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Prova d'orchestra La strepitosa vittoria di Azzollini alle elezioni politiche si traduce nella sconfitta, anzi debacle del sindaco uscente Tommaso Minervini
15 aprile 2006

È stata proprio una «prova d'orchestra» quella delle elezioni politiche del 9 e 10 maggio. Un saggio per capire quale «orchestra» e soprattutto «come» suonerà il 28 e 29 maggio per le elezioni amministrative che dovranno indicare il nuovo sindaco della città. Il primo dato indiscutibile è quello della sconfitta, anzi dovremmo parlare di una vera debacle per il sindaco dimissionario Tommaso Minervini. Lo strepitoso risultato elettorale del sen. Antonio Azzollini e del suo partito (50,95%), Forza Italia, rappresentano un segnale molto significativo della vera forza elettorale di Tommaso, che fuori del centrodestra è praticamente inesistente. Insomma, senza Azzollini, lui non sarebbe mai stato sindaco e il senatore, parecchio contrariato per la decisione del sindaco uscente di non ricandidarsi con la “Casa delle Libertà”, ha voluto dimostrare che lui da solo o con Visaggio non va da nessuna parte. E la sua strategia elettorale, che punta al superamento dei poli e delle forze politiche, appare più una deriva «populista» sull'esempio berlusconiano, che una valida alternativa politica. Se può aver funzionato una volta, non è detto che, senza FI e AN, possa risultare ancora vincente. Del resto anche la forza elettorale dello stesso consigliere regionale Franco Visaggio suo grande sponsor (perché in realtà di voti suoi, Tommaso non sembra possederne granché), è apparsa sgonfiata: segno di uno scarso suo impegno in questa tornata politica o indice di un cambiamento di campo dei suoi sostenitori. Tenuto conto che Visaggio ha giocato sempre a fare l'ago della bilancia sia a destra sia a sinistra con il suo «pacchetto» di voti, se i dati delle politiche dovessero essere confermati alle amministrative, il «fenomeno» appare sicuramente ridimensionato, anche se non bisogna dimenticare che alle «comunali» intervengono altri fattori come l'impegno dei singoli candidati e quello del sistema elettorale diverso. Intanto, oggi per trovare il cosiddetto «Terzo polo» occorrerebbe rivolgersi a «Chi l'ha visto?». Stesso discorso si potrebbe fare per la «Lega Nord», ma certe estemporaneità lasciano il tempo che trovano. L'altro politico che esce male dalle urne è l'on. Francesco Amoruso che, pur rieletto alla Camera grazie alla sua posizione privilegiata in lista, viene fortemente penalizzato a Molfetta dove AN (di cui è anche commissario) subisce quasi un dimezzamento di voti dal 16,88% al 9,28%. C'è chi ritiene che se non si fosse votato col proporzionale senza preferenze, Amoruso, sarebbe tornato a casa. Avevamo visto giusto quando rilevavamo un'incapacità di gestione del partito con la fuga di uomini e consensi. I dati elettorali, inconfutabili, ci hanno dato ragione: siamo stati facili Cassandre ancora una volta. Del resto i molfettesi hanno giustamente penalizzato il parlamentare biscegliese ritenendolo responsabile del ridimensionamento dell'ospedale a tutto vantaggio di quello della sua città. Non ha pagato nemmeno la sua inspiegabile e spregiudicata campagna di attacchi personali anche ai giornalisti non amici (leggi direttore e collaboratori di “Quindici”), alla illusoria ricerca di maggiori consensi. I cittadini hanno dimostrato maggiore maturità (la grande solidarietà che abbiamo ricevuto all'epoca, era già un segnale in tal senso): una conferma della credibilità della nostra rivista leader nel territorio e della sua incidenza sull'opinione pubblica molfettese. Dalle urne escono ridimensionati personaggi che in altre occasioni avevano cambiato area, più per opportunismo politico che per convinzione (e qui appare, per certi versi apprezzabile, la scelta radicale di Azzollini verso un'altra «chiesa», senza utili dietrofront). Ci riferiamo alla formazione politica dei «Socialisti autonomisti» che a Molfetta sono rappresentati dal consigliere comunale Pietro Centrone (già ex di altre formazioni politiche) e da alcuni ex di An che si riconoscono nel socialista Alberto Tedesco che, diversamente da loro, è rimasto sempre sulla stessa sponda. Ebbene i ridicoli 586 voti (1,73%) messi insieme alla Camera, sono ancora una volta la riconferma che la gente non ama trasformismi e opportunismi politici. Né sono bastati concerti e orchestrine a risollevarne le sorti. Buona tenuta, invece, per l'«Italia dei Valori» di Antonio Di Pietro con il 2,8%, a dimostrazione che l'uscita di Nappi non ha provocato fughe di consensi, anzi ha dimostrato l'inconsistenza elettorale di quest'altro opportunista politico. L'Unione, o centrosinistra che dir si voglia, non esce male dalle urne con un 48,88%, anche se avrebbe potuto produrre meglio e di più se non avesse avuto tante divisioni al suo interno, in buona parte ricomposte, anche se frange impazzite o laboratori del nulla contribuiscono tuttora a portare acqua al mulino del centrodestra. Il rischio, paventato molto bene dalla vignetta del nostro Michelangelo Manente, è quello di fare la fine del Titanic, dove si ballava a bordo mentre la nave andava incontro all'iceberg, che qui assume la forma dell'urna elettorale. Se si continua a litigare a bordo della nave dell'Unione, il rischio è quello di affondare. Altro errore da evitare è quello di lasciarsi andare ad affermazioni estemporanee (tipo la tassazione dei Bot o l'eliminazione della tassa di successione) che non hanno un riscontro nel programma e servono solo a spaventare gli elettori. Meglio spiegare progetti e programmi, che lanciare slogan privi di reale consistenza: quelli lasciamoli volentieri al Cavaliere. Chiusa una parentesi elettorale, prepariamoci ad aprirne un'altra che richiede grande senso di responsabilità per rilanciare la nostra città sia sul piano dei progetti e delle cose fattibili da portare avanti senza programmi faraonici o libri dei sogni, sia sul piano degli uomini: serve un classe dirigente di qualità. Visto che la legge elettorale delle amministrative, ci permette di scegliere, lasciamoci guidare dalla ragione, più che dallo stomaco o dalla speranza di un vantaggio immediato, destinato ad essere vanificato da una situazione economica complessiva più di crisi che di sviluppo. Ma di questo avremo modo di parlare in seguito. Il futuro si gioca qui e ora. Domani potrebbe essere troppo tardi.
Autore: Felice de Sanctis
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