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Sentenza Tsap su rischio idrogeologico, nuova vittoria per Legambiente Il Tribunale delle acque boccia il Comune di Molfetta. L'associazione ambientalista: “grande soddisfazione per il raggiungimento del nostro obiettivo, la sentenza costituisca il punto di partenza per uno sviluppo sostenibile della città, basato sulla valorizzazione ed il recupero del paesaggio, contro ogni forma di pratica invasiva”
22 febbraio 2012

MOLFETTA – Oltre a Rifondazione comunista anche Legambiente esulta per la sentenza del Tribunale delle acque che ha bocciato la delibera del Comune di Molfetta sulla perimetrazione del Piano di assetto idrogeologico (nell'immagine la perimetrazione di Levante). Insomma, è stato confermato il rischio idrogeologico su quell’area. E’ anche una vittoria di “Quindici”, che si è sempre battuto contro questa delibera con diversi articolo e inchieste sull’argomento (vedi anche il numero della rivista mensile in edicola). Una sconfitta del sindaco Antonio Azzollini e dell’ex Dirigente dell’Ufficio territorio ing. Rocco Altomare.

«E dopo una lunga battaglia che ha visto l’associazione del cigno, Legambiente, esposta in prima fila nel chiedere la difesa del territorio di Molfetta, ecco arrivata la vittoria tanto attesa – dice Legambiente.
Con sentenza n. 113/2012 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) ha infatti respinto il ricorso, proposto dal Comune di Molfetta, per l’annullamento della delibera n. 11/2009 con cui il Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino della Puglia (AdBP) ha approvato la perimetrazione di vaste aree, nel territorio comunale di Molfetta, ad alta pericolosità idraulica, evidenziando situazioni di rischio aggravate dalla edificazione intensa e disorganica degli ultimi decenni.
Un rischio idrogeologico non solo dovuto alle caratteristiche fisiche del territorio, ma anche indotto da una gestione sbagliata dello stesso, dovuta all’approvazione di Piani che hanno visto sempre più soffocata l’integrità del suolo cittadino. Una storia emblematica è quella dei Piani per Insediamenti Produttivi (P.i.p.) che a Molfetta inizia nel lontano 1976 e prosegue sino ai nostri giorni e vede, a partire dal 2000, un grande avversario: il Piano di assetto idrogeologico (PAI), che approvato dal Comitato istituzionale dell’AdBP riporta cartografie che perimetrano aree ad alta, media e bassa pericolosità idraulica riguardanti, anche, il territorio di Molfetta.
Il TSAP ha respinto tutti i motivi di ricorso, confermando il lavoro svolto dall’AdBP, giudicato coerente ed accurato, mentre l’istruttoria svolta dal C.T.U. ha ritenuto non condivisibili le obiezioni tecniche sollevate dal Comune e dai suoi consulenti confermando, di contro, la notevole accuratezza con cui l’AdBP ha proceduto all’analisi del territorio in esame.
La sentenza ha un’importanza fondamentale – dichiarano Francesco Tarantini e Cosimo Sallustio, rispettivamente presidente di Legambiente Puglia e presidente del Circolo di Molfetta - perché sancisce il principio di precauzione nell’uso del territorio, anche in una prospettiva rivolta al futuro ed alla messa in sicurezza delle zone dove risulta più alta la criticità idraulica. Questo obiettivo si è raggiunto grazie alla ferma determinazione dell’AdBP, sostenuta da Legambiente, che ha consentito di arginare le scelte inadeguate dell’Amministrazione comunale molfettese. La sentenza deve costituire il punto di partenza per ripensare il territorio ed il rapporto con la città mettendo le basi per un cambiamento dell’idea di sviluppo, sostenibile, concentrato sulla valorizzazione e sul recupero del paesaggio nei suoi aspetti geo-morfologici peculiari e identitari, uno sviluppo che deve tralasciare, necessariamente, pratiche invasive legate al consumo di suolo ed alla precarizzazione delle aree più a rischio”.
A breve Legambiente organizzerà un’iniziativa pubblica ad hoc, su questa importante sentenza».
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Dal primo grande allarme ecologico dell'era post-staliniana, quello sull'inquinamento del lago di Bajkal causato da due giganteschi impianti di sfruttamento della cellulosa, la gestione delle acque nell'ex URSS accumula disastri. Quello del mare d'Aral, trasformato in un mare grigio e morto, le cui rive si sono allontanate più di 100 km dall'antica linea costiera, è esemplare. Quanto alle altre catastrofe ambientali, le troppe rade informazioni fornite da esperti indipendenti tendono a mostrare che le cifre ufficiali sulle conseguenze degli incidenti sottostimano volontariamente e grossolanamente i suoi effetti sulla salute umana. Il destino spezzato di intere generazioni di bambini avrebbe dovuto stimolare un immane sforzo di investigazione e di solidarietà che rimane ancora oggi da intraprendere. Le tragedie ecologiche sono il risultato di un'industrializzazione brutale che ha distrutto le basi culturali di una società agraria ancora impregnata di valori tradizionali, dell'immaginario dell'acqua e della foresta. In una società dove la proprietà e il potere sono confiscati dallo stato che svolge il ruolo di quello che Marx definisce il “capitalismo astratto” gli interessi privati riemergono sotto la forma perversa di interessi burocratici e settoriali. Ne deriva un produttivismo sprovvisto di ogni finalità umana, senza i freni che, nelle società capitalistiche moderne, provengono da interessi sociali antagonisti, delle associazioni ecologiste e di una vigile pubblica opinione. Evidentemente poche lezioni sono state desunte dalle conseguenze di questi mostruosi errori. I paesi emergenti del sud, lanciati in una corsa folle verso l'industrializzazione e l'urbanizzazione ripetono gli stessi errori e mostrano le stesse negligenze ecologiche. I loro popoli ne subiranno le stesse tragiche conseguenze.


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