Negli anni successivi all’approvazione della legge Orlando (8 luglio 1904), con la quale il corso elementare diventerà comune fino alla quarta classe, l’organizzazione scolastica affidata ai Comuni, quali che fossero le loro condizioni, non assicurò un suo normale sviluppo. Per cui, mentre l’Associazione degli insegnanti chiedeva l’avocazione delle scuole primarie allo Stato, venivano denunciati in riviste scolastiche, in quotidiani politici, nei resoconti dei congressi e dei convegni le condizioni di miseria in cui versava la scuola, non di rado funzionante in locali di fortuna con disprezzo di ogni cura igienica (v. Dina Bertoni Jovine, La scuola italiana dal 1870 ai giorni nostri, Roma 1975, p. 178). Cosi a Molfetta, mentre la Società Magistrale, fondata nel 1904 (v. Quindici di aprile scorso), si attivava per l’avocazione della scuola allo Stato (v. Corriere delle Puglie (=CdP)), 24 febbraio 1907, ci fu il dott. Giulio Cozzoli (n. 8 settembre 1875, v. M. Altomare, Biografie illustrate…, Molfetta 1937, p. 11), che in una lettera scritta il 21 gennaio al Corriere delle Puglie denunciò “un fatto tristissimo che veniva ancora perpetrato in questa plaga disgraziata d’Italia dalle autorità locali a tutto danno dei poveri bambini delle scuole elementari e benemeriti insegnanti dell’istruzione primaria.” Detto, nella sua lettera pubblicata in CdP del 22 sotto il titolo Un’infamia contro i bambini, che “il fatto non tiene le modeste proporzioni di un caso sporadico, e quindi raro, ma è l’esponente di tutto un sistema di governo di questa Italia Meridionale, lasciata in balìa di certi individui che si credono padroni della vita e della salute delle persone”, il Cozzoli informava come “già da una ispezione, che avevano fatto l’anno precedente i medici condotti nelle scuole comunali, era risultato che almeno un quinto dei bambini soffrivano di scabbia, tigna, tracoma, malattie contagiosissime, che si propagavano con facilità nelle agglomerazioni scolastiche, le quali poi allargavano la cerchia del proprio contagio nelle famiglie, sino a rendere endemiche nella città certe infezioni.” Qui, egli scrive al riguardo successivamente, “la sola farmacia municipale per il solo servizio di beneficenza, e in 12 mesi, come risultava dai registri, distribuì 48,765 grammi di unguento specifico per la scabbia; e nei registi dell’ambulatorio oftalmico - (il Cozzoli fu un rinomato oculista) - più dei 2/3 iscritti erano affetti da tracoma”, e ciò significava appunto che “ne era pieno il paese e ne erano piene, per conseguenza, anche le scuole” (CdP, 27 gennaio 1907). v“A questo stato di cose – scrive ancora il Cozzoli nella sua lettera – si era aggiunto, a causa del Municipio stesso, un altro orrore: la costruzione, cioè, delle latrine nelle aule delle scuole stesse, ove si faceva lezione, in modo che per i gas deleterii che emanavano, per il nauseante odore di acido fenico che veniva sparso in profusione, i bambini venivano colpiti da vomito, da scariche diarrotiche, da febbre”, tanto che circa 40 di questi alunni si erano ammalati di gastroenterite, di tifo, e in una sola classe la scolaresca si era ridotta da 85 a 60.” Una maestra poi era stata “rintanata coi propri alunni in un locale umido e buio, che sembrava un ovile, dove non si vedeva a far lezione, e dove avrebbero perso gli occhi le pecore stesse”, dice inoltre il Cozzoli, il quale, a difesa “delle piccole creature umane che (…) venivano portate scientemente alla morte”, chiedeva necessario “un provvedimento da parte del Governo, che facesse chiudere cioè tutti i locali scolastici messi in quelle condizioni antiigieniche, previa una rigorosa ispezione; perché si salvasse la vita di tanti piccoli esseri.” In risposta a questa denuncia, il Sindaco di Molfetta Vito Balacco (n. 1856) inviò un telegramma, pubblicato in CdP del 24 gennaio con lo stesso titolo della lettera del Cozzoli, in cui affermava invece che l’articolo citato “non riguardava questo Comune e queste scuole elementari, perché non sussistevano o erano esagerate in modo straordinario le malattie e le condizioni dei locali scolastici”, e “a conferma di quanto dicore che proprio in questi giorni fu qui l’ispettore scolastico che nulla constatò d’irregolare, solo ritenendo un po’ stretta qualche aula.” Il Cozzoli, nel replicare il 26 al telegramma del Sindaco, scriveva (in CdP del 27 gen., sempre sotto il titolo già detto): “Mi dispiace che i responsabili delle condizioni tristissime in cui versano i bambini delle nostre scuole elementari si sieno tirati nell’ombra, ove per pietà li lascio, ed abbiano fatto mettere la firma di una smentita a Vito Balacco, che tutto non sa e non può sapere. E di fronte all’amico – egli dice – io parlo amicamente, dichiarandogli che non mi spinge né astio personale, né spirito di partito; ma parlo da uomo e da medico, qualità coteste che appartengono alla coscienza umana.” E così detto, chiarisce che “questa quistione delle scuole elementari non era nuova, ma che ne aveva parlato dettagliatamente al n° 248 (primi giorni di settembre) dell’anno passato un quotidiano napoletano, il quale però non ebbe risposta”. Come pure “senza effetto - dice il Cozzoli - rimase una lettera che il medico Provinciale da molto tempo aveva inviato al Comune per incitarlo a mettere riparo a quello sconcio.” Egli poi ricorda al Balacco che “sotto il suo primo sindacato”, durato dal 4 marzo 1905 (v. CdP, 6 e 17 marzo 1905) fino alle elezioni parziali amministrative del 15 luglio 1906, dopo le quali, nella seduta dell’ 11 settembre fu riconfermato Sindaco fino al 7 ottobre 1908, “fu ordinata una ispezione medica nelle scuole elementari, in cui presi parte anch’io – dice il Cozzoli – e nelle mie stesse condizioni anche l’attuale assessore per l’igiene”. Questi fu il dott. Antonio Pansini di Giovanni Alfonso, medico chirurgo allora 64enne, eletto nelle amministrative del 1906 tra i consiglieri della maggioranza repubblicana ( v. CdP, 16 e 17 luglio 1906) fino al 31 luglio 1910 (v. Archivio Comunale Molfetta (=ACM), Registro personale dei componenti il Consiglio Comunale dal 1904 al 1925, n. d’ord. 20). Poi, nella seduta dell’ 1 ottobre, tra gli altri assessori ordinari eletti (con i due supplenti Pansini Giuseppe e De Fazio Sergio): Attanasio Giambattista, Magrone Pietro, Mezzina Pasquale, Minervini Giovanni e Candida Filippo, che assunse l’incarico della pubblica istruzione, Antonio Pansini fu proclamato assessore per l’igiene, “questo novello ramo amministrativo” che “chiamati a reggere – egli dice nella tornata del 15 dicembre – l’accettammo titubanti” (v. ACM, Deliberazioni Consiglio Comunali 1906, pp. 104 e 187). Da parte sua il Cozzoli in quei giorni ebbe in cura la madre di Gaetano Salvemini, la quale, dopo essersi fatta visitare dal dott. Manfredi di Bari, per le sue sofferenze fisiche, “ora – scrive Francesco Picca a Salvemini il 30 luglio 1906 – la cura il dr. Cozzoli, che le ordinò certe polveri da cui sente un certo giovamento” (da una lettera inedita in Archivio G. Salvemini Firenze, che ringrazio per la concessione). Nello stesso tempo, terminato dal 15 luglio 1906 il suo ufficio di medico condotto provvisorio, assunto nel 1904, anno in cui fu approvato il nuovo organico che prevedeva due medici condotti effettivi ed un supplente (v. CdP, 2 gen. 1904), il Cozzoli s’impegnò come Direttore medico di sezione della Società di Pubblica Assistenza di Molfetta. In questo incarico che aveva dal 1903, quando furono inaugurati i locali della Società in piazza Sant’ Angelo (v. CdP, 6 maggio 1903), egli organizzò una scuola