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“Salvate le statue!” Epica assemblea in Santo Stefano
15 settembre 2022

Era una serata di tregenda. La tra- montana soffiava rabbiosa, ogni raffica sibilava tetra lungo il Bor- go. Le paranze rollavano nel porto all’unisono, quasi danzassero; i canapi de- gli ormeggi, tesi allo spasimo, gemevano sulle bitte. Banchi di nubi correvano rapi- di per il cielo terso, lasciando intravedere, dai brevi squarci, una limpida falce di luna. Rari passanti, morsi dal freddo, s’affrettava- no a rincasare. Correva un novembre della metà degli anni Trenta del Novecento. Nel mentre la natura seguiva il suo corso, indifferente alle miserie e sciagure umane, piccoli gruppi di persone sostavano presso l’entrata della chiesa di Santo Stefano, sede dell’omonima Arciconfraternita. Incuranti del vento, confabulavano a bas- sa voce, badando di non farsi sentire dai vicini, e guardandosi le spalle, temendo chissà quali delitti. Quindi entravano, dopo brevi rintocchi. In chiesa li attendevano tre innocenti, vo- tati al martirio: André, fedele sagrestano, Don Carlo “Cirillino”, padre spirituale e il Priore. Sedevano il primo nei pressi del- la nicchia delle statue, gli altri due ai piedi dell’altare maggiore. L’assemblea si sarebbe tenuta in chiesa, essendo la sagrestia inagibile per lavori. Quan- do tutti furono entrati, il sacrista suonò la campanella, don Cirillino recitò le preghiere di rito e il Priore si apprestava a parlare. Ma ecco che un confratello, noto per la sua tracotanza pari soltanto all’avari- zia: “Egregio Presidente, corre voce che lei non voglia che si rinnovi la sua carica per un altro anno. Mi duole informarla, an- che a nome di altri confratelli, che questa sua inopinata decisione, ci lascia sorpre- si e affranti, convinti come siamo che il suo mandato possa, anzi, debba, ancora ulteriormente protrarsi. Signor Presidente, vuole dunque interrompere la sua benemerita dedizione al Sodalizio e renderci pecorelle smarrite in questa valle di lacrime, vedovate del soccor- so spirituale e soprattutto materiale della sua inesausta bontà? No! Lei non può volere tutto questo!”. Un sordo mormorio di assenso accolse queste parole. Il Priore si alzò lentamente, a fatica: sembrava Cristo davanti a Pilato: “Cari amici, cari confratelli, voi ben sape- te con quanto zelo ho servito in questi anni la Confraternita ma, vedete, ora incom- bono l’età, gli acciacchi, gli impegni del la professione, la famiglia. Consentitemi, vi prego, di rassegnare le mie dimis....”. Il tapino non poté proseguire. Un numero consi- stente di presenti scatenò il pandemonio: le sedie venivano sbattute in terra, manco fos- se il terremoto del mercoledì Santo, ognuno cercava si superare con la sua voce quelle de- gli altri, qualcuno, cavando dalla memoria relitti liceali, tentava di recitare antiche sen- tenze con risultati disastrosi. Un’altra parte dell’assemblea restava si- lenziosa, e visibilmente disgustata. “E se il prossimo Priore ci aumenta la retta annuale, fa riparare la cappella al Cimitero, dispone ulteriori lavori in sagrestia, come potremo sfamare le nostre famiglie!?”. Erano questi i drammatici timori che sconvolgevano i più agitati e li spingevano alla sommossa. Ad un tratto, si distinse chiaramente nella mischia il grido terroriz- zato di un confratello, noto per le sue sim- patie alcoliche: “Per carità, che non venga abolito il beccherotto della notte del Vener- dì Santo! Io voglio il mio beccherotto!”. Altre simili amenità echeggiavano tra le plurisecolari mura della venerabile chiesa del Protomartire. Intanto il Priore giaceva sedu- to con la testa fra le mani, sconsolato e am- mutolito. Don Cirillino mostrava, invece, un sangue freddo che nessuno fino ad allora gli avrebbe mai riconosciuto. Comandò perentoriamente ad Andrè di coprire con un panno la nicchia dei Cristi, perché, dopo quelli del Golgota, non subissero ulteriori strazi. Il sacrista obbedì e da solerte subalterno si sedette davanti ai Misteri, dopo essersi pro- curato nel ripostiglio adiacente un robusto manico di scopa. Il sacerdote, fermo e ritto sull’altare maggiore a guardia del Gesù Mor- to, snocciolava a gran voce tutte le maledi- zioni e gli anatemi contro i sacrileghi che riusciva a cavare dalla memoria. Lo sciagurato che aveva acceso la mic- cia con la faccenda delle dimissioni, vedendo che le sue truppe esitavano, sparò a gran voce il botto finale: “Cari confratelli, il qui presente benemerito Priore ha sostenuto che le motivazioni delle sue dimissioni sono anche di ordine finanziario. Noi le compren- diamo, sappiamo quanto in questi anni ha profuso di tasca propria per il bene del So- dalizio con assoluto disinteresse. Ma com- prendiamo anche che, in vista di una malaugurata successione, dobbiamo assicura- re la continuità della gestione senza gravare assolutamente sui singoli. Ebbene, io propon- go che per far fronte ad eventuali future difficoltà, si pongano in vendita i cinque Mi- steri e si presti il ricavato ad interesse!”. Seguirono alcuni secondi di assoluto silenzio: i più tragici della storia dell’Arciconfraternita. Poi fu l’Apocalisse, sulla quale è bene tacere per amor di decenza. L’esito della pugna fu deciso da coloro che, dopo essersi in un primo tempo astenuti dall’intervenire, scesero in campo inferoci- ti, assalirono gli aspiranti strozzini e, senza tanti complimenti, scacciarono i mercanti dal Tempio. I superstiti, rimasti soli, contemplarono per qualche minuto il disastro, quali novel- li Scipioni sulle rovine di Cartagine. Il Priore abbracciò André, don Cirillino, ebbe la forza di mormorare “Consummatum est”, e si dileguò nel vento. Il sacerdote fu fermato sull’uscio dal sacrista: “Don Carlo, mancano dieci ceri ed un candeliere”. E questo sia suggel ch’ ogn’ omo sganni. [Ho tratto questo raccontino eroicomi- co da un manoscritto di mio nonno Ignazio, più volte Priore di Santo Stefano. L’originale è notevolmente ampliato, in modo da chiarire i punti oscuri. Nomi e cognomi sono stati op- portunamente espunti, tranne quelli del Padre Spirituale e del sagrestano. Onestamente, non saprei dire se il fatto, nella sostanza, sia effetti- vamente accaduto o meno. Propenderei per la prima ipotesi. I. P.] © Riproduzione riservata

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