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Norina Cirillo il volontariato come stile di vita Una molfettese inaugura le “Buone notizie” del Corriere della Sera
15 ottobre 2017

Nessun protagonismo, per favore nessun riferimento a me. I patti sono chiari. Eleonora Cirillo (più nota come Norina) che ha partecipato al progetto di volontariato della sua azienda, Poste Italiane, denominato “Mentoring & Posteinsieme Onlus”, esperienza pubblicata sul primo numero del nuovo inserto settimanale del Corriere della Sera “Buone Notizie”, chiarisce subito il suo pensiero. “Dopo la pubblicazione dell’intervista che mi ha fatto il Corriere, sono stata subissata da una marea di messaggi di amici, conoscenti, gente che mi ha gratificata con complimenti ed incoraggiamenti. Ma io non cercavo tutto questo clamore”. Eleonora Cirillo, è molto schiva quando si parla di volontariato, quando si parla della sua storia di vita, legata indissolubilmente al volontariato. Norina, come e da chi è nata l’idea dell’intervista per il Corriere della Sera “Buone notizie”? «Lavoro da oltre trent’anni per Poste Italiane. Nel 2015 l’azienda ha fondato Poste Insieme Onlus con l’obiettivo di promuovere iniziative di supporto a persone in difficoltà, chiedendo la disponibilità ai propri dipendenti di offrire parte del proprio tempo libero. Io ho aderito e sono stata coinvolta in questa attività che è stata preceduta da un periodo di formazione con psicologi ed altre figure professionali, al quale periodo è seguito l’affiancamento di un adolescente. Ho conosciuto così Elisa, una ragazza che non parlava, dalla quale ho imparato molto». Quale è stato l’approccio? «Elisa era chiusa nel suo silenzio, un silenzio che ho rispettato ed imparato ad interpretare. Per lei ho dovuto modificare la mia “logorrea” per ascoltare i suoi pensieri silenziosi ed aspettare che si trasformassero in suoni e parole e comunicasse con me. Questo aspetto di Elisa mi ha arricchita, mi ha fatto apprezzare, maggiormente, la bellezza del silenzio quando si è con un’altra persona». Norina, chi ti conosce sa che la tua non è un’iniziativa estemporanea, sa, anche se non vuoi parlarne, che la tua è una vocazione all’apertura, all’integrazione. «Non parlerei di vocazione, il mio è uno stile di vita. Ritengo doveroso, quasi fisiologico, occuparsi del prossimo, mettere competenze, conoscenze, abilità a disposizione degli altri. La mia casa è sempre stata aperta. Da quando è stata pubblicata la mia intervista sul Corriere, ho ricevuto, come dicevamo, consensi che non cercavo. In fondo ho continuato quello che per decenni ho fatto senza clamore. Il mio intento, ed è quello che continuerò a fare, è di cercare di restituire al termine “volontariato” una dignità ed una visibilità che ha perso. Io non voglio sentirmi buona in niente, è semplicemente naturale darsi, non saprei essere diversa». Che cosa è per te il volontariato oggi? «Il tempo che mettiamo a disposizione, il senso di responsabilità civile, la condivisine delle proprie competenze, di esperienze». Ed il rapporto con l’altro? «Quello nasce dopo. E’ fondamentale essere sullo stesso piano, mettersi a fianco, fare la strada insieme, torno a ripetere un termine essenziale, condivisione, un termine che appare in disuso in un’epoca, in una società che ci vede sconfitti se non siamo primi e disposti a prevaricare l’altro». Una visione pessimistica , ancora più grave se proveniente da una delle fondatrici di Casa per la Pace e Famiglia dovuta. «Esattamente, ma con la speranza che i giovani possano riscattarsi da questo stile di vita individualistico. Come dicevamo, non so esattamente quando ho abbracciato questo stile di vita, non mi piace di termine fare volontariato. Diciamo che ho sempre messo a disposizione degli altri ciò che ero, che sono. Se ho accettato di far conoscere la mia esperienza non è per manie auto celebrative, ma per dare visibilità ad un termine che sta andando in disuso, su cui si fondano servizi che dovrebbero essere garantiti dallo Stato. Oggi si parla poco di volontariato. Occorre riprendere questo termine, accendere un faro, rieducare al volontariato, rimboccarsi le maniche ed agire». Come vedi Molfetta oggi? «Più povera di valori. Abbiamo vissuto anni indimenticabili, abbiamo goduto della luce che trasmetteva Don Tonino Bello, in memoria del quale Molfetta deve tornare a splendere». Un grammo di buon esempio vale di più di un quintale di parole (Sant’Agostino). Non occorre aggiungere altro, se non l’auspicio di una nuova ritrovata solidarietà.

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