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Olio d'oliva fattore di salute e benessere
15 marzo 2016

L’olio d’oliva è un alimento tipico dell’area mediterranea, antichissimo e di grande pregio. Un prodotto dalle caratteristiche nutrizionali e nutraceutiche uniche, cui spesso però non viene attribuito il giusto valore. Di fatti un’informazione corretta e diffusa – nonché una cultura della coltura dell’olio – servirebbero ad enfatizzare e valorizzare l’eccezionalità di questo prezioso dono della terra. Per apportare un contributo etico e altamente professionale sull’argomento, il Distretto 2120 (Puglia e Basilicata) del Rotary International ha organizzato presso l’Hotel Garden di Molfetta – alla presenza della governatrice Mirella Guercia con il patrocino del Comune di Molfetta e dell’Università degli studi di Bari “A. Moro” – un forum sull’agricoltura dal titolo “Olivo, olio evo e salute”. Ad inaugurare il convengo – i saluti di rito del presidente del Rotary Club di Molfetta, Enzo Galantino – che ha colto anche l’occasione per esprimere un’importante riflessione su quanto si debba necessariamente aumentare la conoscenza e la consapevolezza dell’importanza delle scelte alimentari su cui si basa lo sviluppo della nostra olivicoltura, “per servire meglio e di più la nostra società”. Un evento – come ha specificato il vicesindaco Bepi Maralfa – che coglie nel segno e a cui l’amministrazione ha prestato grande importanza con una serie di iniziative volte a mettere in atto buone pratiche politiche per essere quanto più vicini possibile al mondo dell’imprenditoria agricola e non solo ma anche per migliorare e tenere in vita le energie positive del territorio sempre con un occhio rivolto al rilancio del turismo. A moderare l’incontro, l’agronomo Pietro Preziosa che ha rimarcato l’importanza di sviluppare un discorso a livelli plurimi di conoscenza sul tema attraverso l’ausilio di eccellenti professionisti che da più angolature hanno offerto ai presenti un contributo conoscitivo inestimabile ed arricchente. Ad entrare nel vivo del tema ci ha pensato Giacomo Scarascia Mugnozza, direttore del dipartimento di Scienze agroambientali e territoriali che ha trattato il tema della ricerca interdisciplinare nelle innovazioni della filiera olivicola, soffermandosi su come l’Università risponde alle aspettative del territorio. Un settore, quello dell’agroindustria che oggi può vantare un fatturato di mille miliardi di euro e che offre lavoro a ben quattro milioni di addetti in tutto il mondo. L’Italia oggi si attesa al terzo posto con un fatturato di 127 miliardi di euro. Insomma, un volume d’affari che scavalca l’industria metalmeccanica sia per numero di occupati che per utili prodotti. Si tratta di una tipologia particolare di industria che si connette costantemente alle tendenze dei consumatori che ricercano – nei prodotti della terra e in particolare nell’olio d’oliva - la piacevolezza del gusto, la convenienza, la genuinità sintomo di un alimento benefico per la salute e l’aspetto etico volto a mantenere sempre alta la sostenibilità sociale ed economica utile alla protezione dell’ambiente. E proprio per dare un ulteriore contributo alla crescita e allo sviluppo del comparto agroalimentare che è stato istituito un Centro di ricerca dipartimentale sull’olivo, sull’olio e le olive da mensa utile ad affrontare tematiche quali i sistemi colturali olivicoli innovativi, la gestione del suolo, la meccanizzazione, la raccolta e la potatura, i sistemi di estrazione dell’olio e la sua qualità, le olive da mensa e il riuso dei sottoprodotti agricoli e industriali. Non è da sottovalutare anche l’importanza della cosiddetta “terza missione”, ovvero quella attività di trasferimento tecnologico e divulgazione di un’informazione quanto più corretta e calzante possibile. Ma partendo dagli albori della produzione olivicola – come ha spiegato sapientemente il professor Salvatore Camposeo, docente di Arboricoltura generale – la qualità dell’oro giallo della terra nasce dal campo. Di fatti un buon prodotto dovrebbe contenere - secondo