Qualche riflessione sul referendum: c'è chi dice NO
“les jeux sont faits!”: ecco quello che declama il croupier del banco di roulette, quando tutti i giocatori hanno puntato sui numeri e quindi può lanciare la pallina che farà, secondo la sorte, vincere chi ha puntato giusto e perdere gli altri; salvo ovviamente …azioni fraudolente del croupier medesimo.
Uso quest’«immagine» per introdurre le mie piccole osservazioni sul complesso dell’iter di questa consultazione ed anche del valore che si è voluto assegnare, al di fuori del mero quesito referendario nel contesto degli eventi della Repubblica, ad un esercizio di democrazia quale è il referendum. E’ noto che nei referenda, quelli a carattere abrogativo – il caso di quello di cui si parla – il famoso quorum deve essere raggiunto: il 50% + uno degli aventi diritto al voto. E’ altresì noto che, al contrario delle elezioni politiche e/o amministrative, la Costituzione prevede anche l’«istituto» dell’astensione dall’esprimere il voto, senza che tale scelta possa essere definita anti-sociale o di cattiva educazione civile.
Adesso che il referendum (abrogativo) del 17 aprile si è celebrato, i risultati sono stati consolidati: il Sì (sinteticamente riferito all’abrogazione della norma che autorizza lo sfruttamento dei giacimenti in mare, entro le 12 miglia nautiche dalla costa, anche dopo la naturale scadenza e fino all’esaurimento del giacimento, previo rinnovo della concessione) ha riportato una netta affermazione: 85,8% dei votanti, sul No che si è attestato intorno 14,2 % . Ma: c’è un ma; la grande affermazione dei Sì, non avrà alcun effetto pratico, perché la percentuale dei votanti non è arrivata neanche al 40% degli aventi diritto: hanno votato in tutto circa 16 milioni di aventi diritto; mentre circa 35 milioni di Italiani non hanno voluto/potuto esprimersi. Il referendum non è valido!
Non desidero analizzare – non ne avrei la capacità – le ragioni dei risultati; desidero solo fare alcune considerazioni: eccole.
Alla vigilia dell’evento si sono scatenate diverse fazioni: coloro che con onestà di intenti chiedevano l’abrogazione della norma; erano quasi tutte le organizzazioni ecologiste. Esse vedevano, nella prosecuzione dell’estrazione di idrocarburi in mare, un serio pericolo di grave inquinamento: paventavano conseguenze disastrose simili o peggiori di quelle patite dalle coste meridionali degli Stati Uniti, quando una piattaforma petrolifera esplose e riversò in mare enormi quantità di greggio, con danni umani e materiali rilevantissimi anche per l’eco-sistema marino. Le Associazioni ecologiste che auspicano un Mondo senza (ovvero con limitatissimo uso di) combustibili fossili.
Altri erano contrari (a prescindere), quindi optavano per il Sì e per il risultato, per ragioni diverse, più …complicate: considerando di base l’Esecutivo in carica, come un Governo un po’ troppo sbilanciato verso valori diversi da quelli classici della Sinistra ovvero avversano il Governo medesimo. Questi auspicavano la vittoria del Sì, nel referendum, quale mezzo di potente pressione verso l’Esecutivo; al limite anche per far cadere il Governo in carica che, secondo il loro sentire, conduce la Nazione ad un disastro epocale, con conseguenze catastrofiche. Sono le Opposizioni, sia esterne alla Maggioranza (i Partiti classici d’opposizione: la Destra politica, la Sinistra estrema ed il Movimento 5S) sia interne alla Maggioranza (le ali estreme che considerano l’Esecutivo come abusivo ed il premier, come un alieno, con troppi poteri!). Non si capisce, in costoro, dove finisca l’astio a prescindere – per l’Esecutivo e dove incominci la vera avversione per lo sfruttamento dei giacimenti domestici.
Altri ancora, con motivazioni non chiarissime, auspicavano la prevalenza dei Sì!
Infine, persino il Governo, per voce di alcuni componenti, ci ha messo del suo per ingarbugliare ancor più l’argomento che, comunque la si veda la faccenda, era molto confuso e trasversale. Molto poco sentito quindi dal Cittadino …comune!
Non ho votato! Non per sola scelta astensionista: se avessi votato, avrei votato No!. E vorrei, di seguito, motivare questa mia opzione.
