Referendum Costituzionale stravince il No. Batosta per il Pd. Le conseguenze politiche a Molfetta
Un vero e proprio ciclone che cancella la riforma costituzionale Boschi- Verdini e ridimensiona le ambizioni politiche del Presidente del Consiglio (ora dimissionario) Matteo Renzi. È il voto referendario che si è svolto il 4 dicembre e che ha visto la partecipazione del 65,5% degli italiani che dopo aver disertato negli ultimi anni le urne, sono tornati a esprimersi con la massima chiarezza. Il coro di NO che ha seppellito la riforma costituzionale su cui tanto aveva puntato Renzi (via al bicameralismo paritario, Senato ridimensionato numericamente e nelle funzioni e composto solo da sindaci e consiglieri regionali) ha chiuso una campagna elettorale rabbiosa e scomposta che ha avvelenato e diviso il paese già provato da una lunghissima crisi economica e da una disoccupazione giovanile da record. Ma allo stesso tempo apre immediatamente nuovi turbolenti scenari. I RISULTATI UFFICIALI I dati definitivi sono chiari: i NO hanno raggiunto quota 59,11% mentre i SI si attestano attorno al 40,89%. Si tratta di una sconfitta durissima per Matteo Renzi che aveva tanto investito nella riuscita della Riforma promossa dal suo governo nel 2014 e che a più riprese aveva annunciato il ritiro dalla vita politica in caso di sconfitta. Una eventualità che a quanto pare non si verificherà: l’ex sindaco di Firenze continuerà a battagliare nell’agone politico ma intanto la vittoria del NO gli è costata cara: la poltrona di Primo Ministro. Subito dopo il voto Renzi ha infatti annunciato in una conferenza stampa a Palazzo Chigi le dimissioni: “questa riforma è stata quella che abbiamo portato al voto, non siamo stati convincenti, mi dispiace, ma andiamo via senza rimorsi. Come era chiaro sin dall’inizio l’esperienza del mio governo finisce qui”. L’affluenza è stata del 65,47 per cento, pari a quasi 33 milioni e 244 mila elettori. In totale i No sono stati oltre 19 milioni 419mila, mentre i Sì sono stati circa 13 milioni 432mila: lo scarto è stato di quasi sei milioni di voti. Il No ha vinto in quasi tutte le regioni italiane, con l’eccezione di Emilia-Romagna, dove il Sì ha preso il 50,39 per cento, Toscana, dove ha preso il 52,51 per cento, e Trentino Alto Adige, dove ha preso il 53,87 per cento. La regione in cui il No ha ottenuto più voti, in percentuale, è stata la Sardegna, con il 72,22 per cento, seguita dalla Sicilia con il 71,58 per cento, e dalla Campania con il 68,52 per cento. GIOVANI E MERIDIONALI: UN NO FORTE E CHIARO Secondo l’Istituto IPR Marketing il No avrebbe incassato al Sud e alle Isole la percen-tuale monster del 77%. Un vero e proprio plebiscito (contro il 55% del Nord Ovest e il 57% del Nord Est) che tradisce la portata politica del voto ed è sintomo del profondissimo disagio di un’area geografica flagellata da una crisi economica che pare non avere fine e che sembra aver risucchiato il futuro di intere giovani generazioni impossibilitate a trovare un proprio posto nel mercato del lavoro e a mettere su famiglia. Proprio i giovani avrebbero giocato un ruolo chiave votando in massa contro la Riforma e manifestando così soprattutto la propria bocciatura nei confronti del governo Renzi accusato di non essere intervenuto in modo convincente per rimettere in moto l’economia. I giovani che secondo gli ultimi dati Censis continuano a vivere in casa con i genitori e si accontentano di lavori poco qualificati, mal pagati, privi di tutele hanno presentato il conto al governo. E questo il voto lo mostra chiaramente: nelle province dove la disoccupazione è più alta il NO ha incassato percentuali bulgare, come a Caltanissetta dove il No si è