Note su alcune esportazioni di olio da Molfetta 1472-1547
I rapporti commerciali tra Molfetta e Venezia erano basati principalmente sull’esportazione dell’olio; molto richiesto sul mercato veneziano, perché utilizzato sia come alimento, che come materia prima per la fabbricazione del sapone. Un gran numero di pubblicazioni sono disponibili intorno a questo commercio; il loro contenuto è tratto da documenti di varia provenienza e collocazione, per cui il documento inedito, che qui si propone, offre diversi risvolti sull’attività economica di alcune categorie di cittadini molfettesi, sul traffico mercantile con Venezia, sul naviglio molfettese e sulle varie esenzioni che gli ecclesiastici usufruivano quando esportavano l’olio. Nel 1680 al sacerdote don Roberto Tattoli fu negata dagli ufficiali della Dogana di Molfetta (Cesare Monna doganiere e Ignazio de Nesta credenziero) la franchigia dal pagamento del diritto sull’esportazione dell’olio1. Essendo persona ecclesiastica il Tattoli presentò un’istanza alla locale Corte Vescovile affinché con una sua sentenza obbligasse gli addetti alla Dogana ad applicare la franchigia che gli spettava. Per avallare questa richiesta si provvide a estrarre dall’Archivio Regio di Napoli copia di alcuni antichi documenti relativi all’esportazione di olio da parte di ecclesiastici di Molfetta tra il 1472 e il 1547. La copia del documento elenca in modo molto succinto, le partite di olio esportato e la qualità dell’olio (chiaro, grosso, fumoso, olio di fondo, raffinato e mosto). Ciascuna partita di olio esportato era misurata in migliara, salme e stari: ogni migliaro era formato da quattro salme o some2. La salma, a sua volta era suddivisa dapprima in 10 stara, poi verso la metà del ‘500 in 9 stara. La salma equivaleva a kg 164 circa. Spesso il documento porta indicata la nazionalità della barca e il tipo su cui poi si caricava l’olio. Per alcuni anni viene segnalato chi copriva la carica di doganiero. Quindi di seguito si propone qualche esempio. Nel 1472, quando credenziero della Dogana di Molfetta era Nardo Luca Cotugno, i sacerdoti don Angelo dello Viato e Giovanni d’Amca esportarono rispettivamente un migliaro e due stari di olio chiaro e nove stari di olio grosso. Nel 1478, quando credenziere della Dogana era Pascale Nicola Tucii, il diacono Giovanni de Germano esportò una salma di olio chiaro. Nel 1481 il primicerio don Giacomo de Germano esportò un migliaro e due salme di olio chiaro; il diacono Giovanni de Germano, divenuto nel frattempo sacerdote, ne esportò due salme. Altre esportazioni furono fatte da don Angelo de Schirico, da don Nello Giovanni Marinello e dal diacono Iustino, mentre il diacono Pitrello esportò venti tomoli di pistazze (carrube). Nel 1490 Luca della Candida ricopriva la carica di doganiere; anche in quell’anno risultano esportazioni di olio appartenenti a sacerdoti. La carica di doganiero nel 1493 era occupata da Evangelista Passaro. Esportarono olio i sacerdoti don Giacomo Primicile, don Giacomo de Nanoia, don Luca de Iacobuzzo, don Nello Marinello. Don Giovanni de Colangelo esportò quattro migliara di olio che furono caricati sul naviglio di Francesco Germano di Molfetta. Relativamente alla famiglia Germano, segnaliamo che una barca di Molfetta di proprietà di Colangelo Germano di Marino nel 1474 faceva viaggi verso l’oriente3. Nel 1494 Giacomo Coppolecchia ricopriva la carica di credenziero della Dogana. Esportarono l’olio l’arciprete del Capitolo di Molfetta, don Stefano de Terra, don Luca Iacobuzzo. Don Toma Maladai esportò venti tomola di “cimini fatti dalla sua industria nelle sue possessioni”. Altre esportazioni furono fatte nel 1515 e 1518; per questi anni si indicano anche alcuni tipi di barche: schirazzo, galeone, caravella e marciliana. Nel 1518 don Donato Amerusio esportò tre migliara e cinque stara di olio chiaro sulla marciliana di Francesco Cicognino di Venezia; don Goffredo Passaro caricò due migliara di olio chiaro sulla marciliana di padron Giorgio di Pesaro. Nel 1523 compare un’altra barca molfettese: la marciliana di Mauro Scaramuzzo di Molfetta. Altre esportazioni furono fatte nel 1525 e nel 1532. Nel 1533 l’arcidiacono don Goffredo Passaro caricò olio sulla marciliana di padron Andrea Butto. Successive esportazioni furono fatte nel 1534, 1536, 1538, 1544 e 1547. Il comportamento di Cesare Monna e di Ignazio de Nesta era usuale anche verso altri sacerdoti locali; ciò provocò una serie di ricorsi presso la locale Corte Vescovile e all’uopo da diverse persone furono rese delle testimonianze scritte. Riportiamo alcune di queste deposizioni. Giovanni Lorenzo Augenti di 50 anni dichiarò che, come arrendatore della gabella al minuto, riscuoteva “5 carlini per 1 soma di olio che entrava in città e qualche volta che qualche persona pigliava in fitto da chiese o ecclesiastici e poi facevano entrare l’olio per metterlo nelle piscine sono stati trattati franchi senza pagare cosa alcune come se fossero chiese o ecclesiastici”. Corrado Claps di 48 anni dichia-rò “sono stato Arrendatore e qualche anno sono stato esattore della gabella del Minuto di questa Magnifica Università di Molfetta, e quando sono entrati gl’ogli nati nei luoghi di Chiese o di persone Ecclesiastiche ancorchè detti luoghi si tenessero in affitto da che l’ho fatto sempre entrare franchi, et immuni dal pagamento di tal Gabella, che importa carlini cinque per ciascheduna soma d’oglio, perchè io temo Iddio, e so benissimo che l’oglio nato dalla pianta franca, et immune, non è obbligato pagar tale Gabella, e così ho sempre pratticato molti, e molti anni, e questa è la verità”. E ancora Blasio dello Muto di 31 anni dichiarò che fu Arrendatore della gabella al minuto negli anni 1676 e 1677 e ricordò che “la raccolta di detta entrata fu stentatissima, appena si raccolse l’oglio del consumo”. I due responsabili della Dogana furono censurati e scomunicati; in seguito, ravvedutisi, furono perdonati e reintegrati nella Chiesa. © Riproduzione riservata