Problema Ru486: una questione delicata in pillole
È di qualche giorno fa la notizia che anche in Italia sarà possibile praticare l’aborto chimico, ossia l’interruzione volontaria di gravidanza attraverso l’assunzione della RU486. Tante le polemiche e le reazioni al riguardo, soprattutto se di natura fi losofi - ca, meglio, ideologica. Senza prendere le parti, in modo più o meno fazioso, a favore di una corrente di pensiero piuttosto che di un’altra è opportuno in questo momento storico sforzarci di fare chiarezza in merito ad una questione tanto delicata. LA LEGGE 194 E LA PROCEDURA PER OTTENERE L’ABORTO Almeno per una volta è bene, prima di esprimere valutazioni, giudizi e opinioni, partire dalla fonte: la legge. Questa attribuisce ai consultori un ruolo di primo piano: “assistono la donna in stato di gravidanza: informandola sui diritti a lei spettanti […], informandola sulle modalità idonee ad ottenere il rispetto delle norma della legislazione sul lavoro[…], contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. […] Entro i primi novanta giorni la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fi sica o psichica, in relazione al suo stato di salute, o alle condizioni economiche o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento […] si rivolge ad un consultorio […] che ha il compito di garantire i necessari accertamenti medici e ha il compito in ogni caso […] con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, […] di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza […] di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, off rendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. “ Dopo gli accertamenti, il medico del consultorio o il medico di fi ducia consegnano alla donna un certifi cato per l’avvenuta richiesta di aborto. Dal rilascio del documento al momento in cui può essere interrotta la gravidanza devono passare almeno sette giorni. Se ci sono circostanze tali da rendere urgente l’intervento, il medico rilascia immediatamente un certifi cato attestante l’urgenza. Con questo la donna stessa può presentarsi, senza che siano passati sette giorni, ad una delle strutture autorizzate e procedere con l’interruzione della gravidanza. IL CASO DELLA PUGLIA Già nel 2006 l’amministrazione regionale pugliese aveva avviato una sperimentazione sulla ru 486 presso l’Ausl Lecce-1, e il farmaco, che non poteva essere commercializzato in Italia, veniva acquistato dall’estero. Dopo gli ultimi sviluppi è il policlinico di Bari, con il primario Blasi, ad aver assunto il ruolo del protagonista dato che è stato presso questo ospedale che è avvenuta la prima somministrazione della pillola abortiva in Italia. Poichè mancano ancora delle linee guida a livello nazionale, quelle seguite nella struttura barese prevedono che: la donna si debba presentare con il certifi cato che documenta il carattere d’urgenza di applicazione della 194. A tale proposito è bene ricordare che il consultorio familiare pubblico della città di Molfetta si è trasferito dal plesso ospedaliero don Tonino Bello all’ istituto Apicella. Si procede, poi, con l’accertare, tramite ecografi a, che la gravidanza non abbia superato le sette settimane. La paziente, una volta fi rmato il consenso informato, deve rendersi disponibile per un’ulteriore visita presso il policlinico, infi ne deve partecipare ad un colloquio informativo sulla contraccezione. Dal 23 marzo è stato reso operativo il numero verde 800893999, attivo il martedì, mercoledì e il giovedì, dalle 11 alle 13. A rispondere sarà un medico, un’ostetrica ed è possibile ricevere tutte le informazioni del caso. Nella nostra regione l’Amministrazione si sta orientando verso un “regime” di day hospital preferendolo al ricovero ordinario, di tre giorni. Tra le motivazioni di tale riduzione: l’abbattimento dei costi per il sistema sanitario nazionale fi no al 66% e una maggiore scorrevolezza nelle liste d’attesa (si evita in questo modo l’intasamento del reparto). Il tutto non avverrebbe a discapito della salute della donna, durante il periodo di sperimentazione del farmaco si è visto che l’intervento in day hospital è possibile e i due giorni ulteriori di