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Politici, siate servitori del popolo Intervista al nuovo vescovo mons. Martella
15 aprile 2001

Mons. Luigi Martella, nuovo Pastore di Molfetta ha 53 anni è nato a Depressa, frazione di Tricase. Siamo andati a trovarlo qualche giorno dopo la cerimonia del suo insediamento alla sua nuova casa nella sede vescovile, per una conversazione amichevole, per conoscere la persona che guiderà la nostra Diocesi e per farlo conoscere un po’ anche ai nostri lettori. La nostra conversazione è stata lunga e ricca di argomenti: cerchiamo di sintetizzare. Come ha accolto la notizia della sua nomina? “Con trepidazione e meraviglia e mi sono chiesto perché proprio a me fosse toccata questo incarico. Quando ho avuto la notizia non ero solo e chi mi stava vicino mi ha aiutato a superare quell’attimo di smarrimento”. Come ha trovato Molfetta? “Non ho potuto conoscere molto della città, dato il breve tempo. Ma mi sembra vivace dal punto di vista sociale e culturale, una città molto attiva, con grandi potenzialità sociali ed ecclesiali”. Quale impressione le ha fatto la comunità locale e chi ha incontrato per primo? “Ho avvertito un bisogno di ascolto, di toccare con mano il pastore. Appena arrivato ho incontrato un’anziana signora che veniva a chiedere aiuto per la figlia che ha il marito in carcere”. Un impatto immediato con i problemi sociali della città. Cosa le chiedono giovani, anziani, poveri, immigrati? “Di essere loro vicini. Sono invocazioni di aiuto, non sanno esattamente per che cosa. Forse è un bisogno di presenza di vita, di fiducia, di speranza”. La nostra città è caratterizzata da un forte individualismo disgregante, che genera anche scontri e conflitti fra gruppi e non produce comunione. “Condivido questa sua lettura. Il fatto che ci sia un commissario prefettizio, ne è una conferma. Ma c’è un individualismo che non si ferma alla persona, c’è anche un individualismo camuffato di certe associazioni che tendono all’autoconservazione, anche nel campo ecclesiale. Si può essere individualisti anche nel corporativismo, in un associazionismo egoistico”. Come superarlo? “Attraverso la presenza e con un’opera di sensibilizzazione. Il peso della vita lo si porta insieme. I crocifissi del mondo e della storia, di cui parlava don Tonino, si portano insieme. La croce, il peso della società lo si porta insieme, non si può scaricarla sugli altri, né pensare che quella degli altri sia più leggera della propria. Il rischio è che la nostra croce ci ritorni più pesante”. Qual è, secondo lei, la più grande povertà dell’uomo? “La solitudine. La tendenza all’autodistruzione che si manifesta con l’abbandono”: C’è la solitudine derivante da un certo modello di società materialistica, legata al denaro, poco solidale, dominata dal denaro, dal desiderio della vacanza ad ogni costo, del consumismo esasperato. Mi colpisce la mancanza di rispetto degli altri. Lei parlava di solitudine, si può essere anche soli dentro. “L’altro è la mia stessa possibilità di vita: occorre capire questo, se si vuole superare la solitudine anche interiore di cui lei parla”. Cosa si aspetta dalla comunità molfettese? “Un senso di partecipazione alla vita sociale, a quella ecclesiale. La solitudine e l’isolamento sono i nemici da combattere”. Lei nel discorso di insediamento in Cattedrale ha detto una bella frase: “Permettetemi di chiamarvi per nome”, cosa intendeva dire? “Vorrei incontrare tutti, conoscere i loro problemi, essere loro vicini: sono andato privatamente anche al funerale di quei due ragazzi morti nell’incidente stradale, per essere vicino alle famiglie. Più che un bisogno di essere popolare è un bisogno di essere presenti. Una presenza che non esclude l’autorità, l’autorevolezza, intesa come ruolo, capacità di aggregazione, non di autorità che impone dall’alto”. E’ in corso una campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento e del consiglio comunale. Don Tonino aveva spesso “sferzato” i politici, anche perché all’epoca vi erano gravi problemi: criminalità, droga, un sindaco assassinato. Lei cosa vorrebbe dire ai politici, quale tipo di rapporto intende instaurare con chi governerà questa città? “Ai politici direi, con molta discrezione, di proporsi come servitori del popolo, di captarne le esigenze, le aspettative. L’attività dei politici va vissuta come vocazione al servizio della gente. Ecco perché occorre sceglierli sulla base della competenza e dell’onestà. Spero di instaurare con loro rapporti di collaborazione, nel rispetto dei ruoli e degli ambiti propri, ma col fine unico del bene comune, dell’attenzione ai bisogni della gente”. E il rapporto con i mass media? “Ho saputo di quell’equivoco sorto per il convegno degli omosessuali, ma la notizia l’ho letta solo su un giornale, non esisteva alcuna presa di posizione, né conflitto. Ecco perché chiedo alla stampa collaborazione nel diffondere il messaggio pastorale, ma anche rispetto della verità”. Qual è il suo programma pastorale in due battute? “Comunione e partecipazione con dignità in ogni cosa e in ogni campo”. Felice de Sanctis

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