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Ostreopsis: ha un nome l’alga tossica che ha colpito i bagnanti molfettesi
INCHIESTA – Infezioni, dermatiti, problemi all’apparato respiratorio
15 settembre 2001
Per gli addetti ai lavori trattasi di ostreopsis. La brutta sorpresa che il mare di fine estate ha riservato ai bagnanti dell’ultima ora, finalmente avrebbe un nome. Per giorni e giorni il litorale di Molfetta e Giovinazzo è stato lambito da una poco invitante pellicola di colore bruno, che ha ricoperto vasti tratti di superficie marina. E se i più hanno dovuto rinunciare al pur tanto agognato “ultimo bagno della stagione”, per i più temerari dermatiti, infezioni cutanee e persino problemi all’apparato respiratorio erano già dietro l’angolo. L’allarme è scattato tre settimane fa. Dai quotidiani regionali abbiamo appreso di indagini condotte dal Noe (Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri) di Bari: le prime indiscrezioni parlavano di mal funzionamento degli impianti di depurazione, causa dell’insolito livello di inquinamento delle acque. I carabinieri rilevavano anche pesanti irregolarità nella gestione degli impianti (assenza di concessioni), e scattava una denuncia a carico dell’Acquedotto pugliese. Ma la verità sulle cause dei “bagni a rischio” non era stata ancora raggiunta. Alcuni ventilavano persino l’ipotesi di un inquietante risveglio dell’Alessandro I, la nave cisterna carica di 3500 tonnellate di dicloroetano e acrilonitrile affondata nel 1991 al largo di Molfetta. Altri ipotizzavano che una chimichiera di passaggio avesse riversato sostanze pericolose. “Sono anni che vengo qui per la pesca dei polpi – ci ha detto allarmato un bagnante – ma, mai come in questi giorni, il fondale è pieno di pesci e polpi morti. Persino la vermara (vermi utilizzati come esca per la pesca, ndr), è senza vita”. Intanto si diffondevano le voci sulla diffusione di una “sindrome da spiaggia”: riniti, febbre alta, difficoltà di respirazione, mal di gola, lacrimazione, irritazioni alla pelle, dissenteria. Cinque, dieci, venti casi. Ma al Pronto soccorso di Molfetta le acque sembravano calme. “Tutto nella norma e nessun caso sospetto”, ci ha dichiarato il responsabile, dott. Mari. Ma il sito di QUINDICI (www.quindici-molfetta.it) riceveva in quei giorni numerose segnalazioni di cittadini vittime di disturbi anomali apparsi dopo essersi bagnati in mare. “Subito dopo il bagno mi sono comparse su tutto il corpo bolle e macchie e adesso ho anche la febbre alta. Credo che dipenda dall’acqua: ieri era sporchissima e si distingueva una chiazza marrone, sospesa in superficie”. “Mia figlia ha accusato gravi problemi di respirazione: dalla spiaggia si avvertiva uno strano olezzo e tutto intorno era sporco come non mai”. E c’è stato anche chi ha ricordato i risultati, carichi di entusiasmo ma ben lontani dalla realtà, delle analisi riportate nel Rapporto sull’ambiente pubblicato dal Comune nel 1998: acque depurate al 100%. “Acqua da bere”, ironizzava la nostra lettrice. Poi finalmente la verità. La Capitaneria di porto di Molfetta riceve voci allarmate su un’anomala moria di pesci rilevata da numerosi pescatori. “Abbiamo effettuato prelievi in varie zone delle acque antistanti Molfetta e Giovinazzo”, dichiara il comandante Corrado Sciarretta. La palla passa quindi all’Istituto di biologia marina della provincia di Bari e all’Asl, a cui vengono affidati, in particolare, i campioni prelevati in prossimità dello scarico del depuratore di Giovinazzo. Dopo qualche giorno l’Istituto di biologia sentenzia: “Microalga potenzialmente tossica nelle acque di Molfetta e Giovinazzo”. C’è chi dice: “Niente paura, è un fenomeno naturale”. Nessuna petroliera, nessun risveglio dell’Alessandro I all’origine dell’inquinamento di fine estate. Ma c’è poco da stare tranquilli. Un fenomeno naturale è spesso la risposta che un ecosistema riserva a sollecitazioni antropiche eccessive o inadeguate. Sarà opportuno chiedersi (la risposta è nell’intervista al dott. Ungaro, riportata qui a fianco) perché mai l’alga si sia insediata nei nostri mari proprio adesso. Le temperature elevate, la bonaccia e l’alta pressione (i “fattori naturali”), sono ragioni sufficienti a giustificarne la presenza? Purtroppo sorge il dubbio che anche l’uomo abbia fatto la sua parte. Con scarsissima lungimiranza, come ha già mostrato di saper fare in molte altre circostanze.
