Recupero Password
Sos pesca, da Molfetta proposte per il rilancio del settore con l'aiuto dell'Europa
10 gennaio 2016

MOLFETTA - Le decisioni assunte negli ultimi anni dalla Comunità Europea e gli interventi e misure messi in atto, hanno segnato fortemente il settore della pesca. Pensare ad un pianeta senza pesca è quasi impossibile, priverebbe la cultura umana di uno degli usi più antichi del mare. Molti sostengono che, oltre ad occuparsi di ambiente, le istituzioni si debbano occupare anche dei pescatori, oggi un po' messi da parte. In effetti pescatori ed ambiente marino sono una sola cosa, il pescatore è parte dell'ecosistema in cui pesca. E' fondamentale quindi creare un equilibrio tra sostenibilità ambientale da una parte e sostenibilità economica e sociale dall'altra.

Questo problema si riscontra anche a Molfetta, città che per moltissimi anni ha vissuto quasi esclusivamente contando su questa attività e che oggi invece fa davvero fatica a risollevare le sorti dell'ambito della pesca. Molti degli armatori molfettesi ormai non vedono più una via di uscita diversa da quella di mollare e rottamare le proprie barche, cercando un altro modo di vivere.

Per fare il punto della situazione, al Mercato Ittico di Molfetta presso l'Associazione armatori si è tenuto un convegno svoltosi più che altro come un vero e proprio dialogo tra il sindaco Paola Natalicchio, la vice presidente della Commissione Pesca del Parlamento Europeo Renata Briano, l'europarlamentare attiva in Commissione Ambiente, Sicurezza Alimentare e Lavoro Elena Gentile e gli armatori ed in generale gli addetti ai lavori del settore.

Dopo un primo giro di opinioni questi sono i problemi riscontrati dalla maggior parte degli armatori: giornate di pesca che diventano sempre più lunghe perché l'iter da rispettare è molto complicato se non si vuol cadere in un'infrazione grave che comporta il pagamento di verbali dalle somme e conseguenze molto salate (regime sanzionatorio). La Commissione dell'U.E. infatti ha stabilito che una sola infrazione grave non permette di usufruire di finanziamenti ed inoltre se si percepisce un finanziamento non bisogna commettere nemmeno un'infrazione per i 5 anni successivi. Una manutenzione sempre più costosa delle barche per poter essere a norma, ad esempio la cassetta di primo soccorso che ha la validità solo di un anno costa 540 euro e contiene strumenti utilizzabili solo da medici od esperti, un controsenso. La presenza sempre maggiore di banchi di tonno che ostacolano la pesca non solo in quanto si tratta di una specie non pescabile data l'esistenza di un monopolio ma perché danneggia le reti non adatte alla pesca di questo pesce ed inoltre si ciba di pesce azzurro, la specie che invece viene pescata per la maggiore a Molfetta; la presenza anche solo di un tonno nelle reti causa il pagamento di un grosso verbale. Un'organizzazione del periodo di pesca che mette sempre più in difficoltà i pescatori che chiedono un minimo di autogestione. Una cassa integrazione precaria se confrontata con altri ambiti lavorativi, in deroga regionale e nazionale. Il moto ondoso, problema ormai presente a Molfetta da molti anni a causa delle banchine del nuovo porto commerciale,  che fa danni non rimborsati da nessuno. La poca sicurezza in cui versa il mar Adriatico disseminato di bombe ad iprite; moltissimi i marinai colpiti da questo problema, mai considerati come invalidi sul lavoro ed ormai morti.

I problemi non si fermano al solo settore di produzione ma anche a quello della vendita, come ha affermato il sindaco Paola Natalicchio, sia a livello di commercio al dettaglio sia all'ingrosso. Inoltre a Molfetta il dibattito sul porto ormai apertosi anni fa ha inghiottito quello sul porto peschereccio, quando invece il porto turistico deve parlare con la realtà peschereccia. Ma la burocrazia lunghissima non permette facilmente di fare passi avanti, ultimamente sono stati chiusi anche i cantieri per la rottamazione delle imbarcazioni e quindi si è costretti ad andare fuori città con costi maggiori.