i dettami dell’UE - 300mg di polifenoli per chilogrammo, sostanze utili ad abbassare ad esempio il colesterolo se introdotte con regolarità e in quantità previste. Chiaramente come ha spiegato il professore ci sono diversi motivi che condizionano il contenuto di fenoli nell’olio vergine di oliva. Si suddividono in fattori agronomici (cultivar, sistema di allevamento, stato sanitario ed epoca di raccolta), climatici – ambientali e tecnologici di trasformazione (molitura, gramolazione, separazione e conservazione). Dunque la qualità dell’olio dipende per il 60% dall’olivicoltore, per il 30% dal frantoiano e per il 10% da chi lo commercializza. Infatti dal quando e dal come si raccoglie il prodotto dipende la buona riuscita dello stesso. Certo ci sono altre variabili come l’effetto geografico, quello climatico (che determina maggiori o minori attacchi da parte della mosca olearia) e l’irrigazione qualitativa basata sulla scelta di turni e volumi. Altro elemento da non sottovalutare e che determina la qualità del prodotto – come ha rimarcato Maria Luisa Clodoveo, docente di Scienze e tecnologie alimentarli – è la scelta delle tecniche estrattive che producono reazioni chimiche e biochimiche all’interno dello stesso. In altre parole per giungere alla buona riuscita del processo, il frantoiano dovrebbe cercare di favorire al massimo la formazione di composti volatili (prodotti di neoformazione per via enzimatica) e al contempo inibire la perdita di polifenoli. Una delle fasi più delicate è rappresentata dalla gramolazione che consiste nel mescolamento della pasta oleosa utile a favorire la separazione della parte liquida da quella solida. È una tappa necessaria per incrementare la percentuale di olio libero, favorendo di fatto la riunione delle goccioline di olio in gocce di maggiori dimensioni più facilmente separabili nella fase successiva di estrazione. Parametri fondamentali di questa fase del processo produttivo sono la temperatura della pasta e la durata della gramolazione. Incrementare la temperatura e la durata determina un aumento della resa di estrazione in olio ma tale aumento, però è progressivamente minore con l’aumentare del tempo di gramolazione. Incrementi di temperatura, invece, riducono la viscosità della pasta, favorendo la successiva separazione delle fasi liquide da quelle solide. Tuttavia, gli incrementi di temperatura e di durata dell’operazione influiscono negativamente sul tenore degli antiossidanti naturali presenti nell’olio di oliva. E allora quale soluzione adottare? Una strategia utile potrebbero essere quella diaumentare le resi in olio riducendo i tempi di lavorazione e migliorando l’efficienza del processo attraverso la continua ricerca di tecnologie in grado di determinare sia effetti meccanici che termici. Ad esempio gli ultrasuoni rappresentano una metodologia emergente che ha già trovato applicazione nel settore alimentare ma che sino ad oggi non è mai stata adottata nel settore oleario. Per le sue qualità salutari anche la nutraceutica – neologismo sincratico formato da “nutrizione” e “farmaceutica” e che si riferisce allo studio di alimenti che si suppone abbiano una funzione benefica sulla salute umana – ha riversato il suo interesse di studio su questo importante alimento. Come ha spiegato ai presenti la professoressa Filomena Corbo – docente presso il Dipartimento di Farmacia – le proprietà chimiche e farmaceutiche possedute dall’olio hanno risvolti di natura nutraceutica perché riescono a ridurre l’incidenza di malattie, a tenere sotto controllo la pressione arteriosa, a migliorare il profilo lipidico del sangue, il metabolismo glucidico rallentando allo stesso tempo l’insorgenza di malattie cardiovascolari e il declino cognitivo legato a malattie neurodegenerative. Ecco perché l’olivicoltura pugliese rappresenta attualmente la più importante industria chimica – farmaceutica “naturale” presente nel mondo. Non a caso questo incredibile prodotto della terra è oggi paragonabile in buona misura al latte materno, come ha svelato la dottoressa Zora Giovanna Del Buono, pediatra