Massimiliano Piscitelli Tiziana Ragno
SCHEDA Che cosa è l’alga ostreopsis
Appartenente alla famiglia delle Dinoficee, l’Ostreopsis è il genere di una microalga di origine tropicale. Ama le temperature elevate e la luce: per questa ragione si sviluppa soprattutto sotto costa nei primi metri d’acqua dalla riva. Vive sul fondo (è un’alga bentonica, che fa parte cioè del benthos, il complesso di organismi che vivono stabilmente sul fondale), e si struttura al di sopra di altre alghe: si chiama perciò epifita. Si nutre di sali di azoto e fosforo e l’eccessiva concentrazione di questi elementi (per lo più legata agli scarichi delle acque di fogna mal depurati), è una condizione necessaria per la “fioritura” (diffusione della specie). La “fioritura” provoca la diffusione di milioni di cellule per litro di acqua e avviene solo per la contemporanea presenza di più fattori tra cui l’abbondanza di nutrimento, l’alta pressione atmosferica, condizioni di mare calmo e luminosità prolungata (le lunghe e assolate giornate di agosto sono state, dunque, condizione ideale). Il genere ostreopsis si compone di varie specie: siamensis, heptagona, lenticularis, mascarenensis. Tutte producono tossine responsabili principalmente del ciguatera, una neurointossicazione che può causare moria di pesci e invertebrati e indurre uno stato morboso acuto nell’uomo caratterizzato da vertigini, febbre alta, dilatazione delle pupille, tosse, irritazione delle vie respiratorie e dissenteria se si ingeriscono organismi a loro volta intossicati sia cotti che crudi visto che le tossine per la loro natura termostabile non vengono distrutte dalla cottura del cibo (fonte: G.P. Felicini, Lezioni di algologia). La presenza di alghe velenose nel Mediterraneo è accertata da tempo, in Italia almeno dal 1989, da quando il fenomeno ha iniziato ad interessare i mari dell’Alto Adriatico dove è regolarmente monitorato dalle Arpa (Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente) come disposto dal DL 530/92. Non positivi i risultati del monitoraggio: nell’Alto Adriatico il fenomeno della fioritura di queste alghe velenose si ripresenta puntualmente ogni anno e nello stesso periodo dal 1989. L’allarme dunque è serio: innanzi tutto la straordinaria fioritura di queste specie in un tratto di mare caratterizzato da fondali profondi e correnti consistenti lascia davvero perplessi, poi la ripetitività del fenomeno lo rende quindi particolarmente insidioso.
Massimiliano Piscitelli
L’alga potrebbe ripresentarsi. Le indagini dell’Istituto di biologia marina di Bari
Abbiamo rivolto alcune domande sull’alga rinvenuta nelle nostre acque, al dott. Nicola Ungaro che ha partecipato alle indagini biologiche effettuate dall’Istituto di biologia marina della provincia di Bari.
Dott. Ungaro, quali effetti può avere sull’uomo l’alga ostreopsis?
“Questa microalga è potenzialmente tossica. Produce tossine che possono agire sia sugli organismi marini che sugli uomini, colpendo, in particolare, gli apparati respiratori. In questo senso si potrebbero spiegare fenomeni anomali verificatisi in questo periodo, come la spropositata moria di pesci notata da molti pescatori nelle scorse settimane, o, ancora, i disturbi respiratori accusati da alcuni bagnanti. L’alga si sviluppa sul fondo, sotto costa, ma, sollecitata dal movimento dell’acqua, può salire in superficie: in tal caso a ridosso della spiaggia, nell’interfaccia aria-acqua, si crea una sorta di “aerosol” nocivo, che, respirato, può danneggiare le vie respiratorie. Non è da escludersi che anche altre reazioni di tipo allergico, le dermatiti, per esempio, siano dipese dalla presenza di quest’alga”.
