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Portare la vita in salvo, un libro contro la violenza alle donne. Iniziativa di Consulta femminile, Fidapa e edizioni “la meridiana”
15 dicembre 2016

MOLFETTA - Tutti certamente ricorderete il brutale omicidio di Paola Labriola, la psichiatra uccisa per mano di un suo paziente il 4 settembre 2013, nel Centro di igiene mentale di via Tenente Casale 19, nel quartiere Libertà di Bari. A tre anni dalla tragica scomparsa la Fidapa, insieme alla Consulta Femminile, ha voluto ospitare  fortemente il marito della psichiatra, lo psicologo Vito Calabrese, in occasione della presentazione del suo libro edito da La Meridiana e intitolato Portare la vita in salvo.
L’incontro è avvenuto presso la Sala Finocchiaro e sono intervenuti accanto all’autore, la psicologa e psicoterapeuta Serena De Gennaro, l’editrice Elvira Zaccagnino, la presidente della Consulta Alina Gadaleta Caldarola e la presidente della Fidapa Caterina Roselli (nella foto: Gadaleta Caldarola, Calabrese, De Gennaro, Zaccagnino).
La presidente della Consulta ha sottolineato come il libro non tocchi direttamente il tema della violenza di genere, l’episodio sposta piuttosto l’attenzione sulla violenza esercitata da un paziente verso il suo medico, in un ambiente di lavoro che avrebbe dovuto garantire la sicurezza di chi vi operava. Sappiamo che Paola stessa aveva più volte avuto sentore del pericolo, segnalandolo. Non si sbagliava: la sua vita è finita proprio in quel luogo, con trenta coltellate.
Ma il libro esprime soprattutto il dolore della perdita, da cui forte emerge il messaggio racchiuso nel titolo, quello di portare in salvo la propria vita o, perlomeno, quello che ne rimane. L’editrice Elvira Zaccagnino ha evidenziato le numerose problematiche che insorgono e si sviluppano in questi casi, una di queste è il trauma che nasce quando qualcosa di inaspettato, come un omicidio di una donna sul posto di lavoro, colpisce il marito e in seguito la comunità.
Nel libro non si trova nulla di personale che non sia utile alla rielaborazione di un  lutto: la dottoressa Serena De Gennaro spiega che l’esperienza del dolore appartiene a tutti, a volte una vicenda si abbatte come un terremoto e scombina tutti i punti di riferimento di chi è coinvolto. Quando la vittima di violenza è un nostro caro, accade di sentirsi dei sopravvissuti, ci si colpevolizza per essere ancora vivi, mentre chi amiamo se ne è irrimediabilmente andato. Il libro è quindi incentrato sulla ricerca di una strada che attraversi pienamente questo dolore, prima di ricomporre la propria esistenza. In questo caso specifico, l’autore del libro si trova ad essere contemporaneamente paziente e psicologo di sé stesso, protagonista del proprio dolore ed esperto in materia.
A Vito Calabrese è stata posta in occasioni passate una domanda in particolare, quella riguardante il suo rapporto con l’assassino e il perdono. Vito ci racconta di aver incontrato l’uomo una sola volta e subito dopo parla dell’importanza di non portarsi dentro il mostro, ovvero una demonizzazione dell’assassino che ti colonizza internamente traducendosi in un insieme di rabbia e di sentimenti negativi. È importante invece umanizzare l’assassino, con grande probabilità è qualcuno che non ha in se una risorsa d’amore a cui attingere. «Non ho nessuna risposta riguardo al perdono, nel libro mi pongo solo interrogativi a riguardo». Sull’argomento interviene ancora la psicologa, che indica il perdono come la spinta a cercare un senso, a non essere colonizzati dalla rabbia che invece impedisce di andare avanti.
Un altro elemento presente nel libro è l’empatia, Vito racconta di aver sentito molta umanità attorno a sé, nonostante si sentisse distaccato da tutto ciò che lo circondava, come chiuso in una bolla. Nonostante questo suo isolamento, la presenza della gente ha alleggerito il suo dolore.
Si è poi parlato di scrittura, di come essa permette di connettere la disperazione e darle un senso, della modalità di scrittura scelta per il libro: «Ho cercato di rimanere il più possibile legato ai fatti, volevo evitare un tipo di scrittura consolatorio, inoltre non amo i libri che danno delle risposte, mi piacciono invece quelli che pongono domande, che restano aperti. Sono poi appassionato di letteratura e ho tentato di scrivere facendo riferimento ai testi a me più cari».
L’arte e la letteratura, un po’ come il sogno, mettono insieme elementi diversi in cui ci si può ritrovare. Questo libro è il metodo usato da Vito Calabrese per portare in salvo la sua vita e quella dei suoi figli, un grande, poetico esempio di resilienza, di adattamento personale ad una situazione tristemente avversa.

L’incontro, che ha visto protagonista la storia della morte di Paola e quella di riadattamento al mondo di suo marito, ha commosso il pubblico presente in sala unendo alla lettura di alcune parti del testo particolarmente poetiche, l’accompagnamento del violino: il violino di Gabriella Cipriani, suonato da una sua amica e collega. La presidente della Fidapa, ha ricordato la giovane violinista molfettese scomparsa ormai da due anni e mezzo. «Il suono del suo violino è il segno della sua presenza vicino a noi».  

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Marianna Palma

 

Autore: Marianna Palma
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