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Presentato Le brouillard di Nino Pomodoro
15 novembre 2006

Un'altra serata all'insegna della poesia e della meditazione esistenziale presso l'Auditorium San Domenico. Ad essere presentata la silloge di poesie e racconti brevi “Le brouillard” (edizioni Mezzina, Molfetta) di Nino Pomodoro, artista a tutto tondo della nostra città, scrittore e fotografo. “Brouillard” come la 'nebbia', che ricorre a significare ora l'indefinibile inconsistenza di sogni germinati sullo sfondo di architetture immaginarie dal sapore d'antico in “Disparire”, ora un'azzurra informe congerie di desideri in “Passione”. “Brouillard” forse anche come 'brogliaccio', ossia l'ineffabile groviglio di sentimenti che tumultua nell'anima umana perennemente scissa. A introdurre la raccolta la lucida prolusione del preside Damiano D'Elia, nonché presidente del Centro culturale “Auditorium”, che definisce quello di Pomodoro quale 'vissuto' (Erlebnis) di “un anacoreta, di un monaco laico, che si strugge e si consuma nell'amore panico della vita e dell'esistere”. La sua poesia diviene così “canto della complessità dell'anima divisa”, in cui “fotogrammi dell'esistenza s'intrecciano con la contemplazione del creato”. Segue il bell'intervento di Marisa Carabellese, che delinea efficacemente il ritratto di Pomodoro. Creatura vagamente botticelliana, il poeta appare costantemente preda di una sorta di furor melanconico. Amico di artisti (Stella Poli, Antonio Nuovo, Ada De Judicibus, Franco Poli, Franco d'Ingeo), amante dell'opera di Segantini e di Palmieri, oltre che della poesia di Girolamo Comi, Pomodoro si rivela scrittore raffinatissimo. La sua opera emerge soprattutto in virtù di un cromatismo vivido e dell'alto potere evocativo, frutto di una magia verbale in costante fiorire. Ad allietare la serata le impeccabili esecuzioni al pianoforte di Serena Ferrara, allieva del maestro Buccarella Francesco presso il Conservatorio Nino Rota di Monopoli, vincitrice d'importanti concorsi a livello internazionale in qualità di solista e in formazioni cameristiche. Poesia e musica s'intrecciano e compenetrano: basti pensare a “Piano, forte”, letta da Pomodoro, un andirivieni di suoni e sensazioni, suggellato dal prorompere, come un grido programmatico, di un'espressione di Verlaine: “de la musique avant toute chose”. È poesia fortemente musicale quella di “Le brouillard”, in cui spesso l'inarcatura consente alla struttura sintattica di valicare gli angusti confini del verso. Ed è poesia ut pictura, che vive dei colori di un'«alba algida» o di “una fiaba color dell'arancia nella neve”. Per poi sfarfallare in un'orgia di “Luce, luce, luce”, con la luce, cui s'arrendono anche le nuvole, a fare, come sostiene Marco Ignazio de Santis nella presentazione, da mot-chef della raccolta. Poesia che si alimenta del ricordo e, nel medesimo tratto, vorrebbe annientarlo (Il mio cuore); lirica in cui s'intravedono in controluce figure di una tenerezza estrema, come la madre-carezza e fonte cui dissetarsi (S.T.). Versi che inseguono profumi nell'aria e a volte rendono definibile l'indefinito (“Il mare all'orizzonte ha bianche spalle”), altre si accontentano di fermarsi a contemplarlo. Come fa la giovinezza che “si innamora del vento che canta storie lontane”.
Autore: Gianni Antonio Palumbo
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