Quali sono stati i fattori che hanno scatenato il proliferare dell’alga nei nostri mari?
“L’ostreopsis, com’è noto, fiorisce in presenza di particolari condizioni naturali: assenza di vento, alta pressione, temperature elevate e luce in abbondanza. Le belle giornate e, dunque, l’intenso irraggiamento che ha caratterizzato il mese di agosto, hanno favorito la proliferazione di questa microalga tropicale, che si è riprodotta in concentrazioni elevatissime, dell’ordine di milioni di cellule al litro. A queste cause naturali, vanno sicuramente aggiunti fattori di altro tipo: l’alga si nutre di sali di azoto e di fosforo, ovvero di quei composti che abbondano in presenza di reflui urbani e scarichi fognari".
Si possono fare previsioni per il futuro? L’alga persisterà o si tratta di un fenomeno soltanto temporaneo legato a questa stagione estiva?
“Non c’è dubbio che col sopraggiungere dell’inverno, le temperature più basse faranno da ostacolo alla fioritura dell’alga. Ma è molto probabile che l’estate prossima l’ostreopsis raggiunga ancora una volta concentrazioni molto elevate, diventando seriamente pericolosa per la salute non solo della fauna ittica, ma anche dei bagnanti. I rimedi? Al di là dei cosiddetti fattori naturali, difficilmente eliminabili, si può agire soltanto sui composti nutrienti che alimentano questa microalga: in altre parole, controllare il corretto funzionamento dei depuratori ed evitare che gli scarichi fognari, penso a quelli delle ville sul litorale, favoriscano il proliferare di quest’alga, già insediatasi nei nostri mari”.
Tiziana Ragno
L’Asl, il depuratore di Molfetta funziona
“Nessun problema”, questa la tesi espressa dalla dott.ssa Altomare, dirigente del settore Asl - Igiene Pubblica, a proposito delle presunte irregolarità nel funzionamento del nostro impianto di depurazione.
Dott.ssa Altomare, il nostro depuratore funziona?
“I campioni non segnalano irregolarità. Se ci fosse stato qualche problema per la balneazione, sotto il profilo chimico e batteriologico, la balneazione sarebbe stata interdetta immediatamente con ordinanza sindacale. I campionamenti vengono effettuati regolarmente. Dai servizi di igiene e dai Presidi multizonali di prevenzione di Bari”.
Alcuni sostengono che il Presidio Multizonale di Bari avrebbe parte delle strumentazioni rotte. Per esempio la cappa. Che può dirci?
“Per fare una coltura batteriologica non serve la cappa. Per verificare la presenza di streptococchi fecali non c’è bisogno di questa strumentazione”.
Come mai i carabinieri hanno avviato delle indagini sulla qualità delle acque in prossimità dei depuratori di Molfetta e Giovinazzo?
“Non posso dire per quale motivo i carabinieri stanno indagando, perché anche qualora lo sapessi sarei vincolata dal vincolo istruttorio di collaborazione. Per quanto attiene al depuratore, si tratta di una questione generale, regionale. Abbiamo un problema al depuratore che è strutturale, non è qualitativo per quanto attiene alla qualità degli scarichi”.
Ma le mancanze strutturali non inficiano la qualità delle acque depurate?
“Il problema è strutturale non in relazione al processo depurativo, ma rispetto alla condotta dell’emissario. E’ stato approvato recentemente un finanziamento per la condotta sottomarina: la questione è prossima a risolversi”.
C’è chi ha parlato anche di mucillagine quest’anno.
“L’Istituto di biologia marina ha effettuato i campionamenti e le analisi. La relazione è stata inviata all’Asl e al sindaco di Molfetta. Queste presenze sono state documentate molto al largo di Molfetta”.
In definitiva, oggi a fine estate, i bagnanti possono stare tranquilli?
“Siamo sempre in allarme, in qualsiasi momento ci può essere un’avaria all’impianto di depurazione. Ma al momento, per quello che è a mia conoscenza, non ci sono ragioni di allarmismo. Io stessa ho fatto le vacanze a Molfetta”.
Massimiliano Piscitelli
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