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Questa mattina al Museo archeologico di Molfetta spettacolo teatrale “Il sogno di Gea” del Carro dei Comici
13 novembre 2016

MOLFETTA – Va in scena oggi alle ore 11.30 nel Museo Civico Archeologico sito nelle vicinanze del Pulo di Molfetta lo spettacolo teatrale : “Il sogno di Gea” scritto e diretto dal regista Francesco Tammacco della compagnia  “Il carro dei comici”, con Claudia Castriotta, Claudia Gadaleta, Marco Sallustio, Gemma Amato, Arianna Orvieto, Carlo Salvemini, AnnaPaola Ragno, Giovanna Guarino, Claudia Buono, Martina Ciannamea, Valentina de Candia, Pierluigi de Palma, Domenico Esposito, Anna Ely Nappi, Nicole Turtur, Giorgia Spadavecchia, Andrea De Candia.

Note di regia suggerite dalla recensione di Giacomo Pisani, redattore di “Quindici”:

Riscoprirsi nel ventre della Grande Madre, trascinati da suggestioni intricate, mai risolte, suscita quelle emozioni ancestrali, spontanee, che sciolgono l’uomo da ogni vincolo, da ogni mediazione. Il cerchio universale, in cui si racchiude il mistero generativo della vita, si lascia svelare dalla danza creatrice della donna. Creatrice di sogni, di passioni, di pulsioni autentiche, che immettono l’uomo direttamente nel ritmo della natura.
La donna, così, porta l’individuo a ripercorrere la via del sentimento, cammino strano, sciolto dall’ansia stringente dei motivi quotidiani, sempre uguali, sempre finiti. Nell’amore l’uomo si apre all’infinito, intravede il proprio oggetto vivendolo in sé stesso, riscoprendo la danza del proprio universo interiore. E’ così che la natura rivela il proprio mistero, cullata dal chiarore primordiale della luna.
E’ lì la chiave, tutto è al centro della Grande Madre, sotto l’immensità inesplorabile del cielo, racchiuso nello sguardo della donna, nel mistero insondabile del suo ventre. Tutto è lì, l’infinità vissuta dei sentimenti, oggettivata nel principio della vita. La luna, stimolatrice di riscoperte riflessioni, approssimate alla misteriosa fonte creatrice dei sentimenti, della vita, dei sogni, ispira il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, nelle parole degli attori: “Ove tende questo vagar mio breve, il tuo corso immortale?”: così, ripercorrendo riti culturali, scene di caccia e di sacrificio che hanno animato la vita primitiva, lo spettatore rivive i simboli che hanno espresso il legame immanente dell’uomo con la natura.
Ma il segreto eterno, che racchiude il senso del nostro vagare, del nostro approssimarci alla bellezza in sé, al sentimento disinteressato, attraverso la soggettività mai finita della donna, è ormai stato violentato. Quella bellezza, motore dell’universo sognante dell’uomo, è stata ricoperta da distese di palazzi, macchine, fonti di immediato appagamento materiale. Tutto è qui, tutto nel mondo finito.
Non c’è più niente sopra il cielo, a reggere la luce delle stelle, della luna. Persino il mistero della donna si perde nella corsa spietata allo sfruttamento, all’appagamento carnale. “E’ tempo”, è tempo di risalire nell’unico mondo ammissibile, l’unico che non promette vie di fuga.  

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Gea - L'antichissima madre Terra, all'origine del mondo. Come è nato il mondo? Secondo il mito greco alla sua origine sta Gea, la Terra, madre di tutte le altre divinità simboleggianti gli elementi naturali, ma anche delle divinità più famose e dei mostri più spaventosi. Spesso in rapporto conflittuale con il suo sposo Urano (il Cielo), Gea è la dea delle antiche società agricole del Mediterraneo. In tutte le civiltà umane, di ogni paese e di ogni epoca, uno dei miti più importanti è quello che riguarda la nascita del mondo (cosmogonia). Questo mito si può presentare in due versioni diverse: un essere supremo e onnipotente crea il mondo, oppure alcune parti del mondo stesso, sotto l'aspetto di divinità antichissime, danno vita a tutte le creature, compresi gli altri dei. Questa seconda concezione è la più diffusa: in genere alla dea che rappresenta la Terra si unisce il dio che rappresenta il Cielo, per generare gli altri elementi della natura e tutti gli esseri viventi. Così avviene anche nel mito greco. Gea (in greco ionico Gaia) rappresenta infatti la Terra, la materia originaria da cui prendono vita tutte le cose. Esiodo, uno dei primi poeti greci di cui abbiamo notizia, autore di una Teogonia ("storia della generazione degli dei"), afferma che prima di Gea esisteva solo il Caos, una voragine simboleggiante l'indistinta e oscura confusione del tutto. Gea è dunque la prima dea del mondo greco (e poi romano): è il simbolo dell'importanza della terra nelle civiltà agricole antiche, ma anche del ruolo della donna nel procreare e allevare i figli. In un antico inno greco ? A Gea, madre di tutti i viventi ? la dea è invocata così: "Gea io canterò, la madre universale, antichissima, che nutre tutti gli esseri, quanti vivono sulla terra; quanti camminano, quanti sono nel mare e quanti volano, tutti si nutrono dell'abbondanza che tu concedi. Grazie a te gli uomini sono fecondi di figli e ricchi di messi". Il culto di Gea, sicuramente molto diffuso in età più antica, perse via via importanza perché la madre Terra appariva un essere troppo generico e senza una personalità ben definita rispetto alle altre divinità più giovani e specializzate in una determinata funzione. Il filosofo greco Platone, all'inizio del 4° secolo a.C. considerò il culto di Gea addirittura "tipico dei Barbari". Come dea originaria Gea era considerata madre di moltissime divinità, di esseri che rappresentano simbolicamente gli elementi naturali, ma anche di entità mostruose. Lo stesso suo sposo, Urano (il Cielo), era stato da lei generato senza unirsi ad alcun essere maschile, e così anche le Montagne e il Ponto (il Mare). Ma è dall'unione con Urano che Gea dà vita alla maggior parte degli elementi cosmici e antichissimi del mito greco. Innanzi tutto i sei Titani: Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto, Crono; poi le sei Titanidi: Teia, Rea, Temi, Mnemosine, Febe, Teti. Dalle unioni fra Titani e Titanidi nasceranno gli dei dell'Olimpo (da Crono e Rea) e gli elementi naturali (acquatici da Oceano e Teti, celesti da Iperione e Teia). Ancora unendosi a Urano Gea genera i Ciclopi, esseri giganteschi con un solo occhio sulla fronte, e gli Ecatonchiri, mostruose creature con cento braccia. Urano, avendo in odio questi suoi figli spaventosi, li rinchiude in un luogo infernale al centro della terra, il Tartaro. Crono, però, l'ultimogenito fra i Titani, riesce a liberarli evirando il padre Urano e prendendo il suo posto come dominatore di questa antica generazione divina. Dal sangue dei genitali di Urano, caduti su Gea, nacquero ancora esseri mostruosi: le Erinni, che rappresentano simbolicamente le paure e i rimorsi degli uomini, e i Giganti. Anche Crono, tuttavia, volle proteggersi rinchiudendo nel Tartaro i suoi fratelli e divorando tutti i figli che via via aveva da Rea. Ma questa, ricorrendo all'aiuto di Gea, riuscì a sottrarre a Crono il suo ultimogenito, Zeus (Giove), che una volta cresciuto spodesterà il padre e instaurerà un nuovo ordine divino e umano. (Enciclopedia dei ragazzi - TRECCANI)
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