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Storia urbanistica della città e della sua industrializzazione
15 settembre 2019

La rassegna culturale “Storia sotto le stelle” sta avvicinando ai propri eventi culturali, un pubblico sempre più numeroso ed attento, allo scopo di far conoscere la storia di Molfetta nei tempi passati. L’organizzazione degli eventi, tra cui l’ultimo dedicato alla morfologia ed alla storia urbanistica di Molfetta, è a cura dell’associazione culturale “Eredi della storia”. La storia della nostra città viene ricostruita attraverso testimonianze dirette, attraverso la visione di foto e filmati d’epoca, attraverso relazioni e discussioni con esperti. Il prof. Giuseppe Maria Mezzina, dopo aver salutato il pubblico, introduce la rassegna presentando l’ingegner Andrea de Gennaro. Questi ricostruirà, con preparazione e dovizia di particolari, la storia urbanistica della nostra città, dai secoli scorsi fino ai nostri giorni. Inizialmente, tra il X e il XV secolo, Molfetta era unicamente una città “intra moenia”, tra le mura. Tre lati erano protetti dal mare, un quarto lato, più corto si rivolgeva verso terra ma era distaccato da essa tramite un fossato, che si trovava lungo quello che oggi è denominato corso Dante Alighieri. Nei secoli successivi, tra il XVII e il XVIII secolo, la città, ormai satura, inizia ad espandersi “extra moenia” ovvero oltre la cinta muraria. Il piano regolatore Mastropasqua (1839- 1861) è, in assoluto, il primo che pianifica l’espansione di Molfetta. Si comincia ad assistere alla “deruralizzazione” ed insieme ad un prodigioso processo di industrializzazione che porterà Molfetta ad essere definita, per la grandezza e la numerosità delle sue industrie, la “Manchester delle Puglie”. Vi è ancora testimonianza di questo negli stabili industriali e nelle ciminiere visibili nella zona retrostante alla stazione, alcuni dei quali, restaurati, costituiscono uno splendido esempio di archeologia industriale. Seguono altri piani regolatori, la città si espande verso ovest, sino a via Annunziata. Con il piano di Corrado de Judicibus, si erige una grande opera monumentale, il Calvario. Si costruisce palazzo Cappelluti, che purtroppo sarà demolito e sostituito da un “obbrobrio” architettonico, una costruzione grigia e incolore. Molfetta perde lo splendore di quell’antico e maestoso palazzo la cui bellezza, non tutti hanno avuto la fortuna di poter ammirare, se non in fotografia. Si valorizzano anche gli estesi spazi esterni a palazzo Capelluti attraverso l’eccelsa progettazione della villa comunale. Nella progettazione urbanistica si adotta lo schema ippodamico: gli isolati hanno forma regolare e sono suddivisi da strade parallele e perpendicolari tra loro. Il nuovo piano regolatore Valente (1899- 1926) riprende lo schema ippodamico posizionando gli edifici secondo una perfetta ortogonalità. Pensiamo ai quartieri a ridosso di via Baccarini, di Corso Fornari o di via San Francesco d’Assisi. Il disegno della città, sostiene l’ing. De Gennaro, all’epoca era ancora compatto. Sono lontani gli spazi di quelle che, in futuro, saranno le periferie: la Lama, via Ruvo, via Terlizzi, la Madonna dei Martiri. Essi delimitavano la città e ne costituivano il confine. Il successivo piano regolatore (1926-1963) è ridotto rispetto al precedente, siamo nel periodo fascista e l’ordine è di non far espandere la città, le persone dovevano rimanere in campagna, lontane dal centro. Le strade cominciano man mano ad allargarsi per l’arrivo delle automobili. Tra il 1963 ed il 1971 si assiste al cosiddetto programma di “fabbricazione” che prevedeva la demolizione e la ricostruzione di interi stabili, anche di pregio storico. Tra le vittime più illustri vi fu la chiesa di Santa Teresa, che non era così antica (1835) ma aveva una sua caratteristica bellezza storica e architettonica, con la facciata in stile ionico. Viene abbattuto anche il palazzo della Gioventù del Littorio. Nel 1979 la città di Molfetta si è ormai consolidata nella sua espansione, da nord a sud, da est a ovest ci sono tanti nuovi quartieri. La popolazione ha raggiunto il numero di 40.000 abitanti. Le industrie si spostano dalle zone limitrofe alla stazione a quella che è l’attuale area industriale. Tra il 1978 e il 1996 si completa la costruzione della città, così come noi oggi la conosciamo. Viene adottato, nuovamente, lo schema ippodamico, che risulta sempre il migliore per progettare l’espansione urbanistica. L’attuale piano regolatore, anche se è datato al 2001 risale agli anni ‘80. Esso prevede grandi zone di espansione per la città. Attualmente la Lama, non rappresenta più un confine da un punto di vista urbanistico, così come lo era stato in passato, perchè gran parte delle nuove edificazioni si trovano oltre di essa che è, dunque, diventata, parte integrante della città. L’evento culturale è stato organizzato in collaborazione con l’associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra (ANIMG), con l’associazione nazionale combattenti e reduci (ANCR) e con l’Istituto del Nastro Azzurro, ente associativo che riunisce tutti combattenti italiani decorati con medaglia al valor militare. Il cav. Sergio Ragno, presidente dell’Istituto Nastro Azzurro, ha curato personalmente l’organizzazione dell’evento, prodigandosi per la sua buona riuscita. Non si può non ricordare, anche da parte della redazione di Quindici, la bella e compianta figura del dott. Michele Spadavecchia, venuto a mancare improvvisamente, ad un solo giorno di distanza dall’evento. Persona di grande squisitezza nei modi e dalle solide basi culturali, si è adoperato con passione, insieme al cav. Ragno, per far riscoprire ai suoi concittadini l’affascinante storia dei luoghi natii.

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