Puglia d'arte e di artisti
L’ultima decade di agosto ha veduto germogliare presso la Sala dei Templari anche un altro interessante vernissage, ideato, curato e diretto da Daniela Calfapietro, con i testi critici di Marco Caccavo. All’iniziativa ha collaborato anche “La voce di Sant’Andrea”. L’allestimento, “Puglia d’Arte e di Artisti. L’arte contemporanea in Puglia: tra multimedialità e tradizione”, ha riscosso notevoli apprezzamenti ed è stato anche oggetto di un bel servizio di Enzo Quarto nel corso del TG regionale di RAI TRE. Un pregio fondamentale del vernissage è il sincretismo tra le arti, che sposa il figurativo nel solco della tradizione alle video performance e valorizza anche la poesia (è il caso dei testi tratti dal bellissimo Oltre l’ultima boa di Loredana Pietrafesa) e, in generale, la scrittura al femminile. Nel corso delle giornate della manifestazione, infatti, alcune autrici hanno presentato “con performance audiovisive” i loro scritti; si tratta di Ilaria Palomba, Mariella Soldo e Lucia Sallustio (col suo struggente La fidanzata di Joe). Barbara De Palma, attrice del “Teatro Osservatorio” e poetessa, con le sue notevoli qualità di performer ha incarnato emozioni e parole “delle poetesse e scrittrici”, attraverso la lettura dei loro testi. La mostra si è arricchita di creazioni accattivanti, quali i bellissimi gioielli di MissMayd Jewel Factory di Mari Diolini, o delle luminose ed esuberanti lavorazioni artistiche del vetro di Maria Santa Colamonaco, creatrice di Artiffany e capace di coniugare manualità e spiritualità, per non tralasciare poi le opere in cartapesta di Gianfranca Catacchio, anch’esse foriere di magmatica energia. Un ruolo non secondario è rivestito dalla fotografia: Vanna la Martire opta per scorci suggestivi, nei quali, di volta in volta, la natura o le architetture, quasi fossero quinte teatrali, accompagnano dolcemente lo sguardo alla scoperta degli orizzonti; un senso di epifania (che si coniuga bene con gli adiacenti versi della Pietrafesa, dedicati all’apparire della luna) caratterizza anche la Napoli di Luisella Gandini, che si offre come la sirena Partenope con promesse e lusinghe all’osservatore. Carmela De Dato, creatrice della Melarts Design, conferma le doti di artista poliedrica, capace di spaziare dalla fotografia all’ambito del design, con la realizzazione di complementi d’arredo come lampade e paralumi, figli di un estro felice. Le sue fotografie, poi, ammiccano allo sguardo con un’ironia non priva di cadenze tribali e di sensualità. Carlaina Brown si cimenta nel genere dell’installazione, adottando allo scopo carta da riciclo e libri, in un divertissement carico di levità che pare ironizzare sul tanto decantato “peso della cultura”. In ambito scultoreo, le espressioni felici appaiono numerose. Silvia Ferranti gioca con il modulo della Venere steatopigia, ribaltandola e non rappresentandola a figura intera. Carmen Perilla, nei suoi pregevoli lavori in pietra d’Otranto, medita sul motivo del “sogno spezzato” e offre una maestosa immagine della regalità femminile, ieratica e imperturbabile. Michelangelo de Virgilio seleziona alcune sue creazioni in acciaio inox, tutte accomunate dal fil rouge di un’ironia che trae linfa dal calembour (Tentativo d’accordo) e da un’acuta e allo stesso tempo benevola cognizione della natura umana. Maria Addamiano si conferma maestra nella scultura realizzata con materiali poveri (anche in questo caso carta da riciclo). La sua arte è ariosa e ispirata, sia che rappresenti le seduzioni dell’“albero proibito” del Genesi, in un’aura flessuosa, sia che effigi la Libertà come una sorta di Atalanta pronta a slanciarsi ebbra nella corsa. Poetici gli incontri d’anime, pregevoli anche i suoi lavori pittorici, che cercano, nei bei cromatismi, di plasmare l’essenza stessa del sogno. La maggior parte dei lavori appartiene, infine, all’ambito pittorico. Arianna Nocera punta all’archetipo e dialoga con gli antichi miti ctonii (il culto della Grande Madre), tra geometria ed aenigmata. Sbarazzino, a nostro avviso a tratti non distante dalla graphic novel, lo stile di Serena Nocera, che si sofferma su interni di locali e luoghi di incontro, per poi virare anche verso più surreali concettualizzazioni. Katherine Lloyd Wright ci incanta sempre per la poeticità dei suoi paesaggi, nella fattispecie marine, acquerellate con grazia e maestria. Antonia Bufi sfodera, invece, un’ironia popular che non guasta, con l’uso del cartoon in funzione demitizzante. Giuseppe Angiuli ammicca a Dante e, non a caso, all’interno dell’allestimento, la sua Vita Nova si colloca in posizione incipitaria. Vincenzo Mascoli attraverso la riscrittura della tradizione e le teorie di volti intreccia il suo racconto postmoderno; Vicky Depalma pone la propria professionalità di scenografa al servizio della rievocazione dei racconti di Marco Polo al Kublai Khan nelle Città invisibili. Tra queste Eufemia, la città dove le barche approdano non solo per gli scambi di merci, ma per il rivivere di antiche memorie, o Anastasia, in cui l’artista crea un’atmosfera di pura magia. Gregorio Sgarra opera in termini di deformazione prospettica, offrendoci un affascinante esempio dell’effetto di anamorfosi, che ad esempio fu sfruttato nel Seicento da Andrea Pozzo. Gamal Meleka, artista egiziano, incarna il trionfo di una mediterraneità preziosa e dallo straordinario potere evocativo. L’incombere della Sfinge col suo mistero ancestrale, la danza cromatica dei bassorilievi, in cui spesso spiccano l’oro e l’ocra, sono senz’altro tra le gemme dell’allestimento. Infine, non si può non fare un plauso a Daniela Calfapietro, ideatrice della collettiva, nell’ambito di un progetto “Puglia d’Arte e d’Artiste” (in questa occasione aperto anche ad alcune sensibilissime figure maschili), finalizzato alla promozione della creatività femminile pugliese. Una mostra nata dal desiderio di tornare “ad abbeverarsi alla fonte dell’arte”, un’arte che susciti emozioni, ma non sia priva di complessità concettuale. Questi aspetti sono evidenti nelle belle creazioni della pittrice. Ella alterna volti di donne che scrutano l’osservatore consce della propria energia interiore e vogliose di autoaffermazione a paesaggi, in cui il mare appare ora luminoso fratello del sole, abbeverandosi dei suoi riflessi vivificanti, ora creatura crucciosa, partecipe dell’amara stoffa delle nuvole e della volubilità del fato sovrano.
Autore: Gianni Antonio Palumbo