Salvemini e il fascismo Nicola Tranfaglia a Molfetta
La storia italiana è un recipiente in cui nulla si crea e nulla si distrugge. Così lo storico Nicola Tranfaglia (docente di Storia dell'Europa presso l'università di Torino) ha concluso il suo intervento organizzato dagli studenti del Liceo Classico a proposito di Gaetano Salvemini e il suo rapporto con il fascismo, un ottimo modo di celebrare l'illustre concittadino in occasione del cinquantenario dalla sua morte. Un'importante dichiarazione segno di un'Italia mai realmente rinnovata, dove tuttora movimenti neo-fascisti rivendicano la loro ideologia politica con manifestazioni più o meno pacifi che. Ma il fascismo è stato sempre al centro delle rifl essioni di Salvemini, che ne fu diretta vittima quando fu costretto ad andare via da Molfetta per spostarsi in Inghilterra e in America, diventando professore dell'università di Harvard; il regime fu ancora tristemente protagonista nella vita dello storico quando, tornato a Molfetta nel '45, fu dichiarato decaduto come professore. Ma il compito dello storico, come lo stesso Salvemini afferma, è quello di spiegare e non “condannare o assolvere”, quindi Tranfaglia incomincia un'analisi approfondita di cause e conseguenze del fascismo, con l'aiuto di alcune considerazioni del molfettese. Innanzitutto, Salvemini sembra giudicare il fascismo come la sconfi tta della rivoluzione italiana, la sconfi tta della sinistra allora composta quasi esclusivamente da socialisti e comunisti, e sembra l'unico storico del periodo ad accorgersi che quel regime non era solo una breve parentesi o un incidente di percorso, dato l'ampio supporto della classe dirigente e la manifesta “debolezza della cultura politica”; per superarlo infatti l'intervento degli alleati non fu indispensabile quanto una presa di coscienza da parte del popolo italiano. Essendo una dittatura, il fascismo ha avuto margini molto ampi di autonomia, rendendo così innocua e futile l'opinione di coloro che vi si opponevano con fermezza ribadendo il loro diritto alla libertà e alla democrazia, non bisogna perciò chiedersi come mai nessuno tra i numerosi intellettuali ha tentato di opporvisi. La risposta è nell'esperienza stessa di Salvemini: la maggior parte dei “sovversivi” veniva costretta a fuggire e a conformarsi all'opinione pubblica. Dimostrando una buona consapevolezza del periodo storico che ha visto l'Italia in mano ai fascisti, alcuni ragazzi del liceo hanno partecipato attivamente all'iniziativa realizzando dei cartelloni esplicativi (ai quali Quindici ha indirettamente partecipato, grazie alle numerose pagine dedicate al Salvemini nel corso del tempo): alcuni chiarivano il periodo fascista dal punto di vista politico e sociale, altri si proponevano di analizzare la fi gura dello storico molfettese, un uomo dalla elevata statura morale e dalla grande coscienza politica, prima di tutto. La sua opinione era che i suoi allievi dovessero essere istruiti con uno spirito critico e razionale (come del resto era il suo) e forse dovevano costituire quella classe sociale che avrebbe poi dato il via alla ribellione nei confronti del regime. Concludendo l'incontro Tranfaglia fa un richiamo ai professori di storia, ricordando l'importanza della storia italiana, spesso trascurata, ma fondamentale per tutto ciò che è l'attuale società. Insomma, un monito per non ripetere gli stessi errori del passato. Siamo tutti avvisati.