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Riforma Gelmini, l'Azione Cattolica ne parla a Ruvo Conferenza venerdì prossimo su "Come ridare centralità alla scuola". Le considerazioni di Sparapano
22 ottobre 2008

MOLFETTA - Una serata per discutere della riforma scolastica: “Ridare centralità alla scuola” è il tema e l'ideale missione della conferenza indetta dall' Azione Cattolica Venerdì 24 ottobre alle ore 19,30 all' Auditorium “mons. F. Lorusso” (presso parrocchia S.Domenico) via Valle Noè a Ruvo. La serata è rivolta agli Operatori scolastici e, principalmente, ai Genitori, primi responsabili della formazione dei figli. Introdurrà il Prof. Michele Pappagallo, presidente diocesano AC, a seguire relazione della Prof.ssa Mirella Arcamone, presidente nazionale MIEAC (Movimento di Impegno Educativo di Azione Cattolica). Di seguito, le considerazioni di Luigi Sparapano, vicedirettore di “Luce e Vita” e già presidente diocesano di Azione Cattolica. “Sono tempi difficili questi per tutti noi, docenti e famiglie, corresponsabili nell'educazione e nella formazone delle nuove generazioni. Tempi difficili perchè si apre davanti a noi uno scenario che mai si sarebbe potuto immaginare, da qualsiasi parte politica provenisse. Siamo di fronte ad un cambiamento radicale del sistema scolastico che certo non può dirsi inaudito dal momento che ricalca modelli superati da decenni, ma soprattutto che non offre una visione complessiva e un orizzonte culturale, un benchè "minimo progetto di uomo e di società" che giustifichi i provvedimenti intrapresi dal Governo. Per sgombrare il campo da ogni possibile strumentalizzazione politicainviterei a non classificare a destra o sinistra quanto si afferma, non è possibile avere una visione sempre bipolare delle cose; almeno noi genitori ed insegnanti lasciamo da parte le appartenenze politiche per entrare nel metodo e nel merito di un provvedimento fondamentale per il futuro nostro e dei nostri figli. Almeno discutiamone, confrontiamoci, senza rassegnarci ad un passivo atteggiamento del "così è se vi pare". Se poi qualcuno vuole collocare a tutti i costi, lo faccia pure, ma non è questo il caso. Parlando del metodo della riforma. Un decreto, intuito ma giunto quasi improvviso, mirato a ridurre drasticamente la spesa per la scuola, determinato unicamente da calcoli finanziari, senza un benchè minimo dibattito parlamentare, senza il coinvolgimento di coloro che sono i destinatari di tale provvedimento, cioè gli operatori scolastici e le famiglie, senza una plausibile e fondata motivazione che non sia economica, anzi che brucia in pochi e scarni articoli decenni di studi, di elaborazione e di sperimentazione pedagogica e didattica. Un decreto d'urgenza, quasi fosse la scuola la causa della crisi economica. E quando c'è da tagliare si sa, è il sociale a farne le spese: sanità, istruzione, sostegno alla famiglia. I disastri causati invece dalle grandi aziende e dalle banche quelli bisogna sanarli, con i nostri soldi. Ma la scuola no, lì si può tagliare, lì si deve tagliare e subito, bypassanndo un dibattito che richiede tempi adeguati e coinvolgimenti generali, visto che non si parla di una infrastruttura, ma di persone. Se aggiungiamo il fatto che ad ogni cambio di governo la scuola deve quasi riposizionarsi, rimettere in discussione i percorsi avviati, con tanto di spese già sostenute, senza avere un quadro complessivo e lungimirante, che dia serenità e certezza in chi opera e in chi usufruisce di un servizio così delicato, allora comprendiamo come in Italia la scuola sia in una crisi profonda che non ha bisogno di indicatori economici, se pur legittimi, come criteri primi, ma di una visione condivisa dell'idea di persona e di società che vogliamo. Parlando del merito, gli sconvolgimenti più drastici riguardano il primo ciclo della scuola italiana che, a detta degli osservatori internazionali, è il più valido e all'avanguardia. E sono vari gli aspetti che si intrecciano. Ci sono motivazioni che riguardano la complessità del sapere, ben diverso rispetto agli anni della nostra scuola elementare, che non possono essere semplificati e ridotti ad uno sguardo unico quale può essere quello di un solo insegnante, per quanto bravo possa essere. Il bambino che oggi arriva a scuola con un background di conoscenze e di abilità ha bisogno di ritrovare una unità del sapere,non una riduzione; e questo è quello che si può fare con una sinergia di insegnanti che riescono a programmare e a condividere (anche se a fatica) il percorso formativo, rispetto all'insegnamento di un unico docente "tuttologo" che, salvo casi eccezionali, difficilmente potrà essere esperto in ogni ambito e capace di utilizzare una pluralità di linguaggi comunicativi. Se si aggiunge la riduzione del tempo scuola e l'aumento degli alunni per classe, allora tutto diventa irreale e ancor più irreale sarà la cura di un insegnamento personalizzato, attento soprattutto a quanti partono da livelli di svantaggio socio culturale. C'è poi un aspetto di tipo relazionale, nella formazione del bambino,che richiede una pluralità di approcci già dall'ambito familiare (papà e mamma); per cui una pluralità di insegnanti, oltre che garantire una ricchezza di conoscenze e di competenze, significa anche garantire una diversità di relazioni e di approccio emotivo che può colmare e riequilibrare eventuali vuoti. "Una scuola nella quale si riducono contitolarità, collegialità, corresponsabilità nella progettazione, nelle attività didattiche, nella valutazione degli apprendimenti e nel recupero del gap maturato, difficilmente sarà rispettosa dei tempi e delle possibilità di ciascuno, quasi necessariamente lascerà alcuni indietro, abbasserà per loro gli obiettivi (bambini stranieri, in handicap, socialmente e culturalmente svantaggiati)" (documento MIEAC). Aquesto punto potremmo parlare di aspetti sindacali e occupazionali, ripulendo il discorso da generiche e screditanti sugli insegnanti che "avrebbero scelto la scuola perchè sempre meglio che lavorare". Ma questo è un altro grosso capitolo. Per queste ragioni, brevemente esposte e per niente esaustive, che vogliamo trovare spazi di discussione senza precomprensioni e senza una insipida neutralità di posizioni. L'Azione Cattolica diocesana, associazione di laici che ha come finalità prioritaria la formazione delle coscienze secondo una visione cristiana della società,promuove la serata del 24 ottobre, rivolta essenzialmente ai Genitori, quali primi responsabili della formazione dei figli”.
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