La Briano ha affermato che la politica comune della pesca è in generale molto debole ed i pescatori si sentono poco coinvolti. L'U.E. dice che bisogna costruire una pesca innovativa per via del problema della biodiversità, il mar Mediterraneo è quello più in crisi e tutto viene ancor più complicato dal fatto che vi si affacciano Paesi diversi alcuni facenti parte dell'Unione Europea altri no. Nell'Atlantico la situazione è diversa e alcune iniziative portano già i loro frutti, come ad esempio la pesca su quote.  Bisogna innanzitutto capire la discrezionalità delle scelte, tra quella nazionale ed europea. Inoltre le statistiche mostrano come il problema della biodiversità non sia causato dalla caccia e dalla pesca, come pensa l'opinione pubblica, ma dall'inquinamento e da tutte le altre cause che noi ben conosciamo e per le quali servirebbe un cambiamento drastico di tutta la popolazione terrestre. Però la politica molto spesso segue l'opinione pubblica anziché informarsi.

Sullo stesso piano l'intervento di Elena Gentile che ha confermato il fatto che molte soluzioni prese in questo ambito sono sbilanciate in quanto il problema della pesca è stato sottovalutato per molto tempo. Inoltre in Europa i Paesi del Mediterraneo hanno poca voce in capitolo, mentre i Paesi nordici per anni hanno agito in libertà approvando leggi facilmente rispettabili solo da loro. Ma non tutto è così fermo, piccoli passi in avanti sono possibili, ad esempio finalmente dopo molti sforzi è nata in Italia la macroregione Ionico-Adriatica grazie alla quale vengono meno i confini e nascono nuove sinergie tra regioni. Il valore del tempo, ha continuato la Gentile, non è in cima ai pensieri della politica quando invece è fondamentale agire bene ed in fretta;  per questo inviterà a Bruxelles i Commissari del settore Pesca, Ambiente e Lavoro per parlare seriamente della questione.

Il settore della pesca deve, allo stesso tempo, avere la capacità di innovarsi e di considerare la salvaguardia dell'ambiente marino non più come un vincolo, ma come una risorsa, soprattutto per garantire un futuro a questo mestiere. E questo a Molfetta, tra mille problemi, lo hanno capito bene tre compagnie di armatori premiati a livello europeo: la Monopoli Michele & Dell'Olio Pietro che realizza la vendita diretta del proprio pescato, vendita online e consegne a domicilio; l'Allegretta Angela & C. snc che realizza la vendita diretta a bordo del proprio peschereccio; la Facchini Pesca sas che oltre a garantire anch'essa la vendita diretta del prodotto con consegne a domicilio accompagna il proprio pescato con un percorso di educazione al consumo di pesce Adriatico.

© Riproduzione riservata

Autore: Daniela Bufo
Nominativo  
Email  
Messaggio  

Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""