dei soccorsi d’urgenza, “a somiglianza – scrive – della Samariter Schule di Esmarch” (La Pubblica Assistenza a Molfetta. Resoconto statistico – clinico (1903 – 1907), tip. M. Conte, Molfetta 1907, p. 8), di cui tenne le prime lezioni, la sera del 6 novembre, sui Soccorsi in terraferma, a cui si aggiunsero poi quelle sul salvataggio in mare, del Tenente di porto Ubaldo Diciotti (v. CdP, 8 nov. 1906). Queste lezioni furono tenute nei locali del Liceo, vicino al Civico Ospedale (allora nell’ex convento attiguo alla chiesa di San Bernardino), sotto il quale – ricorda il Cozzoli nella sua replica al Sindaco Balacco – “continuavano ancora ad esserci 5 scuole elementari le cui porte sporgevano nello stesso cortile, ove si aprivano le finestre dei malati”, cose queste che furono notate parecchie volte – egli dice – anche dal medico Provinciale. Altre due scuole poi, nell’ex convento di San Domenico, “a destra nell’atrio - egli dice – erano addirittura buie”. A via Nino Bixio, numeri 60, 64 e 71, a via Massimo D’Azelio, numeri 100 e 111 e a via Paradiso n. 64 (nelle vicinanze di piazza Mentana) vi erano le scuole che avevano “le latrine nelle aule stesse, ove si faceva lezione e dove bambini e maestre lavoravano dalle 8 alle 12,30 di ogni giorno. “Io non so - scrive il Cozzoli - con quali cognizioni di ingegneria sanitaria e con che coscienza di uomini siano stati fittati quei locali e costruite le latrine, focolai perenni di infezioni”. Per ovviare a questa situazione, “alcuni insegnanti - continua il Cozzoli -, d’accordo con l’ispettore, avevano trovato l’espediente di lasciar andare i bambini a soddisfare i loro bisogni in mezzo alla pubblica via. In questi giorni – egli dice il 27 gennaio 1907 – ci sono andati con la neve e con la pioggia, con quanta precauzione personale e con quanta decenza per gli abitanti è facile immaginarlo! Ma fra i due mali era meglio scegliere il minore.” Nelle scuole di via Bixio – riferisce ancora il Cozzoli – si erano ammalati 25 ragazzi, e in un’ aula era “tale l’umidità, che scendeva fino all’altezza d’uomo e tanta l’oscurità” da essere qualificata dallo stesso Ispettore peggio di un ovile. Perciò, “mi meraviglio – conclude il Cozzoli – come l’amico Balacco abbia messo in bocca all’ispettore cav. Massimo Franco delle parole che questi non ha detto. Altro che regolarità! Mi consta che la stessa campagna ch’io sto facendo, l’ha già iniziata l’egregio ispettore dall’anno passato nelle relazioni al Provveditore.” Nel chiudere con questi suoi dati “la serietà della questione, che regge sempre a tutte le smentite telegrafiche che del resto dovrebbero essere dimostrative”, il fatto – dice il Cozzoli – era che “il bilancio comunale non si trovava in condizioni economiche tali da assegnare dei locali igienici a queste altre scuole elementari che erano le cenerentole, abbandonate di qua e di là”. E in questi casi il miglior consiglio che egli dava era quello di chiudere tutte le scuole che si trovavano in quelle pessime condizioni. Questa replica del Cozzoli non ebbe alcun altro seguito sul Corriere delle Puglie. Nei mesi successivi, un cenno alla situazione delle aule antiigieniche si trova nella Dichiarazione di voto, fatta nel Consiglio Comunale del 18 maggio del 1907 da Alessandro Guidati, quando, sul conto morale di “lode” che i revisori avevano dato sulle amministrazioni succedutesi nel 1905, egli disse: “Ritengo che l’amministrazione non curi l’igiene dei locali per le scuole elementari, essendovi 6 o7 con le latrine nell’interno dell’aula, e perciò nocive alla salute dei poveri bimbi” (ACM, Deliberazioni del Consiglio Comunale 1907, p. 106. Ringrazio la sig.ra Dorotea Bellapianta e la sig.ra Squeo, responsabili dell’Archivio, per aver agevolato la consultazione).
Autore: Pasquale Minervini