Tarek Eltayeb e Jabbar Yassin Hussin alla libreria “Il Ghigno”di Molfetta
MOLFETTA - Alla libreria "il Ghigno" di Molfetta martedì 1 dicembre alle 19 appuntamento con "Sulle rive dei narratori mediterranei: Tarek Eltayeb e Jabbar Yassin Hussin". Giuseppe Goffredo, poeta e scrittore, presenta Tarek Eltayeb (Egitto), "Una città senza palme" e Jabbar Yassin Hussin (Iraq), "Addio bambino!". All'appuntamento, cui prenderà parte anche Guglielmo Minervini, assessore regionale alla trasparenza e cittadinanza attiva, saranno presenti gli autori.
Tarek Eltayeb nasce al Cairo nel 1959, figlio di genitori sudanesi. Frequenta tra i quattro e i sei anni la scuola coranica, dove inizia a svilupparsi il suo interesse per la lingua araba classica. Studia Business Administration presso l'Ain Shams University del Cairo e Economia e Business Administration presso l'Università di Vienna finanziandosi gli studi con i lavori più vari (distribuzione di volantini, vendita di giornali, lavapiatti, insegnante, traduttore e interprete di lingua araba).
Dottore di Ricerca in Scienze Sociali ed Economiche dal 1997, è attualmente Professore presso l'International Management Center University of Applied Sciences a Krems, Austria. In Austria ha ottenuto oltre dieci premi letterari, tra i più importanti dei quali si citano il "Literar Mechana" e il prestigioso "Premio Elias Canetti" nel 2005. In Romania ha ricevuto "Il Gran Premio Internazionale della Poesia 2007" al Festival internazionale "Curta des Argesh in Rumania". Città senza Palme, il suo libro di maggior successo, è stato pubblicato per la prima volta in Italia dalla Poiesis Editrice di Alberobello nel 2009.
Una città senza Palme è il racconto di Hamza, un giovane campagnolo cresciuto con i valori morali propri di una società musulmana rurale. Hamza lascia la casa natale, in Waddinnàr, un villaggio del Sudan, con il sogno di un lavoro nel mondo nuovo, che però non è l´Occidente, ma è un altro paese simile al suo, l´Egitto. Pur appartenendo i due paesi arabi alla medesima cultura, egli si sente straniero, non riesce nemmeno a capire la lingua parlata dai nuovi vicini.
La descrizione che il protagonista dà della città sconosciuta è quella di chi non sa capacitarsi di cose mai neppure immaginate: la folla in continuo movimento, i locali sulla strada, i vestiti della gente. La città lo sommerge, impedendogli persino di attraversare la strada per la quantità di persone e di auto. Tutto il racconto è pervaso dalla meraviglia suscitata dal primo impatto del ragazzo con un mondo sconosciuto: i caffè, il mercato dei cereali e delle spezie. A tratti, i caratteri dei protagonisti fanno pensare a Naguib Mahfuz, che dipinge la realtà popolare con tutti i suoi colori. Il tutto attraverso gli occhi di un ragazzo audace e intraprendente, che vorrebbe salvare madre e sorelle dalla fame. La lingua è spontanea e al contempo ricca e incisiva; scorre inseguendo gli avvenimenti senza intoppi o complicazioni, dando un senso di grande e variopinta vivacità ai luoghi e alle persone del racconto. Un racconto che fa pensare a migranti di altre latitudini, come quelli raccontati dal regista Crialese nel film "Nuovomondo".
Jabbar Yassin Hussin è nato nel 1952 a Baghdad, Iraq. È il più grande scrittore iracheno vivente. In esilio in Francia dal 1976, per sfuggire al regime di Saddam Hussein, è tornato a Baghdad nel maggio del 2003 dopo 27 anni. A partire dal 1984 pubblica novelle e testi di poesia su riviste francesi: Brèves, Roman, Contre Ciel, Sud, Levant, Aube. Nel 1991 pubblica Aux rives de la Folie, l'Harmattan.
Nel 1993 pubblica Un ciel assombri d'étoile e Terre d'oubli, poesie, Edition Parole d'Aube Kichkano-Alfil Editions, Un cielo oscuro di stelle e Terra dell'oblio entrambi tradotti in Italia a cura di Lucy Ladikoff, ed. Aracne, Roma, 2006. Nel 1996 ha scritto l'opera teatrale dal titolo L'Absent. Ha diretto dal 1990 al 1992 gli incontri poetici franco-arabi di Poitiers e l'Incontro Internazionale della Poesia a La Rochelle nel 1993-1994. E' stato redattore della rivista Qantara, dell'Istituto del Mondo Arabo, Parigi e della rivista araba Kassas di Londra. Fa parte del comitato scientifico del Laboratorio Progetto Poiesis e dei Seminari di Marzo. Numerosi suoi scritti e poesie sono pubblicati sulla rivista da Qui.
Nel 2000 viene pubblicato in italiano il suo maggior romanzo Il lettore di Baghdad pubblicato dalla Poiesis Editrice, 2008, Alberobello, e successivamente Addio Bambino (trad. Lucy Ladikoff), Poiesis Editrice, 2009, Alberobello. L´immagine dell´Io narrante in "Addio bambino!" é pacata e solare. L´autore non indulge a vittimismi né lancia anatemi contro le potenze del male, ma invita a riflettere sulla dimensione del tempo, il tempo della vita, il tempo dell´esilio rappresentato da un mulino che pur essendo abbandonato da molto tempo continua a girare nel rumore della notte, macinando a ritroso i ricordi; come se il protagonista stesso fosse costretto a macinare storie, proprio come facevano la nonna e la madre di Yassin: figure fuse in una unica memoria, e senza possibilità di distacco. Il tempo e il luogo della narrazione si intersecano tra loro, come anche i personaggi: l'io narrante, a tratti, si fonde con l´immagine della nonna che racconta la storia dello zio Hussein, oppure con quella della madre, mentre narra la storia di Badriyya.
Il passato sembra pervadere tutto, poiché è la separazione ad essere la vera protagonista della narrazione: non la naturale separazione dall´infanzia che interessa le esistenze normali di noi tutti, ma quella forzata, costretta dall´orrore della tortura, della deportazione, della guerra. Ed è da questa frattura che nasce il bisogno insopprimibile e ostinato di non separarsi dai ricordi, dai luoghi amati, dalla voce della madre che non smette di raccontare. Il narratore vive in un mondo speciale dal quale comincia a parlare attraverso la voce di un bambino che ascolta tutto e che tutto trattiene ricordando in seguito ogni particolare. La sua mente si riempie di fantasia, avventure, figure surreali, angeli e spiriti, questi elementi che hanno sempre un significato nella vita sociale dell´Iraq, tanto nella cultura antica quanto in quella attuale.
Ricordare sembra essere l´unica medicina contro il mal d'esilio, antidoto alla malinconia, ma forse anche una segreta strategia, per riuscire a convincere al-tifl, il bambino della irreparabilità della separazione da un mondo al quale non si riesce più ad appartenere, per molte e diverse ragioni.