Le ragioni degli Ecologisti sono sacrosante, condivisibilissime!
Il Pianeta sta soffocando; le Stagioni sono stravolte; le famose mezze stagioni – quei periodi dell’anno che imponevano, molto banalmente un cambio di abbigliamento e di abitudini civili prudenti – non esistono praticamente più, almeno alle nostre latitudini: si passa, dall’oggi al domani, dal freddo al caldo e viceversa, con conseguenze serie anche sullo stato di salute fisica. Gli scarichi industriali, della motorizzazione e domestici, stanno – a detta degli esperti – pesantemente condizionando l’atmosfera ed i suoi fenomeni. Si auspica sempre più potentemente una svolta verso un minor consumo di energia fossile, in favore di energia pulita e rinnovabile. Tutto vero e sacrosanto.
Ma come si può pensare che eliminando l’estrazione dai giacimenti marini nazionali dello 0,9% del fabbisogno di petrolio e del 2,2% di gas, si possa avere quell’auspicato cambio di tendenza? Allo stato attuale della ricerca, della tecnologia disponibile (anche e soprattutto a livello di utilizzazione finale della risorsa) si renderebbe necessario acquisire da altre fonti l’equivalente di energia da gas e petrolio che mancherebbe.
Un esempio molto spicciolo di quanto affermato prima, potrebbe essere portato dall’inquinamento da auto-trazione. Il parco veicoli a motore circolante in Italia è fra i più vetusti d’Europa. I controlli volti alla limitazione delle emissioni, per quanto assidui, diventano impotenti, appunto a causa dello sbilanciamento importante verso mezzi relativamente vetusti ed inquinanti. Si può, nelle attuali condizioni sociali ed economiche vigenti, pensare ad un “campagna” significativa di svecchiamento del parco veicolare, in favore di veicoli a basso impatto ambientale? L’economia della popolazione, può – allo stato – consentire a chi possiede ancora (per necessità???) un veicolo inquinante, di sostituirlo con uno più moderno? Si può pensare di limitare e come farlo, il fiume ininterrotto di veicoli industriali che si muovono a frotte, dal nord al sud della Penisola? Si è parlato delle “autostrade del mare”: un sistema di navi che collegando i porti del nord con quelli del sud Italia trasferisse le merci che sono spostate da migliaia di autocarri ogni giorno, la maggior parte dei quali inquinantissimi! Per non parlare poi dei famosi veicoli (esistenti, ma carissimi!) ad impatto quasi zero: i veicoli così detti ibridi, per l’acquisto dei quali, anche con dovute agevolazioni, si devono spendere ancora cifre rilevantissime ed alla portata solo di pochissime tasche! Abbiamo un’economia che ci permetta di trasformare (in tempi e con costi abbordabili) l’attuale assetto delle utenze domestiche, per adeguarle a forme di energia più …pulita? Per anni moltissime famiglie hanno limitato l’uso della caldaia domestica, adibita al riscaldamento casalingo, con il ritorno ai caminetti (la legna costa meno?). Salvo poi scoprire che i fumi di questi ultimi sono molto più deleteri delle emissioni dei bruciatori di gas e/o combustibile liquido.
In estrema sintesi, per chi vede un futuro confuso e caotico, senza alcun intervento sulle emissioni diventa vitale il cambio di tendenza. Tutti dovremmo allora fare nostro questo imperativo. Ma che cosa si fa, a livello di Istituzione e di costi economici per incentivare il grande cambio di passo?
Questo forse, secondo il mio modestissimo sentire, sarebbe un argomento di condivisione e di moderna intenzione per il cambiamento. Si tratta tuttavia di scardinare radicalmente anche un Sistema consolidato potentemente a tutti i livelli: le lobbies. Abbiamo davvero, allora le risorse – tutte - per farlo? Chi ha tifato per questa o quella opzione, chi ha organizzato la consultazione referendaria, si sarà certamente posto questi problemi? Chissà!
Per la parte (politica e sociale) che ha inteso, con questo, mirare ad obiettivi diversi da quelli fin qui dedicati al contenuto referendario, ebbene conviene mettere un pietoso velo su queste mire, divisive e inconcludenti.
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Autore: Tommaso Gaudio