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Omicidio Bufi: contro Bindi un testimone e un diario segreto
12 ottobre 2001

MOLFETTA – 12.10.2001 Si fa più difficile la posizione di Marino Domenico Bindi, 54 anni, ex insegnante di educazione fisica, in stato di fermo in carcere perché indagato per omicidio volontario di Annamaria Bufi, 23 anni (nella foto), trovata morta il 4 febbraio ’92 con la testa fracassata sulla SS16 bis poco prima dello svincolo per la zona industriale di Molfetta. L’uomo dovrebbe essere interrogato oggi dal magistrato. Le indagini all’epoca non portarono a prove certe e furono archiviate, poi il caso è stato riaperto altre due volte. Ad aggravare la posizione dell’ex insegnante ci sarebbero due nuovi elementi: la testimonianza di un suo ex amico, al quale Bindi avrebbe confidato l’omicidio e un diario segreto della ragazza, nel quale Annamaria racconta i particolari della relazione con il professore di educazione fisica, cominciata quando lei aveva 16 anni. Il diario, custodito gelosamente dal padre della ragazza, conterrebbe molti elementi importanti, con riferimenti espliciti a fatti e circostanze determinanti, ma ancora coperti dal segreto istruttorio. Fatti che sarebbero stati confermati anche da alcune testimonianze. Saranno stati questi, insieme ad altri coperti da segreto, gli elementi che avrebbero spinto il Procuratore della Repubblica di Trani, Francesco Bretone, a disporre il fermo di Bindi. Le indagini puntano anche ad accertare la presenza della ragazza o del suo cadavere all’interno della vettura del Bindi, una Renault 21 Nevada, che l’uomo, che è sempre stato considerato il maggior indiziato, ha venduto poco dopo il delitto. La vettura è stata ritrovata in Germania e sarà sottoposta alla prova del “Luminol”, un agente chimico in grado di rilevare tracce di sostanze ematiche, anche a distanza di anni e anche dopo lavaggi dei tessuti: i rilievi saranno effettuati dagli specialisti del Ris di Roma, un reparto dotato di speciali attrezzature tecniche e che opera con personale specializzato. Gli inquirenti dovranno anche individuare la provenienza del terriccio bianco incollato agli scarponcini marrone della ragazza, che proverebbero che Annamaria sarebbe stata uccisa all’interno di una villa misteriosa o di una casa di campagna in periferia e poi portata sulla SS 16 bis, anzi scaraventata sull’asfalto da una vettura in transito (questa circostanza farebbe pensare alla presenza anche di una terza persona nella vettura), come proverebbero i risultati dell’autopsia e la presenza sulla strada di sangue e materia cerebrale. La ragazza prima ancora di essere scaraventata fuori dall’auto sarebbe stata colpita violentemente al volto. Il padre della vittima (che ha sempre lamentato la frettolosità dell’archiviazione e la superficialità delle prime indagini) e il suo legale, avv. Bepi Maralfa sono decisi ad andare fino in fondo e hanno chiesto che siano individuati anche possibili collaboratori ed eventuali fiancheggiatori che saranno denunciati “chiunque essi siano e a qualunque livello di responsabilità si collochino”.
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