“Progetto Moro vive” conversazione dell’on. Gero Grassi al Liceo Classico di Molfetta
Ripercorsa la storia italiana dal ‘900 ad oggi
L'on. Gero Grassi parla agli studenti del Liceo Classico di Molfetta
MOLFETTA – La certezza che “Moro vive” è entrata nel Liceo Classico “Leonardo Da Vinci” di Molfetta assieme all’on. Gero Grassi, cui è spettato l’incarico, in occasione del progetto “Moro Vive” promosso dalla Regione Puglia, di ripercorrere la storia italiana ancora lontana dai manuali scolastici da metà del 900 sino ad oggi. Compito cui l’onorevole ha adempito egregiamente, destando l’attenzione degli studenti per tre ore animate dalla presenza di Aldo Moro, dapprima presentato tramite aneddoti da due docenti dell’istituto, la prof.ssa Maddalena Salvemini, che ha raccontato di quando da piccola giocava a fare le elezioni e sulla carta grigiastra compariva sempre la figura di Moro e la prof.ssa Eleonora Sciancalepore, che ha ricordato l’inaugurazione dell’ospedale di Molfetta in cui c’era Aldo Moro.
Un esempio lampante di come Moro fosse estremamente presente sul territorio, e soprattutto in Puglia, che dalla nascita a Maglie lo ha portato a proseguire gli studi giuridici a Bari (completati in tre anni anziché quattro) dove a soli 25 anni ha ottenuto la cattedra da docente universitario. “La persona prima di tutto”: questo l’incipit della sua carriera da docente in vista di cui, per renderne i dovuti onori, l’on. Grassi ha parlato di Moro non solo come politico, ma soprattutto come essere umano.
Lo stesso che aveva compreso che fosse da attuare una vera e propria rivoluzione nella Costituente, proprio a partire dal concetto di Stato. Un acuto osservatore come il Presidente della DC fu il primo a maturare la consapevolezza che se qualcuno concede un diritto può anche revocarlo, osservando che una Costituzione che abbia ragione di essere definita tale debba promuovere determinati diritti che diano dignità ai lavoratori e più in generale ai cittadini.
A Moro non sfuggiva, del resto, l’Italia in cui viveva, quella del ‘57, analfabeta ma con tanta voglia di conoscere, per la cui istruzione egli si battè in prima persona. L’impossibilità di modernizzazione di uno Stato composto da un popolo analfabeta e il reale interesse per la cultura spinsero Moro a recarsi dall’allora Presidente della Rai per la proposta della trasmissione volta ad insegnare agli italiani a leggere e a scrivere “Non è mai troppo tardi”.
E troppo tardi non fu per il maestro Alberto Manzi che diede speranza agli italiani, nonostante il presidente della Rai ne lamentasse lo stampo comunista. Quello a cui Moro, come raccontato dell’onorevole agli studenti, rispose chiaramente dicendo che non contava l’orientamento politico ma la capacità di insegnamento. Egli ebbe a cuore anche l’obbligo di istruzione sino alla scuola media, tanto quanto la difesa della democrazia in Italia compromessa dal Piano Solo, un tentativo di colpo di Stato attuato da Giovanni de Lorenzo immediatamente captato da Moro, che tentò invano di comunicare il pericolo al Presidente della Repubblica. Una comunicazione perspicace, come le trovate che hanno caratterizzato la figura del Presidente della DC, il quale avvertiva, prima di esser rapito, la certezza di dover pagare un prezzo altissimo per quello che è passato alla storia come “compromesso storico” e che ha accanito contro di lui le Brigate Rosse, la P2, senza la quale secondo Grassi non si può comprendere fino in fondo la storia dell’Italia, KGB, Cia, la mafia e il Sismi.
In un racconto che si è fatto via via più avvincente e via via più ricco di particolari, tenuti a mente e spiegati con incredibile chiarezza e padronanza di linguaggio da Grassi, è emerso che titoli come “Chi sarà il nuovo Bruto che ucciderà il nuovo Cesare?” aleggiavano in prima pagina sui quotidiani italiani, sino al momento che ha lasciato sbigottito un intero Paese: il rapimento di Aldo Moro nella data del 16 marzo 1978. Quella a partire dalla quale in Italia non vigono più certezze tra versioni raccontate dagli esponenti della Brigate Rosse assolutamente non corrispondenti alle ricostruzioni della morte del Presidente della DC e tra verità processuale manipolata da Francesco Cossiga assieme a segretisti per raccontare esclusivamente il dicibile.
Ma proprio Gero Grassi, con la proposta di istituzione di una Commissione Parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, ha dimostrato che la verità dicibile non fosse sufficiente ad un Paese che aveva diritto a sapere quello che è realmente successo in via Fani, nella Renault r4 dove fu rinvenuto il cadavere del Presidente della DC, nel Bar Olivetti, in via Caetani e in tanti altri luoghi che hanno fatto da sfondo ad altre vicende scottanti, contenute nel libro “La verità negata”, di cui Grassi ha rilasciato alcune copie agli alunni, precisando che il testo è rintracciabile anche online, assieme ad un opuscolo in cui è approfondita la figura di Moro. La stessa che gli studenti, con il supporto di un corpo docenti coraggioso e consapevole per la presa in considerazione del caso Moro e sui progetti in fieri per recuperarne la valenza, hanno conosciuto incontrando una testimonianza in carne ed ossa.
“Ricordate, e ricordate a tutti, cari ragazzi, che Aldo Moro non è morto, ma è stato ucciso” così ha concluso l’on. Grassi, consapevole come assieme al Presidente della DC condannato per aver solo pensato ad un’alternanza fra poteri differenti, sia stata uccisa la prospettiva di un’Italia migliore di quella esistente.
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