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Napolitano: "lo Stato faccia di più". Mastromauro (Pd): "si ascolti il monito del presidente" Il deputato pugliese del Pd: Il Mezzogiorno sia occasione di rilancio per il Paese. E Fitto non ci venga a parlare sui fondi al Sud e non ci prenda in giro
16 settembre 2010

"Il grido d'allarme del Presidente della Repubblica Napolitano relativo alla mancata incisività dello Stato nell'aiutare il Mezzogiorno con politiche mirate e efficaci venga ascoltato da tutti, dalla politica così come dal mondo del lavoro" è il commento dell'on. Margherita Mastromauro (Foto) in merito al monito del Presidente Napolitano il quale ha invitato le Istituzioni a cooperare e a mettere in atto programmi e strategie serie e concrete per il Sud del Paese. "Il Sud non può continuare a languire mentre le destre litigano e la Lega impone i suoi diktat: vi è un'impellente necessità di proposte concrete e azioni immediate forti e incisive che risollevino un Mezzogiorno sempre in difficoltà".

E a proposito del Piano per il Sud: "Ieri sera in un dibattito televisivo si è detto che il Ministro Fitto tra qualche mese illustrerà il Piano per lo sviluppo del Mezzogiorno: ebbene  tra qualche mese, caro Ministro,  non vorremo  ascoltare  ancora racconti, ma constatare  che si sia passati già  ai fatti. Di racconti sul Mezzogiorno ne ha già fatti tanti questo Governo e tutti molto negativi. Non ci prendano più' in giro come hanno fatto sino ad ora. Non possiamo permetterci più'  il lusso di aspettare".

Un commento da parte dell'on. Mastromauro giunge anche a proposito dell'invito di Napolitano a mostrare atteggiamenti eticamente corretti in politica: "In questo determinato periodo storico si avverte, come mai prima d'ora, il lampante bisogno di un netto rilancio della moralità nella vita politico-amministrativa. L'invito del Presidente trova nel Partito Democratico ampio accoglimento. Idealità, moralità e cultura tornino a essere le tre parole chiave dell'operato quotidiano di tutti affinché la politica torni a essere servizio e non speculazione, interesse personale, abuso".

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Il modello dell'agorà vuole la rappresentanza proporzionale, perché interpreta la democrazia come un sistema il cui processo politico deve essere giudicato dal punto di vista di “tutti”: di coloro che sono nella maggioranza e di coloro che sono nella minoranza; e infine perché presume che la decisione sia raggiunta dopo un dibattito al quale ha partecipato “l'insieme di ciascuna opinione che esiste nelle circoscrizioni elettorali e che ottiene la sua” giusta porzione di voce”. La “maggioranza numerica” è governo del privilegio e quindi una contraddizione piuttosto che la realizzazione del principio democratico. In un governo nel quale la maggioranza “sola possedesse praticamente ogni voce nello Stato”, il conteggio politico delle voci equivarrebbe infatti al conteggio aritmetico dei voti, la qual cosa significherebbe che solo la maggioranza è contata e conta (Mill). La democrazia aritmetica è strabica perché ha a cuore solo la formazione della maggioranza; essa inoltre dà rilievo e centralità solo al momento della decisione piuttosto che al processo deliberativo nel suo complesso, il quale è determinante per la formazione della decisione e al quale contribuisce anche la minoranza. Mill non criticava affatto la democrazia quando criticava il “governo del numero”, perché non contestava il sacrosanto diritto che “la minoranza deve cedere alla maggioranza, il numero piccolo a quello grande”, quando si devono prendere decisioni. Quando il corpo rappresentativo vota, la maggioranza deve ovviamente contare. Ciò che contestava era l'opinione secondo la quale contare significa che solo la maggioranza deve essere contata. In una democrazia l'assemblea non vota soltanto e il dibattito che la anima presume una pluralità di opinioni. La rappresentanza non è semplicemente uno strumento per “accomodare” gli interessi e formare le maggioranze; essa è soprattutto un mezzo per portare la pluralità delle opinioni dove il dibattito è cruciale per la creazioni delle leggi.


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