Che fare? Molti pensano che la piscicoltura alleggerisca la pressione sulle popolazioni naturali, ma ciò è vero solo se gli organismi allevati non consumano farina di pesce (mitili, vongole e il pesce d'acqua dolce tilapia, che si nutre in prevalenza di vegetali, possono essere allevati senza farina di pesce). Nel caso dell'allevamento del salmone e di altri pesci pelagici – aringhe, sardine, acciughe e sgombri – anziché essere destinati direttamente al consumo umano vengono trasformati in mangime. Di fatto, gli allevamenti di salmone consumano più pesce di quanto ne producano: sono spesso necessari tre chilogrammi di farina di pesce per produrre un salmone. Il modo per risolvere il problema della pesca marina in tutto il mondo è una conduzione basata sugli ecosistemi, volta a mantenere o, dove necessario, ristabilire la struttura e la funzione degli ecosistemi entro i quali si trovano le zone di pesca. A questo scopo occorrerebbe considerare le esigenze alimentari delle specie chiave degli ecosistemi (in particolare i mammiferi marini), abolendo le tecniche di pesca che distruggono i fondali marini e istituendo riserve marine o zone di divieto per consentire per controbilanciare gli effetti della pesca nelle aree consentite. Queste strategie sono compatibili con il sistema di riforme proposto da anni da ittiologi ed economisti: ridurre drasticamente le potenzialità di pesca delle flotte in tutto il mondo; abolire le sovvenzioni governative che sostengono le flotte di pesca in passivo; e far rispettare con rigore le restrizioni sulle tecniche di pesca che danneggiano gli habitat o che coinvolgono specie prive di interesse alimentare. La creazione di aree di rispetto sarà fondamentale per salvaguardare le zone di pesca di tutto il globo. Alcune zone di rifugio dovranno essere vicine alla riva per proteggere le specie costiere, mentre altre dovranno estendersi al largo per tutelare i pesci oceanici. Oggi esistono zone protette, ma si tratta di zone piccole e disperse il cui totale costituisce solo lo 0,01 per cento dell'intera superficie oceanica. Oggi le riserve sono viste dai pescatori – e spesso anche dai governi – come concessioni necessarie ai gruppi di pressione ambientalisti, ma in futuro dovranno essere considerate e gestite come strumenti per la protezione delle stesse specie che alimentano l'attività della pesca. Uno degli scopi prioritari è anche proteggere le specie che vivono a grandi profondità e a distanza dalla costa. Si tratta di specie che erano rimaste al riparo dallo sfruttamento prima che l'industria ittica sviluppasse tecniche atte a raggiungerle. Una pesca di questo tipo significa sfruttare una risorsa non rinnovabile, perché i pesci delle fredde e buie profondità oceaniche sono molto vulnerabili, longevi e hanno un tasso di produzione molto basso. Le misure proposte permetterebbero alle aree di pesca di diventare, per la prima volta, sostenibili.
La relazione fra le normative emesse al riguardo (pesca, in particolare nel Mediterraneo ed in Adriatico) dalla U.E., secondo il mio modesto parere, è assolutamente inadeguata. Ricordo che chi osserva e decide a Bruxelles, sulle questioni della pesca in generale, sono Funzionari che hanno (devono) una "visione" strategico/generale del problema. Sappiamo tutti che invece le problematiche degli Operatori in mari chiusi - come l'Adriatico e più in generale il Mediterraneo - sono peculiari. Un esempio? Si è fatto riferimento all'eventuale pesca di un tonno, mentre magari, a strascico e/o a pesca volante e/o a circuizione, si pesca ben altro. Come si fa a stabilire, da parte dell'Autorità di controllo, che il tonno eventualmente catturato sia o meno "entrato" nel sacco della rete a strascico, oppure nella rete a circuizione, non sia capitato mentre il tonno medesimo si cibava di pesce azzurro?. Quello che voglio dire è che mi sembra molto difficile stabilire che ci sia stato un reato, che si ripercuote poi su eventuali benefici richiesti o che un Funzionario (U.E.) che si è sempre occupato di pesca, ad esempio nel Mar del Nord, con tutto il dovuto rispetto perla sua competenza professionale, possa avere la sensibilità istituzionale di discernere fra i problemi propri di quell'area di cattura e quelli, ad esempio, di chi opera nel Golfo di Taranto, in basso Adriatico, ecc.. Senza poi contare che, come osservato, i nostri Pescatori (piccoli e grandi) devono confrontarsi con i 'colleghi' di oltre Adriatico. La speranza è che la sig.ra Briano, abbia almeno recepito e porgerà a chi di dovere, le GIUSTE rimostranze del settore pesca di Molfetta, una volta settore trainante, con quello del suo indotto, dell'economia molfettese e pugliese.

Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2023
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet