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Ragioni dell’Olocausto e numerosi perché
15 febbraio 2017

La confederazione cittadina delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma ha celebrato la ricorrenza del Giorno della Memoria per commemorare le vittime dell’Olocausto e per ricordare la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuta nel 1945. Nella sede associativa e storica, in via di ammodernamento, di Corso Dante 92, si è tenuto un convegno-dibattito con il patrocinio della Regione Puglia dal titolo: Le ragioni dell’Olocausto… i suoi numerosi “Perchè”. La platea, composta sia da membri dell’associazione nazionale combattenti e reduci, che da parenti prossimi dei caduti che da alcuni civili, è stata catturata dall’introduzione del presidente dell’associazione Nico Bufi e dall’excursus storico intessuto dal dott. Michele Spadavecchia, ricercatore dell’Associazione Eredi della Storia. Attraverso la proiezione di alcune diapositive e da uno spezzone del film “Cospirancy”, il ricercatore ha portato l’uditorio alla riflessione sulle radici intrinseche e folli del movimento nazionalsocialista ma, in generale, di ogni movimento razzista. “La memoria non può essere messa in secondo piano in quanto costituisce una forma di giustizia per coloro che hanno subito danni di qualsiasi tipo”, ci dice, puntando in primo luogo sull’errore usuale di chi usa il termine “olocausto”. La parola presa in considerazione, deriva dal greco ed indica un sacrificio, di solito compiuto per omaggiare gli dei, utilizzata in maniera impropria. Il popolo ebraico suggerisce il termine “shoah” per indicare ciò che è realmente avvenuto: una distruzione. Perché dovrebbe interessarci? Perché potrebbe succedere anche a noi! Ogni forma di intolleranza verso il “diverso”, può evolversi in insani movimenti di distruzione. Partendo dal pensiero di intellettuali illuministi come Voltaire, Montesquieu e de Gobineau possiamo comprendere quanto già nella cosiddetta “epoca dei lumi”, rinomata per la sua apertura ideologica, tutto ciò che non era “bianco” veniva visto in maniera dispregiativa. Ogni ramo della cultura: dalla genetica, alla veterinaria e all’arte, venne utilizzato per giustificare una presunta “razza ariana” che aveva il compito e l’onere di dominare sulle altre. In poco tempo il popolo ebreo rinomato per la sua capacità amministrativa e la sua ricchezza, fonti di invidia per la popolazione tedesca, venne ricoperto di calunnie e ostracizzato in un primo momento nei ghetti cittadini ed in un secondo momento nei campi di lavoro forzato. La volontà di sterminio fu celata, in primis, dietro manovre che stimolavano l’emigrazione, e in secundis dietro manovre di vera e propria ghettizzazione e razzismo e infine istituzionalizzata da vere e proprie leggi di disumanizzazione degli ebrei, mercificati come meri oggetti inutili. Anche se alcuni ebrei, lungimiranti, decisero di allontanarsi dalla Germania prima che la situazione si aggravasse, hanno subito la stessa fine di qualsiasi ebreo rinchiuso nei campi di lavoro forzato, poiché le nazioni ospitanti europee verranno tutte conquistate dall’avanzata di Adolf Hitler. Hitler, un uomo che, per quanto carismatico e folle, non agì da solo, ma fu appoggiato da un entourage di intellettuali e politici che ha contribuito a fomentare gli ideali insani di distruzione del popolo ebraico. Per avere basi solide, questo corpo politico operò una vera e propria campagna di “disinformazione” sulla popolazione tedesca, attuata attraverso il giornale “Streicher” scritto e sponsorizzato da Ernst Bergmann. Popolo, per la maggior parte analfabetizzato, che fu tempestato da nozioni, riguardanti la superiorità della razza ariana e lo sterminio ebraico dall’unico giornale, ovviamente nazionalsocialista, affisso nelle bacheche di tutte le città facenti parte la Germania. Sicuramente questa campagna di informazione non ha aiutato il singolo a sviluppare una coscienza critica che ogni individuo dovrebbe avere, cercando sempre di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Che utilità ha il “giorno della memoria”? Per la cittadina pugliese è stato utilizzato per ricordare i nomi dei 21 caduti molfettesi nei campi di concentramento tedeschi e le vittime della rappresaglia tedesca. Soldati semplici, civili, fuochisti e caporali maggiori che hanno perso la vita, avendo servito una patria che ha scelto di stare dalla parte dei carnefici, assumendone a sua volta il ruolo. Ma prima di essere membri dell’esercito italiano erano uomini, giovani, che non hanno mai conosciuto i loro figli, a cui è stata strappata l’età migliore della vita. Con le lacrime agli occhi offre a “Quindici” la sua testimonianza Vincenza De Cesare, figlia di Giovanni De Cesare, morto nel campo di concentramento di Edmen in Germania. «Non ho mai conosciuto mio padre, mi ha sempre vietato di chiamarlo “papà” ma sono legata a lui da un legame indissolubile, resistente al tempo e alla guerra». In conclusione dobbiamo essere fermamente convinti che l’utilità della storia è rendere noti gli errori che non devono essere più commessi. Tutti gli uomini sono uguali, che siano ebrei o musulmani, che siano bianchi o di colore, che siano di destra o di sinistra o che siano gay o eterosessuali e devono essere rispettati nella loro “diversità” che è fonte di arricchimento e tratto caratterizzante.

Autore: Marina Francesca Altomare
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