imposto col 72 % dei consensi. Secondo l’Istituto Cattaneo all’esercito dei giovani disoccupati meridionali si sarebbe aggregato quello dei disoccupati over 35 e dei meno abbienti e cioè di chi ha un lavoro ma fatica ad arrivare alla fine del mese. IL VOTO IN PUGLIA LE AMBIZIONI DI EMILIANO In Puglia come nel resto del Meridione il NO ha fatto il pieno di voti attestandosi sul 67,16% (oltre 2 milioni di votanti). A Bari il NO ha incassato il 68%, a Lecce il 65, a Brindisi il 69,5. A Taranto dove i futuri incerti dell’Ilva e l’emergenza ambientale causata da queste hanno aperto scenari foschissimi sul futuro della città il No si è imposto col 70%. Stesso risultato nelle periferie di Bari dove rabbia e scontento per miseria e degrado hanno travolto le ambizioni renziane. Nel quartiere San Paolo il NO ha vinto con l’80% e con percentuali simili ha dilagato anche a Loseto, Libertà e Enziteto. Inutile l’impegno del sindaco Antonio Decaro sostenitore dalla prima ora del Sì. Il voto avrà di certo un impatto anche sui futuri equilibri politici regionali e nazionali. Il governatore della Puglia Michele Emiliano ha sostenuto con energia il NO e adesso secondo molto osservatori punterebbe dritto alla segreteria nazionale del partito. Il “gladiatore” al momento nega ambizioni politiche nazionali, giura di voler continuare a lavorare per la Puglia ma intanto non riserva bordate al suo collega di partito Matteo Renzi col quale i rapporti sono ormai ai minimi da diversi anni. Dopo aver rivendicato parte del merito della vittoria del No, Emiliano ha invitato Renzi a una severa autocritica, ne ha stroncato la relazione letta nella Direzione post elezioni del partito e ne ha chiesto le dimissioni dalla segreteria del partito. Al quotidiano “La Repubblica” ha affermato di pensare a una sua leadership nazionale tra non meno di 4 anni, ma i tempi appaiono davvero incerti e un impegno diretto dell’ex sindaco di Bari sarebbe da non escludere. IL VOTO A MOLFETTA A Molfetta hanno votato il 56,69% degli aventi diritto. Un risultato molto importante per una città dove il numero dei votanti è quasi sempre al di sotto della media regionale e nazionale (è notevole il numero dei residenti impegnati per lavoro al Nord o all’estero). Anche in città il NO ha dilagato: 62,44% contro il 37,56% del SI. Oltre 20 punti di distacco. In termini di voti abbiamo 17.273 NO e 10.389 SI su 27.855 votanti su 49.131 elettori (56,69%). Schede bianche 37, nulle 156. In città la campagna elettorale è stata assai cauta, regalando pochissimi guizzi. A schierarsi apertamente per il SI solo pochi settori del Pd (il neo segretario Antonio Di Gioia, l’area degli ex Dc di Annalisa Altomare e i Gd) mentre la maggioranza del partito si è trincerata dietro uno spesso silenzio. Di certo ha pesato non poco la mossa di Emiliano che deve aver consigliato a molti una tattica prudente al fine di evitare sconvenienti lotte intestine. In città dunque molto silenzio e poche iniziative. È dunque difficile interpretare quali esiti potrà avere il Referendum in città e se ne avrà. Di certo la scadenza di questo impegno elettorale apre di fatto la campagna elettorale per le comunali della prossima primavera: a breve i candidati dei vari schieramenti scioglieranno le riserve e ufficializzeranno il loro impegno. Ma soprattutto indica un fattore politico da non sottovalutare: il profondissimo malcontento del paese può avere sbocchi dirompenti e imprevedibili. Il voto del 4 dicembre potrebbe mettere le ali al Movimento Cinque Stelle, che a Molfetta è indicato dai più come fragile e diviso ma che potrebbe godere del clima politico favorevole e ottenere risultati inaspettati.
Autore: Onofrio Bellifemine