Pietro Mastropasqua: “Minervini ascolta solo il proprio ego fallimentare e non i cittadini Il peso di Appaltopoli
Una candidatura gio- vane: è solo una scommessa audace questo confronto con avversari più anziani e agguerriti (vedi il sindaco per tutti)? «La mia candidatura non è mero giovanilismo ma rappre- senta il cambiamento radica- le che la città consapevolmente richiede. Provo ad esplicitarlo recuperando ed attualizzando il pensiero di Benedetto Cro- ce: “La persona onesta è quel- la capace”. E procedo con un esempio per rendere ancora più chiaro il mio pensiero: se devo sottopormi a una operazione naturalmente scelgo il chirurgo più bravo, non certo quello alla prima esperienza. Occorre coniugare il concetto di onestà per un amministratore pubblico: l’onestà è nella capacità di saper governare senza trasformare la municipalità in sole opere pubbliche deleterie per la comunità (uno dei tanti esempi è la piscina comunale)». Come si pone in alternativa agli altri candidati? «Conscio di una certezza: la coalizione “Molfetta vincente” presenta una classe dirigente innovativa ma non improvvi- sata, in grado di cogliere con lungimiranza il mutamento in atto, abituata per storie personali e attività lavorative a pren- dere decisioni e a proporre soluzioni. Per questo motivo, più che di un‘alternativa, io parlo di un’autentica svolta. Rispet- to agli altri candidati sindaci abbiamo già costruito e reso possibile quel salto genera- zionale capace di rappresentare e portare a sintesi i bisogni emergenti». Non si imbarazza a competere con la coalizione di Minervini, della quale ha fatto parte fino a ieri? «Io sono abituato a non rinnegare mai il passato ma, allo stesso tempo, affermo di essermi pentito della scelta fatta nel 2017 perché l’amministrazione uscente è una amministrazione fallimentare, con un vertice strutturato per non ascoltare nessuno se non il proprio ego. E lo posso affermare con certezza perché io ci sono stato dentro questo modo autoreferenziale di governare e amministrare che ha giovato a pochissimi, figurarsi alla città di Molfetta. Rivendico, e non transigo su questo, la coerenza politica della mia candidatura: io, e tutto il mio gruppo, abbiamo preso le distanze a ottobre 2021 dall’attuale amministrazione. Non siamo mai tornati indietro nè scesi a compromessi e questo la dice lunga, ancora una volta, sul coraggio che ci contraddistingue nell’essere una svolta per il governo di questo città». Si è mai pentito della scelta di dimettersi da assessore all’Urbanistica e quindi di restare fuori da una maggioranza abbastanza conso- lidata e, almeno, sulla carta numerosa? «Mai: non c’era dialogo e confronto con chi avrebbe dovuto reggere il timone di una barca che era ed è alla deriva. Ormai è sotto gli occhi di tutti i cittadini. Fuori dai palazzi c’è una platea di eletto- ri, oltre il 70%, che è altra cosa rispetto al sindaco uscente. E’ qui che si concentra la nostra Molfetta vincente». Perché ha lasciato quella maggioranza: per prendere le distanze dallo scandalo “Appaltopoli” che ha portato all’arresto dell’assessore Caputo? «Quell’evento è stato una delle moti- vazioni. Io sono un garantista convinto. Umanamente duole pensare alla soffe- renza che eventi del genere hanno sicuramente provocato. Ritengo poi che, dopo gli eventi, il sindaco avrebbe fatto bene a dimettersi». Qual è la critica più pesante che rivolge all’amministrazione Minervini? «A Molfetta in questi anni è mancato il confronto, lo ribadisco, con i cittadi- ni e con le categorie. Noi dobbiamo tor- nare ad ascoltare i cittadini perché sono gli stessi cittadini ad avermelo chiesto. Ne hanno necessità. Ne sto incontrando tantissimi e sa cosa mi dicono? “Sono state prese decisioni senza che ci venisse chie- sto niente!”. La lamentela coinvolge tutti i settori produttivi della città, dal commercio al dettaglio agli imprenditori della zona industriale, dagli agricoltori agli armatori perché negli ultimi cinque anni il Palazzo di città è stato chiuso, soggio- gato a logiche che hanno giovato a pochi e hanno lasciato nel baratro la stragrande maggioranza». Dove pensa di raccogliere consensi: a destra o al centro (a sinistra è più difficile)? La sua candidatura ritiene che possa erodere consensi nell’area che si riconosce nel sindaco Minervini? «Resto scettico che ci si sia un’area che si riconosca nel sindaco Minervini tanto è forte l’eterogeneità della sua coalizione. Nemmeno la città si riconosce nel proprio sindaco che appare solamente ora per le strade, per mera propaganda. Sono sicuro che i miei consensi arriveranno da tutta la comunità molfettese rompendo, con coraggio (audacia!), l’establishment municipale. Il nostro consenso arriverà da quei cittadini che apprezzano il fatto che ci stiamo mettendo la faccia per dire no alla vecchia politica. A noi interessa ragionare con tutti i molfettesi di destra, sinistra e centro se proprio vogliamo ragionare attraverso queste categorie superate della politica. La mia non è una battaglia identitaria o di schieramento perché un sindaco deve ragionare non per una parte bensì per l’insieme. Se vuole diventerà identi- taria nel senso di coniugare il saper am- ministrare restituendo prestigio alla storia della nostra città». Pensa che Molfetta sia una terra di mafia come ha dichiarato il Procuratore di Trani, Renato Nitti? «Sono convintamente sostenitore del- la separazione dei poteri. Lascio a chi rappresenta ed esercita il potere giudiziario sul territorio l’azione di prevenzione e repressione. Alla classe politica compete creare i presupposti che facciano sì che la delin- quenza di ogni genere non trovi terreno fertile con la sua forza dirompente di infil- trarsi e nascondersi nei meandri della cosa pubblica. Per questo a noi è chiesto di vigilare, ascoltare, prestare attenzione a quello che accade sul territorio. E’ il contatto con il territorio che consente di cogliere questo pericolo e non farlo esplodere in emergenza». Non crede che per risollevare Molfet- ta sia necessario una classe dirigente di livello che finora non si è vista, per cui stiamo pagando il prezzo di questa mancanza di qualità? «Serve una classe dirigente attenta al cittadino senza pensare che esista un cittadino di serie A e di serie B oppure zone della città di serie A e zone della città di serie B. Serve una classe dirigente che sappia ascoltare le problematiche e con serietà affronti le questioni sollevate dai cittadini e dia non semplici risposte ma soluzioni celeri, innovative, concrete. A Molfetta serve una classe dirigente che “riscriva” le regole del Palazzo di città con atti non inquinati da procedure palese- mente sbilanciate».