Nel chiostro della basilica della Madonna dei Martiri a Molfetta, il tè letterario “L’ora blu” dedicato ad Ada de Judicibus Lisena
Gallo, Camporeale, Palumbo; Davoli
MOLFETTA - Ha avuto luogo domenica 18 luglio, nel silenzio del chiostro della basilica Madonna dei Martiri di Molfetta, scenario ideale per accogliere il respiro sommesso e al contempo avvolgente della poesia, il Tè letterario “L’Ora blu” dedicato ad Ada De Judicibus Lisena. L’evento è stato organizzato e fortemente voluto dal presidente, la poetessa molfettese Marta Maria Camporeale, e dal direttore artistico de “L’Ora blu”, Zaccaria Gallo, con l’attiva partecipazione di tutti i membri dell’Associazione di promozione sociale.
“L’Ora blu” è da più di un anno attiva sul territorio ai fini della divulgazione, attraverso la lettura accompagnata da interventi critici, della poesia. La sua è un’opera infaticabile di educazione del pubblico, necessaria in un momento storico in cui la pletora di scrittori e scritture rende sempre più difficile l’individuazione di ciò che sia esteticamente valido.
A fronte del “deserto emotivo” causato dal perdurare della pandemia, Marta Maria Camporeale ha affermato che la poesia “è stata” per il gruppo fonte di “resilienza” per “resistere con lei e ricominciare da lei”. Ecco dunque la matrice di questi tè letterari, finalizzati ad assumere la funzione della leopardiana ginestra adornando metaforicamente “di selve odorate queste campagne dispogliate”.
L’evento dedicato ad Ada De Judicibus Lisena ha rappresentato un ulteriore passo compiuto dall’“Ora blu”, con l’atto di puntare l’obiettivo sulla poesia germogliata nella nostra terra, individuando esperienze di scrittura di grande valore e dando vita a momenti di condivisione e riflessione in merito alle stesse. Così, il portico claustrale ha accolto i numerosi e attenti spettatori dell’evento, tra i quali i presidenti di associazioni e testate attive sul territorio, e la presenza di un’adeguata attrezzatura multimediale messa a disposizione dai frati ha consentito la partecipazione di Ada De Judicibus Lisena in collegamento da Milano e di altri membri de “L’Ora blu”, provenienti dalle province di Brindisi e Foggia.
La serata, dopo i saluti di padre Nicola Violante, ha veduto gli interventi critici dello scrivente e di Vito Davoli, il quale, muovendo dalla lucida monografia di Marco Ignazio de Santis, ha riflettuto, avvalendosi dell’immagine del Discobolo come idea guida, sugli “istanti puri”, elemento chiave nella poetica dell’autrice. Fulcro del tè letterario è stato il momento in cui i membri dell’associazione, prevalentemente ma non esclusivamente donne, hanno preso la parola, leggendo a testi tratti dall’Omaggio a Molfetta (Edizioni La Nuova Mezzina; segnaliamo il bellissimo dipinto in copertina di Marisa Carabellese) e, nella seconda parte, da una breve silloge di composizione milanese, i Versi della lontananza. Ogni lettrice ha dato voce a liriche diverse, a seconda della propria sensibilità e dell’emozione da esse suscitata. Gli scritti di Ada De Judicibus Lisena hanno così creato quell’atmosfera di dolceamara sospensione ch’è tipica dell’incanto della migliore poesia.
In essa rivive la Molfetta della sua fanciullezza e giovinezza, quella del “padiglione magico della Lirica”, ma anche un’Italia “paese ambiguo” oggetto di “amore amaro”. Lo sguardo trasfigurante della poetessa coglie analogie tra elementi apparentemente distanti come le pesche che “vincono la lotta col sole” divenendo “gocce dolcissime d’estate” e questa nostra terra pugliese, dalla “tenerezza guerriera”, bellezza sempre sull’orlo del baratro e della consunzione. E che dire dell’immagine della madre “tutta rossa di balcone” assimilata alla neve nel suo essere “danzante e giovane”, immagine di levitas ben diversa dalla “bella neve / che tradisce le gemme, / i randagi, i passeri neri”? La scrittura di De Judicibus Lisena ha una forza empatica straordinaria; coglie la bellezza degli “istanti puri”, in cui per l’arrestarsi del “respiro del tempo” e delle cose, la “rosa è perfezione della rosa” e “le nostre occasioni / hanno impronta più chiara / di Assoluto”. Eppure essa coglie anche il male di vivere, le attrazioni della “sirena del vuoto”, il “gioco tradito” dell’infanzia violata e arriva a sostituire alla tradizionale similitudine delle foglie l’immagine degli uomini-“sassi di riva”, che una mano misteriosa e capricciosa “afferra a caso e lancia lontano”. Una poetica in qui c’è posto per la “festa turgida golosa” e il silenzio arcano del giardino di Livia; per le donne opache, disilluse nel loro naturale desiderio di ispirare l’Amore, e per la precaria euforia di una giovanissima coppia di fidanzati che corre incontro alla vita e alle sue incognite. Il suo ritmo è dato dalla perenne alternanza di dolore e sorriso. Novembre, dedicatario di un piccolo canzoniere, ne è la concreta dimostrazione; reca con sé “nebbie e brume”, “ma i limoni s’indorano / e gli aranci accendono le loro sfere”. Così “Anche Novembre austero / ha dunque un suo sfarzo gentile, / anche il mese malinconico / ha il suo oro”.
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Autore: Gianni Antonio Palumbo