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Mostre personali di Addamiano, Paloscia e Sciancalepore per i vent'anni dello Studio 4 Art Gallery
15 settembre 2011

Un vernissage di grande suggestione e dal profi lo qualitativamente elevato può considerarsi quello allestito per festeggiare i vent’anni dello Studio 4 Art Gallery, sito in Via Sant’Angelo 34. L’esposizione, che coinvolge tre maestri del panorama artistico molfettese, Natale Addamiano, Michele Paloscia e Paolo Sciancalepore, è stata inaugurata il 3 settembre da Gaetano Centrone e proseguirà sino al 30 settembre 2011. Ciò che più colpisce è l’accostamento di tre itinerari creativi profondamente differenti, eppure in perfetto amalgama nelle quattro sale dedicate all’allestimento. Natale Addamiano punta alla compiuta delineazione di incantevoli Atmosfere... Lo sguardo dell’artista sembra concentrarsi su scorci del paesaggio meridionale, prediligendo l’esplorazione nella notte, laddove lo splendore fantastico rifulge maggiormente in virtù di una peculiare, intrinsecamente magica, luminosità. Così, il tempio pestano di “severa bellezza” che si erge nel rosso tramonto distratto solo da un rosazzurro di nubi appare muto testimone di una magnifi cenza ormai lontana. Dal fondo dei Campi che bruciano la fumée sembra dialogare con le nuvole di un cielo giallo trasfi gurato, per poi intraprendere chissà quale misteriosa migrazione. Il porto molfettese verso sera sembra tradursi in una vetrina luminosa a cielo aperto e, del resto, l’intimo legame con la nostra città traspare anche nell’assorto omaggio alle nostre tradizioni popolari, con il Cristo nell’orto che incede avvolto nell’ombra delle costruzioni del borgo, al perpetrarsi di un rito sempre più immateriale. Anche la Murgia è scenario prediletto dall’Addamiano, in un’aura notturna che ne esalta la nivea bellezza; gli specchi di luna sul mare schiudono, invece, l’incanto di una tenebra d’improvviso sfolgorante. Michele Paloscia torna a intessere l’elegia del Pelagus, come nell’allestimento tranese dell’aprile 2011 cui aveva partecipato insieme a Mario Colonna. Il mare è uno dei soggetti più frequentati dalla tradizione pittorica, ma le marine di Paloscia hanno una malia propria e inconfondibile. Innanzitutto l’artista, che in questa situazione ha prediletto la tempera, ha cura di adottare differenti angoli d’osservazione, conducendo uno studio preciso dal punto di vista anche cromatico. Così, tra le creazioni più interessanti possiamo ammirare Il mare, dall’alto della spiaggia, in cui il perfetto digradare dei piani è scandito anche da una puntuale gradazione cromatica. A particolare vigore espressivo assurge l’accigliato spumeggiare del Maremosso, su cui l’artista ora ‘zoomma’ ora allontana l’obiettivo, collocandosi, al crepuscolo, dalla specola “della costa sud a Molfetta”. Tra le creazioni migliori senz’altro Pelagus (2011), in cui la pennellata dona al fl utto, che s’increspa o s’indora baciato dal sole, una verità e una poesia a nostro avviso tutt’altro che comuni. Paolo Sciancalepore si discosta notevolmente dagli altri due artisti per attingere, elemento tipico della sua poetica, ispirazione dal mito. Vi sono dei precisi Leitmotive nella sua produzione: in primo luogo le nuvole (Sciancalepore ne ha persino immaginato le dimore); erranti, pigre, di consistenza impalpabile, esse ci appaiono un po’ il correlativo oggettivo della sua arte. Aerea, eterea, indefi nibile. Il secondo elemento ricorrente sono le architetture; non di rado esse si innestano in dedali, come nel Labirinto del tempo... Siano dimore in pietra o portici da cui s’intravede il cielo o gli edifi ci di Utopia “che inglobano nel loro interno laghi artifi ciali”, esse non rescindono mai del tutto il cordone ombelicale con la tradizione architettonica, quasi a voler dimostrare che quelle di Sciancalepore non sono le visioni di una Sibilla, ma, se solo lo desiderassimo, l’anelito alla città del sole potrebbe concretarsi proprio tra le antiche petrose costruzioni del nostro antico mondo meridionale. Una terza costante è la presenza del modulo insulare, dalla Stanza di Teti all’Aulide, dalla Scacchiera degli elementi all’Utopia, forse retaggio dell’inveterata aspirazione a un incontaminato reame ormai disperso nel tempo, eppure sempre vivo, da archetipo, tra le pieghe dell’Es.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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