MOLFETTA - Non solo politica, ma soprattutto diritto internazionale per capire la questione israelo-palestinese, senza cadere in semplici e equivoche dissertazioni. «Riconosciuto dalla comunità internazionale, esclusi i Paesi musulmani, Israele ha il diritto di difendersi da attacchi militari alla sua struttura statale e civile», ha esordito la prof.ssa Eugeria Nalin (nella foto, accanto al presidente del Rotary Club Pietro Facchini), docente di Diritto Internazionale all’Università di Bari, protagonista del dibattito «Il blocco di Gaza secondo il diritto internazionale, tra istanze di protezione della sicurezza pubblica ed esigenze di tutela dei diritti umani», organizzato dal Rotary Club di Molfetta.
(Presunta) legittimità dell’occupazione israeliana. Illegittima la difesa preventiva di Israele, non riconosciuta dalla legislazione internazionale che vieta l’uso della forza, tranne il caso di legittima difesa dopo un attacco già avvenuto. «Sono in discussione le modalità di applicazione del diritto di autodifesa - ha spiegato la prof.ssa Nalin - Israele ha allargato le maglie del diritto internazionale con azioni politico-militari criminose e criminali, che colpiscono la popolazione di Gaza». Un eccesso di difesa contro il terrorismo, in violazione della IV Convenzione di Ginevra del 1949.
Ai Palestinesi l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza riconoscono il diritto di autodeterminazione e d’indipendenza, ma, nonostante le costanti pressioni politiche, i negoziati di oltre 40 anni sono stati fallimentari. Israele ha riconosciuto formalmente il popolo palestinese, ma l’appoggio sornione degli Stati Uniti lo rende invulnerabile.
In realtà, cosa succede? Israele continua a occupare i territori palestinesi senza rispettare il diritto umanitario internazionale, in particolare l’art. 70 del I Protocollo addizionale del 1977, che autorizza azioni umanitarie (come l’invio di vestiario ed altri beni indispensabili alla sopravvivenza) con il consenso delle parti del conflitto e vieta l’espulsione della popolazione, l’insediamento dei coloni e le punizioni collettive.
«A Gaza, invece, sono state requisite le case ai Palestinesi, poi occupate dai coloni israeliani - ha ricordato la prof.ssa Nalin - e la creazione illegittima del muro divisorio ha spezzato le gambe alla popolazione stessa, contrariamente a quanto i Patti dell’ONU del 1966 sanciscono, la tutela della popolazione occupata». La scusa di Israele, la difesa da possibili attacchi terroristici: in realtà, «le restrizioni danneggiano le esportazioni, l’economia, il benessere delle persone, compromettendo il diritto al lavoro, all’istruzione, alla cura, alla cultura, alla vita». Nonostante i pareri contrari della comunità internazionale, Israele non abbatte il muro e fomenta un pericoloso clima di odio, espressosi nella vittoria di Hamas, oggi padrona dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) dopo le elezioni.
«Anche il blocco navale di Gaza, come misura punitiva collettiva, è una grave violazione dei diritti umanitari internazionali - ha ribadito la prof.ssa Nalin - e nemmeno le inchieste politco-militari, condotte con disinteresse e pressapochismo da entrambe le parti, hanno avuto risultati effettivi».
Il blocco navale: 9 morti, feriti e presunte torture. Il 31 maggio 2010 un commando israeliano ha assalito, a 70 miglia dalla costa, la nave turca Mavi Marmara della Freedom Flotilla in rotta verso Gaza. La Flotilla, secondo gli organizzatori, portava aiuti umanitari a Gaza. L’epilogo, nove vittime tra i pacifisti a bordo della nave, feriti da ambo le parti, negati i primi soccorsi, presunte torture.
Nessun precedente come Gaza, entità statale non riconosciuta, dunque non passibile di blocco navale. L’attacco e il dirottamento sono avvenuti a circa 50 miglia dalla linea di blocco, fissata a 20 miglia dalla costa: il limite massimo in cui lo Stato esercita il suo controllo è fissato entro le 12m miglia dal diritto internazionale. Attacco e blocco illeciti.
Nessuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Solo un presidential statement il giorno successivo: cordoglio per le vittime e condanna degli atti di violenza. Chiesto anche l’immediato rilascio delle navi e dei civili a bordo delle stesse, altre alla richiesta di istituire una presunta commissione d’inchiesta internazionale.
Ambigua anche la posizione della Nato, il cui intervento poteva essere giustificato ai sensi dell’art. 6 del Trattato dell’Atlantico del Nord, secondo cui un attacco contro una nave o aeromobile in alto mare di un paese membro costituisce un attacco armato. Condanna dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite con una risoluzione che ha ottenuto 32 voti favorevoli, 3 contrari (Italia, Paesi Bassi e Usa) e nove astensioni, tra cui quelle di Belgio, Francia, Regno Unito e Slovacchia.
Avviate una serie d’inchieste, ma solo il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha condannato l’azione militare israeliana. «Se il veto della potenza statunitense blocca l’applicazione delle sanzioni a Israele, la pressione pubblica internazionale ha favorito l’allentamento del blocco su Gaza - la chiosa della prof.ssa Nalin - maggiori richiami all’ordine per stroncare la catena di odio e terrorismo».
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