia per alcune strade della città;
  • ore 19.30: Veglia di preghiera presso la Parrocchia “Cuore Immacolato di Maria” in Molfetta, presieduta dal Vescovo Mons. Domenico Cornacchia, e animata dalle testimonianze di: padre Giulio Albanese (missionario comboniano e giornalista);don Renato Sacco (coordinatore nazionale di Pax Christi);
  • ore 20.30: Momento festa animato dall’Orchestra “Santa Depalo” del Liceo “Einstein” di Molfetta.
L'evento non prevede protocolli particolari se non la voglia di stare insieme, sensibilizzarci e sensibilizzare sul tema che il Papa ci ha proposto. Non sono previsti stendardi o simboli partitici; soltanto striscioni e cartelloni che rilancino il tema, le frasi del Papa o citazioni dei testimoni di nonviolenza. Ai partecipanti sarà distribuito il numero di Luce e Vita di domenica 29 gennaio, con articoli sul tema della giornata e il messaggio integrale del Papa.

Sulla pagina facebook, con #marciapacemolfetta2017 e/o sull'evento creato, è possibile condividere foto e video dell'evento.

Quanti arriveranno da fuori Molfetta potranno parcheggiare o nei pressi della parrocchia S.Famiglia (più vicina alla Chiesa di partenza che è S. Giuseppe) oppure nei pressi del Palazzetto di Via Giovinazzo (più vicino alla chiesa di arrivo che è Cuore Immacolato di Maria).

Il giorno prima, sabato 28 gennaio, alle ore 17 presso la S. Famiglia in Ruvo di Puglia, raccogliendo le ulteriori sollecitazioni del Papa per la Giornata Mondiale dei Migranti e quella per le Comunicazioni sociali, i rispettivi uffici diocesani promuovono una tavola rotonda destinata principalmente – ma non solo – ai Giornalisti, Operatori della Comunicazione, Scrittori, Autori e Volontari impegnati con i migranti, su temi che si intrecciano sul versante unico della pace.

Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo: comunicazione e migranti

A cura degli Uffici diocesani Migrantes e Comunicazioni sociali

Ore 17 tavola rotonda con interventi di: 

  • S.E. Mons. Domenico CornacchiaVescovo, Membro della Commissione CEI Migrantes
  • don Gianni de Robertis Delegato regionale Migrantes - Puglia
  • Padre Francesco Mazzotta Direttore Tele Dehon - Andria
Nel corso della serata saranno proiettati i cortometraggi:

  • Tama Kelen. Il viaggio che insegna, regia di Michele Pinto
  • Viaggio pastorale ad Hoboken, regia di mons. Giuseppe de Candia, Direttore diocesano Migrantes
Modera: Luigi Sparapano, direttore Ufficio Comunicazioni sociali

L’incontro è promosso in occasione della Giornata Migrantes (15 gennaio) e della festa di 

S. Francesco di Sales (24 gennaio) ed è rivolto a tutti i Giornalisti e Operatori della Comunicazione (non sono previsti crediti formativi per questa manifestazione).

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La pace continuerà ad essere utopia, se non riusciremo a operare un salto di mentalità, in grado di trasportarci in un mondo dove la tecnica è al nostro servizio e non il contrario. Per far ciò servono investimenti su scala planetaria a livello educativo. La pace è possibile se esiste un riconoscimento reciproco, un'accettazione di parte dello stato, che permetta il raggiungimento di un'effettiva condizione migliore. Questa coscienza pacifista è possibile se tutti se ne rendono conto e ciò vuol dire che sono le masse in primis che devono essere educate a questa transazione di mentalità. Sei ancora l'uomo dell'età della pietra, recitava Quasimodo. Il passaggio non è un abbandono di uno stato per un altro, bensì si avvicina di più all'idea di una sintesi hegeliana: l'uomo cosciente del proprio passato che sa guardare veramente in faccia al futuro e non con una presunzione di stampo futurista. Ma siamo davvero sicuri che questo salto di mentalità, possa produrre davvero una generazione pacifista? Possiamo solo augurarcelo, con la speranza che gli uomini futuri trovino nella condizione di pace terrena non solo un momento favorevole dal punto di vista economico, politico, e sociale, ma soprattutto un istante in cui si possa finalmente ragionare e cogliere appieno la precarietà e la futilità di questa vita. Finchè il termine pace sarà veicolato dai mezzi di comunicazione di massa al solo scopo di mascherare la realtà del mondo, credo che, come affermò Einstein un tempo, non saremo molto lontani dal combattere la quarta guerra mondiale con i bastoni dei primati.