neonatologa nonché assistente della governatrice Guercia. Di fatti l’olio extravergine d’oliva di alta qualità è il grasso più simile in termini di Omega 6 e Omega 3, composti di alto interesse salutistico contenuti nel prodotto principe della dieta mediterranea. Inoltre secondo l’epigenetica – branca della genetica che studia tutte le modificazioni ereditabili che variano l’espressione genica – l’olio d’oliva sarebbe un alimento importante sin dai primi anni di vita come prodotto utile a garantire la salute materna e dell’infante. Tale dato acquisisce assoluta importanza se si pensa che prevenire mangiando sano sia sicuramente più efficace che curare a posteriori i danni di una cattiva alimentazione e ancor prima di una scorretta informazione. Ebbene sì. Nella maggior parte dei casi le abitudini malsane, soprattutto in campo alimentare, denotano una carenza di conoscenza di base. Per tale ragione il Rotary International si è sempre prodigato attraverso le più svariate iniziative – alcune delle quali all’interno delle scuole – a sviluppare una educazione al cibo che partisse dalla consapevolezza di quanto la propria salute dipenda anche da quello che si mangia. Un importante contributo sull’argomento “prevenzione” è stato offerto da Vincenzo Solfrizzi – docente di Geriatria – che ha parlato ai presenti dei legami tra dieta mediterranea, olio evo e prevenzione del declino cognitivo. Tema scottante e di grande attualità soprattutto se si pensa che nel mondo ci sono 50milioni di persone affette da Alzheimer, di cui 10milioni solo in Europa. Un dato preoccupante, una malattia di cui non si conosce ad oggi ancora una cura precisa e che impatta in maniera preponderante sui costi sanitari. Solfrizzi ha ipotizzato che il fallimento relativo alla mancanza di soluzioni per questo morbo sia da ricercare nell’assenza di tempestività nel trattamento precoce della patologia e di un approccio strategico e multimodale. E allora che soluzione adottare? Sarebbe consigliabile – secondo l’esperto – gestire in maniera corretta i fattori di rischio cardiovascolare e nello stesso tempo adottare uno stile di vita sano conforme ai dettami della dieta mediterranea ricca di alimenti contenenti acidi grassi monoinsaturi (efficaci contro il declino cognitivo correlato all’età) e antiossidanti. Ma come scegliere i prodotti più giusti e con parametri nutrizionali adeguati? Sulla questione olio, un importante contributo lo ha fornito il prof. Bernardo Corrado de Gennaro, associato di Economia agraria, che ha affrontato le problematiche legate al marketing abbinato ai prodotti olivicoli. Di fatti spesso ci si ritrova dinanzi ad una forte asimmetria informativa tra produttore e consumatore, dislivello che andrebbe appianato partendo da una accurata suddivisione delle varie tipologie di olio presenti sul mercato. Ad esempio, anche quando si parla di extravergine d’oliva non si intende una sola tipologia ma si indica una macroarea fortemente stratificata. Di qui la confusione di chi si appresta ad acquistare un prodotto piuttosto che l’altro considerando come uno discernimento – vista l’assenza di notizie in merito – il prezzo. È così che nella maggior parte dei casi, chi non ha strumenti valutativi, compra il prodotto con un costo minore. Per questo nel corso del tempo si è sentita l’esigenza di fare qualcosa per orientare i consumatori. A tal proposito la FDA (Food and Drug Administration) ha consentito già da alcuni anni di inserire uno specifico “claim” (dicitura) sull’etichetta degli oli d’oliva per informare i consumatori che, grazie alla presenza in esso di grassi monoinsaturi, è stata riconosciuta una capacità del prodotto di ridurre i rischi di malattie cardiovascolari. È chiaro che non tutti i compratori prestano attenzione alle diciture sulle etichette o nel comprendono appieno il contenuto – visto il carattere tecnico – ma con una maggiore diffusione informativa si potrebbe fare molto per orientare verso una scelta più consapevole e salutisticamente corretta.

Autore: Angelica Vecchio
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