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Salvemini, Emiliano e Minervini, contro l'oligarchia del sen. Azzollini a Molfetta
21 aprile 2008

MOLFETTA - L' emergenza incombente, legata alla possibile ascesa di Azzollini come sindaco della città, ha spinto all'intervento, ieri sera, Sandro Fiore, ex consigliere comunale e regionale del PCI. Ancora una volta il tratto più contestato della politica di Azzollini è l'arroganza, la voglia di potere che gli ha impedito di rinunciare ad una delle due candidature, quella a sindaco o quella ad assessore. Nonostante l'amore, da sempre professato, nei confronti di Molfetta, avrebbe dovuto favorire una più facile rinuncia al posto al Senato, Azzollini non ha indugiato nella scelta, affrettando la caduta del Consiglio Comunale. Ed è per questo che Mino Salvemini è stato designato per opporsi alla pratica svincolata e indipendente dell'ex sindaco, al di là delle ideologie. L'appello è agli elettori dell'Arcobaleno, alla scelta della persona più onesta e impegnata. (nella foto: Emiliano, Salvemini, Fiore, Minervini). Un'onestà e un impegno che si sono incarnati anche nella figura dell'ex sindaco di Molfetta Guglielmo Minervini, come ricorda Michele Emiliano, sindaco di Bari e coordinatore regionale del Partito democratico. L'attuale assessore regionale “viveva nella carne” le situazioni e gli umori molfettesi, governava tra la gente, ne era parte integrante. E un governo vicino, a contatto diretto con i cittadini, è diverso da una pratica amministrativa per via telefonica, o attraverso “subordinati”. Emiliano, infatti, afferma di non aver mai avuto il privilegio di parlare con il sindaco del PdL, neanche su questioni di discreta importanza. La sua indubbia capacità politica e la spiccata intelligenza avrebbero potuto indirizzare le sue scelte verso una riuscita dei progetti intrapresi, ma Azzollini, evidentemente, considera i molfettesi dei personali burattini, asserviti ad ogni sua fantomatica manovra politica. Il senatore non può capire di aver esagerato e sopravvalutato la benevolenza dei cittadini se a segnalarglielo non sarà una “correzione fraterna”, quella del ballottaggio. Allora il suo padronato avrà avuto il merito di suggerire la formula per un nuovo governo, anche a livello nazionale, uno sforzo unito verso la liberazione. Gaetano Salvemini, avvicinato da un legame indissolubile al Sud Italia, ha sempre denunciato l'asservimento della piccola borghesia meridionale al Nord, la spinta che imprimeva all'economia settentrionale a spese dell'inerzia economica del Mezzogiorno. Sarebbe deleterio, allora, favorire l'esponente della fazione che ha permesso alla Lega Nord di diventare protagonista indiscussa della politica nazionale. Essa ha già avanzato richieste a danno del meridione: l'autority alimentare, per esempio, non può andare a Sud ma deve tornare a Parma. Pretendono che fra loro sia designato il ministro degli Interni, impadronendosi della sicurezza interna dell'Italia. E' quindi importante unire le forze degli elettori della Sinistra l'Arcobaleno, sostenitori delle stesse idee di cultura, legalità e scuola pubblica, per affrontare una battaglia che riporti l'orgoglio di essere molfettesi e protagonisti delle vicende cittadine, senza che esse si impongano, cieche, sulla gente. La bocciatura della proposta di Azzollini è, secondo Mino Salvemini, il segnale di una rilevazione, da parte dei molfettesi, della sua “povertà politica e culturale allarmante”. La gente si è opposta alla mancanza di trasparenza, alla disparità di trattamento, alla “mortificazione del diritto a vantaggio del favore”, alla mancanza di sicurezza e di provvedimenti regolatori del traffico, dell'ambiente, dell'illegalità. L'idea più diffusa presso molti sostenitori dell'ex sindaco è la possibilità del senatore di far pervenire fondi ingenti da Roma. Tale florida e sicura ambizione è stata ribadita questi giorni sulle plance elettorali, su cui compare, quasi spontanea, la domanda: “Perché dobbiamo rinunciare a tutto ciò?”