La pace sembra appartenere al regno dell'irrealizzabile. Ma l'arte della vita umana consiste proprio nello sfidare ciò che appare impossibile. Quanto più qualcosa ci appare inaccessibile, tanto maggiore è lo stimolo che muove quell'essere che proprio in quanto umano partecipa nell'atto creatore e che, pertanto, ha sete di infinito. Quando una madre dice a suo figlio che non deve sognare la "luna" e gliene mostra una più reale e più difficile di quella sognata, spegne la creatività umana che si annida in ogni bambino. La pace non è la luna dell'adolescente, ma la luna autentica dell'uomo che non si è lasciato ridurre, nè sedurre a essere un semplice calcolatore dell'età del firmamento. Il tema della pace è una sfida alla logica e alla storia. La pace non è possibile senza disarmo, ma il disarmo richiesto non è solo nucleare, militare o economico; occorre anche un disarmo culturale, un disarmo della cultura dominante, la quale minaccia di convertirsi in una monocultura che può soffocare tutte le altre e finisce con l'asfissiare anche se stessa. Percorrere lo spazio fino alla Luna o stabilirsi su Marte, oltre a essere un'alienazione del corpo terrestre dell'uomo, sarebbe solo una fuga temporanea. L'uomo e più di un batterio che cerca solo di riprodursi. L'uomo moderno si sente prigioniero di questa terra, come alcuni suoi antenati si sentivano prigionieri dei loro corpi, dai quali desideravano solo fuggire. E' questo un trasfert significativo e ironico; non si desidera più andare in cielo, ma si desidera andare sulla Luna o su altri pianeti. Non si crede più nel cielo stellato, ma si continua a credere nelle stelle come "cielo". L'uomo si trovava male dentro il suo corpo quando lo considerava un semplice invulcro; ora si trova male sulla terra poichè la considera un semplice abitacolo. Se una volta regnava un'alienazione corporale, ora regna un'alienazione terrestre. Le conseguenze sono i disastri ecologici. E' lampante che il disarmo militare è impossibile senza il disarmo culturale. All'interno dei parametri culturali vigenti, disarmarsi militarmente appare una pura follia. Se è l'equilibrio degli armamenti ciò che sostiene la pace, allora, se si disarma una parte, l'altra ne trarrà vantaggio; se non continuiamo a "progredire" nell'invenzione e nello sviluppo delle armi mortali, lo faranno gli altri e l'equilibrio si romperà. Si tratta di vedere chi ne accumula di più. La PACE è condizione indispensabile per la pienezza della vita umana, per la preservazione della specie e per la vita stessa del pianeta.
La pace impossibile da raggiungere? Alcune teorie concludono che è quasi impossibile perchè " la natura dell'uomo è aggressiva perchè l'uomo ha sempre mostrato tratti di aggressività nella sua condotta ignorando alcuni tratti della natura umana." Erich Fromm sosteneva invece che le guerre e le aggressioni non sono nè naturali nè normali, ma traggono invece dalla sfera culturale. Sosteneva Fromm che esse non sono presenti in tutte le culture, ma solo in quelle della carenza, vale a dire nelle culture dell'accumulo e del potere. Le supposizioni circa la natura aggressiva dell'uomo, non hanno sufficiente avallo storico. Il primo esercito permanente come organismo specializzato nella violenza, nasce a Babilonia nel momento in cui la società da matriarcale si traforma in patriarcale. La preistoria non conosceva le guerre anche se esisteva la violenza. La civiltà fondata sul potere ebbe inizio verso il 3000 a.C.. Da allora in poi il numero delle guerre e delle loro vittime è aumentato in maniera progressiva. Nessun popolo ha mai concepito guerre e lotte di potere devastanti quanto quelle intraprese dall'Uomo del XX secolo. Dobbiamo quindi riconoscere che la guerra non è naturale nè normale, ma culturale. Non tutte le culture hanno praticato la guerra. Per il novantacinque per cento del tempo l'uomo è stato cacciatore e non guerriero. La trasformazione urbana che accompagnò la rivoluzione neolitica fu caratterizzata dal passaggio da una civiltà matriarcale a una patriarcale. I governi e la burocrazia fecero la loro comparsa a partire dal 3000 a.C. e crearono le condizioni obiettive perchè le guerre avessero una loro utilità: oggi forse la guerra non serve più. La situazione ci ripropone la questione della vera natura dell'uomo e della civiltà. La pace non può essere costruita sui valori dei vincitori. Il problema della pace scuote i fondamenti dell'uomo, della società e della realtà stessa.

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