Operai e studenti uniti nella lotta
Il 13 maggio 1968 tutte le città della Francia videro le più importanti manifestazioni dalla fine della Seconda Guerra mondiale. La classe operaia era presente massicciamente a fianco degli studenti. Una delle parole d’ordine più gridata era “Dieci anni, ora basta” in riferimento alla data del 13 Maggio 1958 che aveva visto il ritorno di De Gaulle al potere. Alla fine delle manifestazioni, praticamente tutte le Università erano occupate dagli studenti, ma anche da molti giovani operai. Dappertutto si parlava liberamente. Le discussioni non si limitavano alle questioni universitarie, si cominciava a discutere di tutti i problemi sociali: le condizioni di lavoro, lo sfruttamento, il futuro della società. Il giorno seguente, le discussioni continuarono in molte fabbriche. L’entusiasmo ed il sentimento si diffondevano tra studenti e operai. A Nantes gli operai della Sud Aviation, trascinati dai più giovani, fecero uno sciopero spontaneo e decisero di occupare la fabbrica. Anche la classe operaia cominciava a muoversi. Alla luce del susseguirsi degli avvenimenti che determinarono l’immensa mobilitazione del 13 maggio 1968, è chiaro che non fu tanto l’azione degli studenti a determinarne l’ampiezza, ma piuttosto il comportamento delle autorità che alimentava la protesta. In effetti, le lotte studentesche in Francia, prima della scalata del Maggio ‘68, erano state meno massicce o profonde rispetto alle numerose lotte negli altri paesi, in particolare negli Stati Uniti ed in Germania. Fu nella prima potenza mondiale che nacquero, a partire dal 1964, i più massicci e significativi movimenti di quel periodo. Più precisamente fu nell’Università di Berkeley, nel nord della California, che la contestazione studentesca prese, per la prima volta, un carattere di massa. La rivendicazione che, per prima, mobilitò gli studenti fu quella del “free speech movement” (movimento per la libertà di parola) in favore della libertà d’espressione politica (principalmente contro la guerra del Vietnam e contro la segregazione razziale) all’interno dell’università. In un primo tempo le autorità reagirono in modo estremamente repressivo, in particolare con la spedizione delle forze di polizia contro il “sit-in” facendo 800 arresti. Alla fine, a partire dal 1965, le autorità universitarie autorizzarono le attività politiche nell’università che intanto diventava uno dei principali centri della contestazione studentesca degli Stati Uniti, mentre fu principalmente con lo slogan pubblicitario “eliminare il disordine a Berkeley” che, contro ogni aspettativa, Ronald Reagan veniva eletto governatore della California a fine 1965. Il movimento si sviluppò massicciamente andando negli anni seguenti a radicalizzarsi attorno alla protesta contro la segregazione razziale, per la difesa dei diritti delle donne e specialmente contro la guerra del Vietnam. Mentre i giovani americani, specialmente gli studenti, fuggivano all’estero per evitare di essere spediti in Vietnam, la maggior parte delle università del paese furono centri di massicci movimenti contro la guerra; intanto si sviluppavano delle insurrezioni nei ghetti neri delle grandi città (la proporzione dei giovani neri fra i soldati spediti in Vietnam era molto superiore alla media nazionale). Dal 23 al 30 aprile 1968 l’università di Columbia, a New York, venne occupata per protesta contro il contributo dei suoi dipartimenti alle attività del Pentagono e in solidarietà con gli abitanti del vicino ghetto nero di Harlem. Fu una delle più alte espressioni della contestazione studentesca negli Stati Uniti che stava per conoscere uno dei suoi momenti più violenti a fine agosto a Chicago, con vere insurrezioni, durante la Convention del Partito democratico. In questo stesso periodo molti altri Paesi furono interessati dalle rivolte studentesche. In Italia, il movimento si sviluppa lungo l’itinerario faticoso della riforma universitaria, il cui inizio è segnato con la legge che istituisce la «Commissione d’indagine sullo stato e i bisogni della pubblica istruzione in Italia» ( 24.7.1962, n.1073 ). La Commissione terminò i suoi lavori e presentò le sue proposte già un anno dopo. Un primo disegno globale di riforma, il piano Gui, richiese altri due anni. Le reazioni al piano di riforma si limitarono a pochi elementi o al rifiuto, mentre mancò, e proprio da parte dell’università, un lavoro di ricerca e di progettazione. I gruppi del potere politico accademico avversarono ferocemente il piano, nel quale vedevano intaccate alcune loro fondamentali posizioni di privilegio. In queste condizioni matura quella che può dirsi la coscienza di classe studentesca, come nel secolo scorso era analogamente maturata quella operaia. Matura la coscienza di un ceto discriminato, disintegrato; la critica dell’università come istituzione, la critica della società. Ovvero la «contestazione globale». Anche Molfetta fu coinvolta in questa protesta con diversi istituti scolastici occupati. Ricordo molto bene che durante l’occupazione del Liceo scientifico venne a tenere una assemblea il Collettivo studentesco di via dei Volsci di Roma (Collettivo in prima linea in Italia nella protesta), ad illustrarci le ragioni della protesta e ad invitarci a proseguire l’occupazione delle scuole. Si sperimentarono, durante i giorni di occupazione varie forme di autogestione che consistevano nel programmare un piano didattico giornaliero in cui si invitavano vari esperti dell’argomento che si decideva di approfondire. A testimonianza che tutto il paese, città e province, furono pervasi da un forte sentimento di protesta e di cambiamento delle condizioni statiche che permeavano la politica e la società. La parola d’ordine era lottare in nome dei diritti sacrosanti del lavoro e dello studio, diritti che si intrecciano tra loro. Fu per questo che studenti e operai protestarono braccio a braccio. Fu per questo che le rivendicazioni furono inconfutabili. Il successo del ’68, in termini sia di diffusione che di tematiche affrontate, certamente trovò terreno fertile nelle condizioni storiche e politiche del momento, ma fu principalmente dovuto alla coscienza sociale e politica che si sviluppò e si diffuse collaborativamente fra studenti e operai. Molti di coloro che presero parte alle manifestazioni del ’68, come il sottoscritto, continuano ancora oggi a credere fermamente nei principi che alimentarono quegli anni, in particolare, in una società più giusta e uguale per tutti. © Riproduzione riservata