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Oasi Torre Calderina stralcio di 30mila mq: rischio di scempio urbanistico
15 luglio 2012

Torre Calderina, un’oasi infelice. L’amministrazione Azzollini ha richiesto alla Provincia di Bari lo stralcio di 30mila mq. Nel 2005 la sentenza del TAR Puglia aveva già salvato l’oasi da uno scempio urbanistico, dopo il ricorso di Legambiente Puglia nell’ottobre 2002: l’allora sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, e il presidente della giunta regionale, Raffaele Fitto, avevano sottoscritto nel dicembre 2001 un accordo di programma per la realizzazione di un complesso turistico- alberghiero (il TAR evidenziò alcuni vizi di legittimità sulla procedura). Nel 2007 il Comune di Molfetta aveva pure preteso la cassazione completa dell’oasi, quando doveva pronunciarsi sulle zone meritevoli o meno di essere incluse nel Piano Faunistico-Venatorio. In quell’occasione, l’amministrazione Azzollini aveva strumentalizzato la richiesta del WWF di Bisceglie di rivedere la perimetrazione dell’oasi. Nel 2012, invece, l’occasione è stata la rinnovata emanazione del Piano Faunistico-Venatorio Regionale 2009-2014, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n.2755/11 che, però, riguarda il ricorso del WWF per la mancata attivazione della Valutazione Ambientale Strategica. L’amministrazione ha colto al volo l’opportunità, forse travisando la stessa sentenza. PERCHE’ LO STRALCIO? «Future opere di urbanizzazione»: questa la motivazione della delibera GC n.18/12. Si tratta dell’autoporto (trattato da Quindici sul numero di maggio 2012) e del Parco di via Padula del Pirp (zona retrostante la Basilica della Madonna dei Martiri). In particolare, secondo Prgc e Putt/p, il parco di via Padula dovrebbe inquadrarsi come verde urbano e territoriale (poco compatibile con le nuove infrastrutture portuali), destinato alla fruizione pubblica nel rispetto dei valori ecologici. Eppure, la delibera giuntale lo qualifica come zona produttiva urbana di espansione per attività a carattere comprensoriale (zona omogenea D2) che, invece, comprende aree destinate all’insediamento di attività produttive (industriali, artigianali e di servizio). Oscuro cambio di destinazione urbanistica che potrebbe inserirsi in un progetto generale di privatizzazione di tutta la costa molfettese. UN PERICOLOSO PRECEDENTE Degrado evidente. La costa è un ricettacolo di rifiuti, ma l’emergenza ambientale dell’oasi è stata aggravata dallo scarico dei liquami non trattati nei pressi di Torre Calderina (accertamenti in corso da parte della magistratura dopo il sequestro probatorio del depuratore di Molfetta nell’operazione “Dirty Water”). Alcuni servizi video e fotografie di Quindici online lo hanno anche dimostrato. Colpa dell’uomo, ma soprattutto del Comune che mai ha attivato azioni di controllo e valorizzazione sociale dell’area. Possibile un recupero anche parziale del potenziale inespresso e represso dell’oasi? Restano lo scarico dei reflui e l’impoverimento colturale. Resta la poca cura dell’ambiente. Restano gli interventi edilizi aggressivi degli anni precedenti, nonostante i vincoli d’inedificabilità (es. la Legge n.431/85, detta “Galasso”, la L.R. n.30/90, in ultimo il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale che segnala l’abusivismo dell’espansione edilizia sulla costa di Molfetta). Dell’ambiente, invece, non resta niente. E siccome l’amministrazione Azzollini considera il verde, anche se vincolato, area urbanizzabile (come le lame), il degrado e l’abbandono rafforzano il proposito di derubricazione dell’oasi. LA RISCOPERTA SOCIALE Invece di spendersi in vacue propagande politiche, bisognerebbe sviluppare la coscienza di luogo e la cura del paesaggio nei cittadini, seguendo le direttive della Convezione Europea del Paesaggio. Anche perché l’area è sito SIC Mare per la presenza di una colonia di Posidonia Oceanica (in parte collocata sotto il nuovo porto). Si potrebbe, ad esempio, avviare una vasta operazione di pulizia, controllo e sanzionamento o di restauro degli elementi antropici seminaturali (muri a secco, cisterne, siepi, filari alberati, ecc.). O ancora programmare sistemi di riciclo delle acque reflue con tecniche di lagunaggio e fitodepurazione, secondo i criteri comunitari europei della Direzione Generale Ambiente. La stessa Legambiente aveva presentato nell’aprile 2004 un progetto di rinaturalizzazione dell’oasi: mai attuato. Lo stralcio dell’oasi ha finalità edilizie? Chi sono i proprietari delle particelle interessate? Quali sarebbero i costi dell’esproprio di quelle aree per le future opere urbanistiche volute dall’amministrazione Azzollini? Uno stralcio che potrebbe essere un altro incentivo alla saldatura urbanistica costiera tra Molfetta e Bisceglie (già in atto e favorita dai piani di ampliamento dell’ASI).

Autore: Marcello La Forgia
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