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Pronto soccorso in crisi organizzativa Il 118 usato male
15 ottobre 2018

La crisi dei pronto soccorso degli ospedali ha suscitato un vasto dibattito. Cerchiamo di capire quali sono i problemi di un altro servizio che qualcuno definisce “malasanità”. Alla base di ogni sistema esiste un motore organizzativo. La conoscenza dell’organizzazione di un servizio da parte di un utente è sinonimo di rispetto sia verso il diritto alla salute che il diritto/dovere alla professionalità. Tre sono i punti cardini della “malasanità” nelle unità operative di pronto soccorso: mancanza di conoscenza dell’organizzazione interna del servizio; grave carenza del personale sanitario; disorganizzazione territoriale, intesa come attività dei medici curanti. Dal 2007, la legge sul triage (in un ospedale, la scelta, tra più pazienti, di quelli maggiormente bisognosi di cure), permette all’infermiere la valutazione dello stato di gravità del paziente che varia dal codice bianco – verde (poco grave) al codice giallo – rosso (grave). Non si è visitati in ordine di arrivo, ma di codice. Inoltre, laddove si tratti di codice poco grave, può fare educazione sanitaria nell’indicare al paziente il corretto utilizzo del sistema sanitario: il primo riferimento per lo stato di malattia è il medico curante, spesso bypassato in quanto “si fa prima”, non lo si vuole “disturbare” o “non c’è”. Questo già ci indica come le cosiddette liste d’attesa nelle unità operative di pronto soccorso siano lunghe. Per ciascun paziente, ci sono dei tempi per l’esecuzione delle procedure: ad esempio, gli esami di laboratorio richiedono dai 30 minuti ai 60/90 minuti a seconda delle specificità; una radiografia conta il tempo di chiamata del tecnico di radiologia (se in orario fuori turno), a cui si aggiunge il tempo di refertazione da parte del radiologo. Questi sono solo due esempi a cui aggiungendo altre problematiche legate come già detto alla carenza di personale, fanno in modo che i tempi di attesa siano molto lunghi. La causa non è il personale sanitario dell’unità operativa, al quale spesso arrivano denunce sui tempi. Che dire, poi, del personale del 118 bloccato anche per ore al pronto soccorso, in attesa dell’accettazione del paziente, quando potrebbe prestare soccorso anche in casi più gravi? Una procedura burocratica assurda: basterebbe che il paziente fosse accettato subito, anche se poi resta in attesa del suo turno, secondo il codice stabilito. Così si aumenta la disponibilità operativa del 118. Ma questo è troppo difficile da comprendere per i burocrati italiani (e anche per molti medici che non vogliono assumersi responsabilità). Per risolvere alcuni problemi, un percorso risolutivo potrebbe essere messo in atto attraverso una maggiore collaborazione e comunicazione tra i medici del territorio e quelli ospedalieri. Molti casi possono essere trattati presso l’ambulatorio del medico curante o a domicilio. L’intervento domiciliare tranquillizza il paziente che resta a casa, riduce la spesa sanitaria (il ricovero costa molto di più), riduce gli accessi al pronto soccorso; in questo modo si riuscirebbero a trattare nel migliore dei modi e con una tempistica risolutiva i veri casi di rischio-salute. © Riproduzione riservata

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