. Ma Salvemini ricorda prontamente che il 90% dei finanziamenti non provengono da Roma, ma da Bari. La demagogia azzolliniana continua a voler sfruttare la mancanza di conoscenza della gente. Ma il leader del PD, questa volta, sembra molto più sicuro della propria denuncia incondizionata, finalmente libera dalla timidezza delle posizioni e diretta a svelare pubblicamente una condizione oppressiva. Quella che vuole gerarchizzare, sulla base del grado di fedeltà, la nostra posizione di sudditi di fronte ad una oligarchia sempre più sovrana. In cui manca il coinvolgimento, la più elementare dialettica democratica, in cui l'unica forma di partecipazione cittadina, come già sostenuto da Azzollini, è costituita dal voto; dove gli appalti sono concessi ad esponenti politici. A questa situazione Salvemini oppone l'importanza della partecipazione, della consultazione, della centralità della Giunta e del Consiglio Comunale, dell'illustrazione delle azioni politiche sul sito del Comune. Inoltre assicura che i criteri di designazione degli amministratori saranno improntati sulla trasparenza, ed escluderanno gli indagati. La politica del centro-sinistra verterà sulla democrazia e sul pluralismo, con l'adesione all'attività portuale del Levante, affinché il porto non resti “una cattedrale nel deserto”. La prospettiva dei finanziamenti sarà affrontata sui tavoli locali, non a Roma. Entrando più specificamente nel programma proposto, il candidato del centro-sinistra afferma il proprio impegno nel ristabilire “l'impero” della legge, la sicurezza favorita da campagne per la sensibilizzazione contro i vandalismi, l'istituzione di una polizza assicurativa per prevenire il rischio dello scippo. In più annuncia un nuovo centro per anziani, la riqualificazione degli asili, un laboratorio interetnico, l'iniziazione di un nuovo piano per le spiagge, l'ampliamento delle aree pedonali e delle piste ciclabili, opponendosi apertamente a nuove espansioni della città. Per il candidato nessuno può permettersi di tirarsi indietro, di sottrarsi all'espressione della propria posizione, perché finirebbe col favorire la precipitazione della politica cittadina e il suo decadimento più atroce. A quel punto i lamenti sarebbero troppo tardivi. Finalmente Salvemini affronta il tema della larghezza della coalizione, rivendicando, alla luce dei risultati, la necessità della sua estensione. Dunque la vicinanza del programma a quello dell'Arcobaleno dovrebbe indurre anche gli elettori di Zaza a non abbandonarsi alle manovre di Azzollini, favorendo il perseguimento dell'interesse pubblico. I cittadini dovrebbero, in fin dei conti, condannare l'interesse egoistico e parziale sottraendo il futuro ai dettami di una oligarchia “cinica e rapace”. Gli applausi del Corso Umberto introducono le parole di Guglielmo Minervini, assessore regionale ed ex sindaco della città, che propone ai presenti il confronto fra due lati di Molfetta. Uno delineato da chi cerca le scorciatoie, da chi utilizza la furbizia per arrivare prima, da coloro che fanno “gli spacconi”. L'altro formato dalla gente umile, onesta, sincera, dai “Mini” della città. Da chi pone sopra ogni cosa la dignità e non si nasconde dietro facili maschere. "La cronaca nera degli ultimi tempi offre agli occhi di tutti una Molfetta privata della propria anima, del valore dell'impegno di lavoratori e commercianti. E il silenzio di Azzollini è mortificante nella propria espressività. A Molfetta sono stati gli onesti a far vivere la città, a “tirare dritto” senza compromessi. Per questo i molfettesi non possono essere comprati, e il ballottaggio offrirà l'occasione per non votare a favore del singolo, ma della comunità". E' la valorizzazione del sentimento per la città, dunque, a chiudere il comizio. Un indirizzo che sembra subordinare la posizione ideologica a favore di una emancipazione da una situazione svincolata dalla necessità del confronto e della rappresentazione, verso una direzione che riporti la politica su un orizzonte più vicino e umano.
Autore: Giacomo Pisani
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