ricovero sarebbero inutili considerando che misoprostol agisce dopo 3-6 ore dall’assunzione. Sarebbe anche un non sen-con ricovero ordinario. IL PROBLEMA ETICO DELL’ABORTO E MODERNITA’DELLA 194 Si può senza dubbio aff ermare che in Italia esistano due grandi correnti di pensiero una ‘pro-life’ a sostegno della vita, antiabortista, e una ‘pro-choice’ che pone l’accento sulla liberta decisionale della donna. Non bisogna identifi care tout-court i primi con movimenti di ispirazione cattolica e i secondi come laici; non è esclusa una condanna morale dell’aborto anche in una prospettiva etico-fi losofi ca laica. Del resto, nemmeno essere a favore della libertà decisionale della donna vuol dire identifi carsi con forme di pensiero femminista. Il problema etico dell’aborto è essenzialmente uno: quale valore vada attribuito alla vita umana nelle sue fasi iniziali, ossia da quale momento in poi lo zigote o l’embrione o il feto acquistino l’identità di persona e i diritti a questa collegati. E’ eccessivo attribuire l’indentità di persona all’ovulo fecondato, perché quando si verifi ca la fecondazione il pronucleo maschile (con il corredo genetico paterno) non si è ancora unito con il pronucleo femminile , in più l’ovulo, che è una singola cellula aploide (con corredo cromosomico dimezzato) deve ancora terminare la sua maturazione tramite la meiosi 2. Dall’altra parte non si può pensare che si sia persona solo quando si è in grado di provare sensazioni e di essere in possesso di capacità razionali, applicando questo ragionamento in modo rigido non sarebbero da considerare persone nemmeno i bambini appena nati. Da quanto detto fi no qui nasce la necessità di trovare un equilibrio tra la libertà decisionale della donna e il diritto del feto ad essere tutelato. Si spiega in questo modo il limite di tempo di 90giorni imposto dalla legge. Tre mesi sono l’intervallo di tempo necessario per l’organogenesi, dopo questo lasso di tempo i diritti della donna non sono più prevalenti rispetto al feto che nel frattempo si è accresciuto. Una soluzione univoca non si può trovare se si considera la pluralità dei casi in cui è possibile maturare una decisione in favore dell’interruzione della gravidanza. Il legislatore non può prevedere una procedure per ogni situazione. Ecco come si giustifi ca la “generalità” della legge che rimanda all’esperienza dei medici e alla loro professionalità la valutazione del singolo caso, non è, cioè una legge permissiva che da libertà arbitraria alla donna. Nella 194 c’è anche scritto che “le regioni di intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale […]sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fi sica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza.” Con queste premessa si capisce perché l’aborto chimico è “auspicabile” anche in Italia e soprattutto per i casi in cui serve maggiore tempestività. I TEMPI 90 giorni: sono l’intervallo di tempo entro il quale una donna può scegliere per l’interruzione volontaria della gravidanza. Dopo i 90 giorni: la legge diventa maggiormente restrittiva, si può procedere con la pratica dell’aborto solo se:” la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fi sica o psichica della donna”. 7 settimane: il termine ultimo entro il quale si può praticare l’aborto chimico. 1 giorno: il day hospital è previsto sia in caso si aborto chirurgico che chimico. MIFEPRISTONE E MISOPROSTOLO A portare questi strani nomi sono principi attivi dei farmaci cha vanno assunti quando si pratica un aborto chimico. Il progesterone, lo steroide prodotto dalla placenta e dal corpo luteo che sostiene la gravidanza. Questo ormone prepara l’endometrio all’annidamento dell’ovulo fecondato. Il mifepristone è la molecola “rivale” di tale ormone, occupa, cioè, i suoi recettori cellulari impedendo allo stesso di legarsi, quindi non si possono verifi care le reazioni a cascata determinate dall’unione recettore-ligando. Conseguentemente si ha il distacco dell’embrione dall’endometrio. Successivamente al mifepristone occorre assumere misoprostolo, una prostaglandina, che induce delle contrazioni nel miometrio responsabili dell’espulsione dei tessuti embrionali.